Nanni Moretti è ricoverato in terapia intensiva cardiologica all’ospedale San Camillo di Roma dopo essere stato colpito da un infarto. Le sue condizioni, secondo quanto comunicato, sono stabili, ma per tutta la giornata di oggi è atteso un nuovo bollettino medico che possa rassicurare fan e amici sul decorso clinico.
Il malore di Nanni Moretti e l'angoscia di un Paese che non vuole perderlo
La notizia è arrivata ieri pomeriggio come un sussulto, quasi un contraccolpo collettivo che ha attraversato, come un fremito, i social, le redazioni, le chat di cinefili e di intellettuali. Come se la fragilità fisica di Moretti coincidesse improvvisamente con quella di un intero Paese che si è abituato a vedere la propria storia, i propri vizi, le proprie idiosincrasie raccontate da quello sguardo obliquo, ironico, talvolta rabbioso e sempre pieno di tenerezza che appartiene solo a lui.
Un precedente a Napoli e la promessa di "tornare presto"
Non è la prima volta che il regista romano affronta un infarto. Già nel 2024, a Napoli, era stato costretto a rinunciare alla presentazione del suo film "Vittoria" per lo stesso motivo. Allora aveva voluto rassicurare tutti con un videomessaggio: "Starò meglio, tornerò presto". Quelle parole oggi rimbalzano come un mantra nelle timeline dei social, tra i messaggi di incoraggiamento, le battute tratte dai suoi film che diventano, loro malgrado, un modo per esorcizzare la paura. "Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?", scrivono in tanti, come se quel celebre dialogo di Ecce Bombo fosse diventato, oggi, la sintesi di un’intera comunità che spera di poterlo rivedere presto in piedi, magari su un tappeto rosso, magari di nuovo al cinema Sacher, tra le sue rassegne e i suoi spettatori fedeli.
Una biografia che coincide con la storia culturale italiana
A 71 anni, Nanni Moretti non è soltanto un regista: è un pezzo di memoria collettiva. Nato a Brunico nel 1953, cresciuto a Roma tra Super 8 e partite di pallanuoto, ha esordito nel 1976 con "Io sono un autarchico", imponendo un linguaggio nuovo, sfrontato, capace di mescolare introspezione personale e critica sociale. La sua carriera è costellata di premi – Leone d’Argento a Venezia, Orso d’Argento a Berlino, Palma d’Oro a Cannes – e di film che hanno raccontato, senza sconti, le inquietudini e le contraddizioni di una generazione e di un Paese: da "Sogni d’oro" a "La messa è finita", da "Palombella rossa" a "Il caimano", fino a "La stanza del figlio", struggente racconto sul dolore e sulla perdita.
Il rapporto con il pubblico e la paura della sua assenza
Moretti è, da sempre, un regista che ha saputo stabilire un rapporto diretto con il pubblico. Non solo attraverso i suoi film, ma anche con la gestione del Cinema Nuovo Sacher, con la presenza nei festival, con l’ironia che gli ha permesso di trasformare l’autobiografia in racconto universale. E forse per questo oggi il suo malore non viene vissuto come la notizia di un singolo personaggio famoso, ma come un colpo inferto a chi, attraverso di lui, ha trovato un modo per raccontarsi, per riconoscersi, per ridere e piangere delle proprie piccole e grandi nevrosi.
La preghiera laica dei social: “Dio non toccare Nanni”
I social, nelle ultime ore, sembrano un unico grande coro: "Forza Nanni", "Dio ti prego non prenderti Moretti", "Dai Nanni, non fare scherzi". Una preghiera laica, affettuosa, ironica, che conferma quanto sia raro, in questi tempi, un artista capace di generare un tale moto collettivo di empatia e appartenenza. Come se la sua tenacia, il suo disincanto, la sua capacità di guardare alle cose con distanza e al tempo stesso con affetto, fossero diventati parte della nostra educazione sentimentale.
Ecco perché oggi, più ancora del bollettino medico, quello che il Paese aspetta è il sorriso di Moretti che torna a raccontare storie. Le sue e, inevitabilmente, anche le nostre.