Nicola Pietrangeli non é solo il grande campione amato da tutti, ma anche lo sguardo attento di un uomo sensibile e capace che ha vissuto gli ultimi grandi passaggi della storia.
Nel ’46, appena tredicenne, arriva a Roma; un’infanzia trascorsa a Tunisi, finché i francesi non lo costrinsero con la sua famiglia, insieme a tante altre, a lasciarla e poi una vita vissuta per il tennis, forse anche un po’ influenzato dal padre, Giulio Pietrangeli, che ha avuto la rappresentanza esclusiva in Italia dei prodotti della casa d’abbigliamento Lacoste, dal 1952 al 1978. Sono gli anni del famoso Tennis Parioli, officina di grandi campioni ma anche cuore del quartiere più esclusivo di quella Roma degli anni 50/60, specchio di un’Italia piena di contraddizioni ma anche di opportunità, che lo consacrò oltre che campione, anche affascinante vip, al centro di mondanità. Nicola ha vinto due volte il “Granchio d’oro” come sportivo più elegante d’Italia, riconoscimenti che si aggiungono alle altre onorificenze: nel 1961 è nominato Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana; nel 1964 Medaglia d’oro al valore atletico; nel 2015 la targa a lui dedicata nella Walk Of Fame dello sport italiano a Roma, riservata agli ex-atleti italiani che si sono distinti in campo internazionale.
È stato intitolato a Nicola Pietrangeli il vecchio campo centrale del Foro Italico di Roma ed è, quindi, uno dei pochissimi tennisti viventi ad aver ottenuto tale riconoscimento. È inoltre il solo italiano, insieme al giornalista Gianni Clerici, suo grande amico, a essere stato ammesso nell›International Tennis Hall of Fame (L’International Tennis Hall of Fame è un’istituzione non-profit e un museo, collocato nel Newport Casino di Newport nel Rhode Island, nel quale sono celebrati i tennisti più forti di tutti i tempi, ovvero le leggende della storia del tennis).
Riguardo invece le vittorie nel Tennis, non si sa bene da dove iniziare; Vince due Roland Garros, uno nel 59 e il secondo nel 1960. detiene il primato mondiale degli incontri disputati e vinti in Coppa Davis, con 164 presenze complessive (110 nel singolare e 54 nel doppio) e 120 vittorie (rispettivamente 78 e 42). Wimbledon…Internazionali…l’elenco è lunghissimo.
Parlando di tecnologia e sport; gli ultimi trenta anni hanno visto il nascere di brevetti straordinari che toccano le fibre tessili, i materiali ultraleggeri per racchette, scarpe, e quanto altro; in una intervista McEnroe ha sostenuto che : “Ciò che rendeva interessanti i miei match contro Borg o Connors era la lotta: il nostro era come un incontro di boxe, un infuocato scambio di pugni sul ring. Ora abbiamo ragazzi che giocano con racchette più potenti del 30 per cento in più rispetto a quelle che avevamo noi, ma non ha senso: mi piacerebbe che le racchette siano più piccole, più dure. Le moderne tecnologie fanno bene o male allo sport?
La tecnologia del periodo di Mc Enroe era migliore di quella della mia generazione, il 30% di miglioramento che riscontra nelle racchette di oggi, corrisponde al 40% di miglioramento dei miei tempi. E’ un fatto normale, è l’evoluzione delle cose. La Racchetta che io chiamo “di ferro”ha certamente cambiato il gioco, insieme alla forma fisica, l’alimentazione e tutto il complesso di cose migliorate per cui il gioco si è evoluto, se sia migliorato poi dipende: piace alle nuove generazioni e un po’ meno alle precedenti, tipo la mia, che lo trovano un po’ noioso, perché è diventato tutto uguale; guardo diversi giocatori, in diversi campi e vedo tutto un gioco uguale, fatto salvo ovviamente i big come Nadal e Federer ma quelli sono eccezioni.
Abbiamo bravi giocatori, grandi tecnologie, ma in Italia manca da molto tempo un vero e proprio campione-leggenda come Lei. Cosa succede al tennis italiano oggi?
