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Confindustria rivede al ribasso le stime sul PIL 2025: l’Italia rallenta tra dazi e incertezza globale

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Confindustria rivede al ribasso le stime sul PIL 2025: l’Italia rallenta tra dazi e incertezza globale

L’economia italiana rallenta e le stime di crescita per il prossimo anno vengono nuovamente ridimensionate. È quanto emerge dalle previsioni di primavera elaborate dal Centro Studi di Confindustria, che hanno rivisto al ribasso l’andamento del Prodotto Interno Lordo nel 2025, dal +0,9% stimato pochi mesi fa a un più cauto +0,6%. Un taglio netto che conferma la fragilità della ripresa italiana e la vulnerabilità del nostro sistema produttivo alle dinamiche globali.

Confindustria rivede al ribasso le stime sul PIL 2025: l’Italia rallenta tra dazi e incertezza globale

Nel rapporto diffuso oggi, gli economisti di Confindustria mettono in evidenza come il clima di incertezza internazionale stia raggiungendo «livelli massimi», rallentando consumi, investimenti e fiducia degli operatori economici. Una frenata che, nelle previsioni, dovrebbe protrarsi per tutto il 2025, lasciando intravedere segnali più decisi di ripresa solo a partire dal 2026, con una crescita attesa all’1%.

Il peso della guerra commerciale

A pesare sull’outlook economico, oltre alle tensioni geopolitiche, è soprattutto la cosiddetta «guerra dei dazi», una spirale di misure protezionistiche e contro-misure tra le principali economie mondiali che rischia di innescare una nuova stagione di barriere commerciali. Nello scenario tracciato da Confindustria, l’incertezza legata all’inasprimento dei dazi è già incorporata nelle stime di base, ma se l’escalation dovesse continuare, il quadro potrebbe peggiorare ulteriormente.

Nel caso di un acuirsi delle tensioni commerciali, la crescita del PIL italiano potrebbe scendere fino a un misero +0,2% nel 2025, con un ulteriore rallentamento allo 0,4% nel 2026. Gli economisti parlano chiaramente di uno «scenario peggiore», ma avvertono che i segnali attuali non consentono di escluderlo. Si tratterebbe di un colpo pesantissimo per un’economia che già oggi mostra segnali di rallentamento diffuso.

Le cause interne del rallentamento

Accanto ai fattori esterni, non mancano fragilità strutturali interne che concorrono a deprimere la crescita italiana. I consumi delle famiglie rimangono sotto pressione, frenati da salari che crescono troppo lentamente rispetto all’inflazione degli ultimi anni e da un clima generale di sfiducia. Anche gli investimenti, motore essenziale per sostenere la produttività e l’occupazione, continuano a risentire dell’aumento del costo del denaro e delle incertezze normative.

Il report di Confindustria evidenzia inoltre come la crescita sia frenata da un contesto europeo altrettanto stagnante. L’area euro sta vivendo una fase di rallentamento generalizzato, con la Germania in particolare che fatica a riprendersi dalla crisi industriale. In questo scenario, l’Italia si trova schiacciata tra pressioni esterne e vulnerabilità interne.

Lo spettro della stagnazione

Il timore che emerge tra gli analisti è quello di un ritorno a una crescita bassa e instabile, che rischia di riportare l’Italia in una situazione di stagnazione prolungata. A pesare è anche la difficoltà di sfruttare appieno le risorse del PNRR, rallentate da ritardi amministrativi, burocrazia e difficoltà di attuazione locale.

Confindustria segnala come la spinta propulsiva del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sia stata finora più debole di quanto previsto e avverte che, senza un’accelerazione degli investimenti e delle riforme, la crescita potenziale del Paese rischia di assestarsi stabilmente su livelli inferiori all’1%.

Un quadro di crescente diseguaglianza

All’interno di questo scenario macroeconomico, le dinamiche sociali diventano un elemento centrale. Il rallentamento della crescita rischia di amplificare le diseguaglianze già presenti nel tessuto economico italiano. La frenata degli investimenti e dei consumi ha un impatto immediato sulle fasce più deboli della popolazione, aumentando la precarietà lavorativa, la povertà energetica e la difficoltà di accesso ai servizi essenziali.

Il Centro Studi di Confindustria sottolinea come l’incertezza globale si traduca in un senso diffuso di insicurezza sociale, con effetti che vanno ben oltre le percentuali del PIL. In questo contesto, le politiche di coesione, il sostegno ai redditi più bassi e un serio piano di redistribuzione diventano fondamentali per evitare che il rallentamento economico si trasformi in una crisi sociale.

Le reazioni del governo e degli industriali

Il ridimensionamento delle stime sul PIL non ha tardato a suscitare reazioni nel mondo politico ed economico. Dal governo filtra preoccupazione, anche se si ribadisce la volontà di proseguire sulla strada delle riforme e degli investimenti pubblici. Gli industriali, dal canto loro, chiedono misure immediate per rilanciare la competitività, abbattere la pressione fiscale sulle imprese e garantire una maggiore certezza normativa.

Nelle prossime settimane si attendono risposte anche sul fronte europeo, dove la revisione del Patto di Stabilità e la gestione delle tensioni commerciali internazionali saranno al centro dell’agenda economica.

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