A due settimane dall’assemblea ISS benedice Donnet. In difficoltà Caltagirone e i fondi. Delfin silente, UniCredit decisiva.
A poco più di due settimane dall’assemblea del 24 aprile, in casa Generali si va verso uno scontro ad alta tensione che potrebbe ridefinire l’equilibrio del capitalismo italiano. Il primo colpo pesante l’ha messo a segno Mediobanca, che ha incassato il sostegno del proxy advisor più ascoltato dai grandi investitori globali, Institutional Shareholder Services (ISS). La raccomandazione è chiara: via libera alla lista di maggioranza, quella che punta a confermare Andrea Sironi alla presidenza e Philippe Donnet (foto) come amministratore delegato.
Nel rapporto, ISS invita gli investitori istituzionali a “sostenere la continuità della leadership attuale”, sottolineando i risultati solidi della gestione Donnet e mettendo in guardia contro “un cambio di governance che rischia di compromettere la stabilità strategica” del gruppo triestino.
Caltagirone in difficoltà, Delfin in silenzio. Patto incrinato?
Stroncata la lista presentata da VM 2006, la holding con cui Francesco Gaetano Caltagirone – che detiene il 6,3% di Generali – cerca di ribaltare l’attuale vertice. I sei nomi proposti non includono però un candidato CEO alternativo, scelta definita da ISS “grave lacuna” che rende l’intera proposta “non competitiva”.
A complicare la posizione di Caltagirone c’è la crescente impressione di isolamento. Il patto tacito con Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, che fino all’assemblea del 2022 aveva fatto blocco con lui, sembra essersi incrinato. Nessuna dichiarazione ufficiale è arrivata da Delfin, che oggi possiede una quota analoga (intorno al 6,4%) ma ha scelto il silenzio.
Il rebus UniCredit
L’elemento potenzialmente esplosivo è rappresentato da UniCredit, salita a sorpresa al 5,2% del capitale di Generali. Il gruppo guidato da Andrea Orcel non ha ancora sciolto la riserva su come voterà all’assemblea. Dietro le quinte, però, il suo ruolo viene osservato con attenzione sia da Mediobanca sia da Caltagirone. “UniCredit ha in mano le chiavi di un possibile ribaltone o della stabilizzazione del vertice”, osserva una fonte vicina al dossier.
Le segnalazioni a BCE, Ivass e Consob
Mediobanca non ha perso tempo e, secondo quanto riportato dal Financial Times, ha informato la Banca Centrale Europea segnalando i rischi legati a un eventuale coordinamento occulto tra Delfin e Caltagirone. Una mossa analoga è arrivata da Generali, che ha sollevato le stesse preoccupazioni con Consob e Ivass. In gioco non c’è solo il controllo di una compagnia assicurativa, ma la possibilità che un’alleanza informale concentri leve strategiche in tre snodi cruciali del sistema finanziario: Generali, Mediobanca e Montepaschi.
Fondi italiani fuori dai giochi?
Anche la lista presentata dai grandi gestori italiani – Eurizon, Fideuram, Poste, Anima e Mediolanum – riceve una sonora bocciatura da parte di ISS. I quattro candidati proposti appaiono “non in grado di incidere significativamente sull’indirizzo strategico” della compagnia, si legge nel documento. Un giudizio che sembra ridimensionare il peso dei fondi italiani in un confronto dove la partita si gioca tra i grandi blocchi azionari e i fondi internazionali.
La strategia di Donnet
Nel frattempo, Donnet resta silenzioso ma attivissimo. Forte di risultati operativi in crescita (oltre 3 miliardi di utile netto nel 2024), l’attuale CEO punta a completare il piano “Lifetime Partner 24: Driving Growth”, che ha rafforzato la posizione di Generali nei mercati core, in particolare in Germania e Francia. “I numeri parlano da soli – si limita a far trapelare una fonte vicina al management – Nessun salto nel buio, solo continuità e crescita sostenibile”.
Il verdetto si avvicina
A oggi, tutti gli indicatori puntano verso una riconferma dell’asse Sironi-Donnet. Ma la variabile UniCredit e l’atteggiamento finale dei proxy advisor come Glass Lewis potrebbero ancora influenzare l’esito. In una battaglia che somiglia più a una guerra fredda tra poteri finanziari, ogni mossa pesa.
Il tempo stringe. E a Trieste si prepara una delle assemblee più delicate dell’anno.