Fortuna. Manca la cicogna che anziché faccia scendere il futuro campione sull’Italia anziché sulla Spagna o sulla Svizzera (si riferisce a Nadal e Federer n.d.r). Perché sia chiaro: un campione non si fabbrica, un campione nasce tale, e per avere un “Campione” serve una concatenazione di circostanze fortunate: in primis il soggetto giusto, cioè il ragazzino dotato, e già questa è una fortuna del tutto casuale, poi la fortuna che qualcuno si accorga di lui, che venga scoperto. Molto dipende dai maestri, e anche lì ci vuole la fortuna di trovare quello giusto che veda e intuisca il talento aiutandolo anche sacrificando se stesso, perché non tutte le famiglie possono permettersi le ore extra di tennis necessarie agli allenamenti. Poi la fortuna di avere una famiglia che capisca, e coadiuvi la sua formazione; oggi le famiglie sono molto prese dai loro ritmi, può succedere che si debba portare il figlio al tennis da una parte e l’altro figlio a nuoto da un’altra e che questo stress porti al sottovalutare, a far passare in secondo piano l’ipotesi che magari proprio uno di quei figli sia il futuro campione. Ecco, non c’è “un problema di Federazione”che anzi, fa quello che può ottenendo anche ottimi giocatori, e investe molto per loro, anche prestando soldi per le trasferte etc. ma se poi non esce campione, non esce, e si tiene quello che ha. Voglio dire, in merito ai mezzi e alle federazioni di tennis che possono fare fino a un certo punto su questo fronte, una cosa che conferma questa mia precisa idea: gli Usa e l’Australia hanno dominato il tennis per decenni e decenni e oggi sono messi come noi; è per le federazioni? perchè non hanno i mezzi?E’ la scuola? Il Belgio non ha mai avuto una campionessa di tennis, nella sua storia, poi improvvisamente ha avuto due fuoriclasse insieme:Kim Clijsters e Justine Henin; come mai? La Svizzera ha avuto nel suo passato un buon giocatore, come Marc Rosset e poi nulla e tutto insieme ha visto esplodere un campione come Stanislas Wawrinka e Roger Federer; questione di scuola? Di Federazione? Parlando dell’Inghilterra, l’Inghilterra è ricchissima, Wimbledon guadagna cento milioni di euro all’anno, ebbene: per ben 40 anni non ha avuto campioni, poi, ironia della sorte, è il caso di dirlo, arriva Andy Murray, che sottolinea di essere scozzese. E’evidente quindi che tutto si riduce alla fortuna di vedere andare a buon fine tutte le circostanze descritte prima, partendo dal presupposto imprescindibile che: un campione non lo puoi fabbricare.
Poi devo dire in Italia c’è una “Forma Mentis” che non aiuta. L’ italiano, già di per sé, e lo dico con tutto il rispetto, non è sportivo ma tifoso e sono due cose completamente diverse; basta andare allo stadio e rendersi conto di quanto sia poco sportivo; nel calcio per esempio in molte squadre di serie A , la maggior parte dei giocatori sono stranieri perché la priorità è la vittoria e non vedere una squadra, fatta di giocatori italiani, giocare e poi vincere. Ecco, questa “forma mentis del tifoso”, rende ancora più difficile aiutare la fortuna nel trovare il ragazzino con quel potenziale tale, da poter diventare il campione del futuro.
Il torneo di Roma ad esempio è diventato così importante e così bello, perché non c’è gente che viene a fare il tifo per l’italiano che deve vincere, e quindi vengono quelli a cui piace davvero vedere giocare a tennis, tutta un’altra atmosfera.
Il WTA tornerà a Palermo a partire dal 2019, dopo che era stato spostato in Malesia; ma anche così gli eventi di rilievo del Tennis in Italia si limitano a due, includendo gli Internazionali d’Italia; secondo Lei è sufficiente o il Tennis avrebbe bisogno di ulteriori manifestazioni internazionali disputate in Italia?
Non ci sono date; abbiamo 52 settimane prese e molte settimane hanno due tre tornei contemporaneamente; quindi non è che una città può svegliarsi e decidere “faccio un torneo” e quando? Non c’è la data; l’Italia è, credo, il secondo paese al mondo per numero di tornei di Tennis, con una serie sparsa in tutta Italia. Quello che casomai può succedere, è che una città rinunci,e allora ceda vendendolo al miglior offerente, quella data e quel torneo. Questo è il caso della Malesia, che, rinunciataria, ha creato il presupposto per cui Palermo abbia potuto riacquisire il torneo.
