Donald Trump non usa più i missili, ma i megawatt. “L’Europa dovrà comprare l’energia da noi”, ha dichiarato il presidente americano, riscrivendo in una frase tutta la geopolitica dell’Occidente. L’era dei dazi è tornata, ma stavolta con una posta in gioco diversa: non solo le automobili, la carne o l’acciaio, ma l’elettricità, il gas, la sovranità energetica. In questo nuovo scenario, l’Italia si ritrova nel ruolo di paese produttore ma non protagonista. Perché mentre la transizione ecologica avanza a colpi di pannelli fotovoltaici e pale eoliche, chi controlla davvero l’energia prodotta sul suolo italiano non è sempre italiano. E non sempre ne resta nel Paese una quota significativa.
Trump minaccia l’Europa con le bollette, non con le armi
Intere distese di terreno agricolo vengono trasformate in impianti fotovoltaici industriali. È il volto più visibile della rivoluzione verde: energia pulita, zero emissioni, un futuro sostenibile. Ma dietro l’apparenza virtuosa, si nasconde un’altra dinamica. A investire sono spesso grandi fondi infrastrutturali stranieri o multinazionali dell’energia, che installano impianti in Italia, beneficiano degli incentivi pubblici e poi vendono l’energia sul mercato europeo, o la cedono alle sedi centrali nei paesi d’origine. Il caso della Sardegna è emblematico: secondo dati recenti, oltre il 40% dell’energia prodotta sull’isola viene esportata.
La guerra commerciale entra nelle reti elettriche
Trump minaccia nuovi dazi contro Pechino, alza il tono con Bruxelles e propone un’Europa energeticamente dipendente dagli Stati Uniti. Il gas liquido americano, il nucleare francese, l’eolico tedesco: ognuno punta a un proprio spazio strategico. E in questo disegno, l’Italia rischia di diventare il magazzino di energia pulita degli altri. Il paradosso è evidente: mentre il Paese investe miliardi in transizione ecologica, sacrifica i suoi terreni fertili e installa impianti ovunque, l’energia prodotta prende la via dell’estero. L’indipendenza energetica, di cui tanto si parla, resta sulla carta.
Chi controlla la filiera dell’energia italiana?
In assenza di vincoli chiari, i terreni agricoli vengono ceduti a soggetti stranieri che costruiscono impianti e incassano profitti. Il controllo della rete è ancora nazionale, ma la proprietà degli impianti e la destinazione dell’energia non sempre lo sono. È un cortocircuito che solleva interrogativi profondi: a chi appartiene l’energia prodotta in Italia? Chi decide dove va? E perché, nonostante la crescita delle rinnovabili, le bollette degli italiani restano tra le più alte d’Europa?
Verso una nuova dipendenza energetica mascherata da sostenibilità
L’Italia rischia di passare da una dipendenza all’altra. Dopo il gas russo, l’eolico straniero. Dopo il petrolio importato, il fotovoltaico esportato. Se la transizione ecologica diventa un processo industriale gestito da capitali esteri, il risultato è una sostenibilità senza sovranità. Trump lo sa e lo dice apertamente: l’energia è potere. L’Europa – e l’Italia in particolare – devono scegliere se restare consumatori dipendenti o diventare produttori consapevoli. Ma per farlo, servono regole, pianificazione, tracciabilità. E serve, soprattutto, una politica che capisca che le guerre del futuro non si combatteranno con le armi, ma con le bollette.