Di recente sono state introdotte diverse innovazioni nel gioco: il killer point e il super tie-break, etc. è una interessante operazione di marketing per mantenere alto l’interesse del pubblico o gioco snaturato? Lei che ne pensa?
Innanzi tutto mi piace molto che siano stati eliminati i giudici di linea e introdotto “Hawk-Eye” (un particolare rilevatore di altissima precisione della posizione della palla sulla linea di campo, attraverso un sistema di triangolazione tramite telecamere n.d.r) per cui nel momento in cui la macchina stabilisce la posizione della palla non si può più discutere. Il Tie-Break lo trovo discutibile; a Milano in occasione dei Next Gen dello scorso novembre, che doveva essere giocata a quattro, due partite sono andate avanti per due ore e dieci; poi un altro elemento che mi lascia perplesso, è il Net: la palla prende il nastro, cade di là e il punto è buono; una novità, non riesco a pronunciarmi. Quello che invece proprio non mi piace, a meno che non cambino, sono i 25 secondi di tempo, tra un punto e l’altro snaturati. I 25 secondi dovrebbero essere tra la fine di un punto e l’inizio di un altro, invece finito il punto, il tempo si ferma, i giocatori prendono l’asciugamano, bevono, poi, il tempo riprende dal servizio, e a quel punto scattano i 25 secondi, ma in realtà è passato più di un minuto e mezzo; ecco secondo le regole del tennis, non va bene, quelle di sempre, quella della tradizione antica,dicono che: “il gioco deve essere continuativo”. Noi a Wimbledon non avevamo neanche la sedia, giravamo il campo, avevamo appena il tempo di sorseggiare una specie di aranciata calda, le cose a terra e via di corsa a ricominciare il gioco che doveva essere appunto continuativo. Oggi si siedono, poi rimbalzano la palla tante volte, se la regola pura dei 25 secondi fosse ripristinata nella sua purezza o perdi il punto, vedi le corse, di questi campioni, così “poveri”…
Ecco, a proposito di guadagni, la sensazione é che anche nel Tennis come in altri sport il montepremi sia un ingrediente essenziale per incentivare i giocatori. Lei in un’intervista ha detto che per il Roland Garros prese 150 dollari; rispetto agli anni ‘60 oggi lo sport rende più ricchi; secondo lei i guadagni fanno bene allo sport?
Io sono sempre stato un sostenitore dello sport professionistico trovando giusto che chi se lo meriti guadagni. Oggi tuttavia credo che guadagnino troppo, non lo dico per invidia, ma proprio perché quando qualcuno mi dice che uno come Federer abbia guadagnato 500 milioni, penso che se ne avesse guadagnati 250 starebbe bene lo stesso. E non è solo per il tennis ma per tutto lo sport in generale. Mi domando a cosa serva tutto questo denaro, quando anche con la metà i campioni riuscirebbero lo stesso a far vivere bene 5 generazioni successive alla loro, potendo concedere l’altra metà a giuste cause. Devo dire che il mondo del tennis intanto riguarda dei singoli giocatori e il raggiungimento di traguardi singoli, dove campioni come Federer e Nadal tra l’altro fanno beneficienza e fanno anche abbastanza, ma non è sempre così per altri ambienti sportivi. Lo sport a squadre ad esempio come il calcio, dove il risultato dipende dal gioco di 11 soggetti; un calciatore guadagna tanto e anche prima di aver iniziato a giocare e raggiunto il risultato, e continua anche a guadagnare se per qualche ragione resta fermo. Sono simpatizzante della Lazio, ma da sportivo ammiro Totti, un campione e vero sportivo, che ha rifiutato di andare in Cina, nonostante la prospettiva di un contratto milionario.Potendo permetterselo, ha fatto la scelta di non continuare ad accumulare ma di vivere, e questo è lo spirito giusto.
Di fronte a personaggi così immensi c’è sempre la voglia di parlare della vita oltre che dello sport, ma a parte tutti questi successi straordinari, ci dica una cosa che ci incuriosisce moltissimo: qualche sassolino nelle sue gloriose scarpe da tennis ce l’ha?
Chi non ha rimpianti o rimorsi? Io credo che chi abbia dei rimpianti non abbia vissuto fino in fondo, mentre chi ha dei rimorsi qualcosa abbia fatto. Mah! Che devo dire? Abbiamo due o tre ore?