ISPRA, consumo di suolo: "in 8 anni ci siamo giocati l'Umbria"

- di: Barbara Bizzarri
 
Oggi ISPRA ha presentato il suo consueto rapporto sul consumo di suolo in Italia, che evidenzia un quadro allarmante e sostanzialmente immutato rispetto agli anni precedenti. Nel 2023, il lieve calo registrato rappresenta un assestamento dopo il picco del 2022, dovuto alla ripresa dell’attività edilizia post-pandemia. Tuttavia, il trend complessivo resta invariato: l’Italia cementifica ogni anno circa 70 chilometri quadrati di territorio, trasformando spazi naturali come campi e boschi in piazzali, strade e capannoni. Questo ritmo equivale alla creazione annuale di una città delle dimensioni di Napoli.

ISPRA, consumo di suolo: "in 8 anni ci siamo giocati l'Umbria"

Negli ultimi otto anni, il consumo di suolo in Italia ha prodotto una crescita di superfici urbanizzate pari a quasi 500 chilometri quadrati, un’estensione che supera l’intera area urbanizzata di una regione come l’Umbria. ISPRA, che monitora il fenomeno dal 2015, evidenzia la continua perdita di risorse naturali preziose, aggravata da una gestione normativa insufficiente. La legislazione urbanistica italiana, risalente a oltre ottant’anni fa, non risponde più alle necessità attuali.

A questo proposito, Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, ha sottolineato l’urgenza di una nuova legge che freni il consumo di suolo e riorganizzi l’intera disciplina urbanistica, puntando su efficienza e sostenibilità: “Il governo del territorio in Italia è ormai totalmente sguarnito di strumenti efficaci per evitare la crescita di disordine e degrado territoriale: la normativa urbanistica italiana è stata scritta ben 82 anni fa, in un Paese in guerra e in cui gran parte della popolazione viveva nelle campagne, e da allora si è proceduto per aggiustamenti, rattoppi e deleghe alle Regioni. Serve una legge per fermare il consumo di suolo e riordinare l’intera materia, che imposti principi e meccanismi di funzionamento generale, e che metta al primo posto l’efficienza delle trasformazioni, per prevenire rischio idrogeologico e perdita di quei preziosi servizi ecosistemici che solo un suolo sano è in grado di erogare”.

Il rapporto denuncia inoltre una grave inefficienza nell’uso del suolo, evidenziata dal dato sulla variazione demografica. Negli ultimi otto anni, mentre l’Italia ha perso circa due milioni di abitanti, il suolo consumato equivale a 300 metri quadrati per ogni abitante in meno. Questa dinamica riflette un modello di urbanizzazione dispersivo e insostenibile. Al Nord, metà del consumo di suolo è attribuibile alla costruzione di poli logistici e data center, spesso realizzati su terreni agricoli anziché su superfici industriali dismesse. Al Sud, invece, si assiste a un’espansione urbana nelle periferie di città come Bari o Palermo, mentre i centri storici vengono progressivamente abbandonati.

“Gran parte del consumo di suolo si concentra nelle maggiori città, che sono sotto le lenti di grandi gruppi immobiliari: l’Italia con la bellezza dei propri centri storici – aggiunge Damiano Di Simine, responsabile suolo di Legambiente – è un potenziale attrattore di importanti investimenti immobiliari, che però devono potersi sviluppare all’interno di progetti urbani ben presidiati dall’istituzione pubblica, per evitare il ripetersi di gravi anomalie, come quella a cui si tenta di rispondere con il discutibile provvedimento ‘SalvaMilano’: alle città servono grandi risorse economiche, ad esempio per le sfide dell’adattamento al riscaldamento climatico e per quelle della coesione sociale e abitativa. Non si può accettare che le città italiane, Milano in testa, collochino diritti immobiliari su mercati speculativi low cost, anche per questo servono nuove e attuali regole”
La disaggregazione regionale dei dati offre ulteriori spunti di riflessione. Le Regioni Emilia-Romagna e Lombardia, nonostante si siano dotate di leggi contro il consumo di suolo da oltre un decennio, guidano la classifica delle aree con la maggiore cementificazione nel 2023. Questo dato evidenzia l’inefficacia delle normative regionali in assenza di una cornice legislativa nazionale.

Anche nelle città il fenomeno appare preoccupante. Roma detiene il primato per estensione del consumo di suolo, con un tasso triplo rispetto alla media delle altre grandi città italiane, nonostante un calo relativo rispetto agli anni precedenti. Milano segue come seconda grande città per cementificazione, mentre Napoli e Torino sembrano mostrare una maggiore correlazione tra consumo di suolo e calo demografico.
Legambiente sottolinea poi che l’immagine più inquietante è che si sta consumando suolo in un Paese che, nello stesso arco di tempo, non ha visto crescere la propria popolazione: al contrario, siamo entrati in una fase di vistosa decrescita, considerato che nello stesso periodo l’Italia ha perso 2 milioni di abitanti.

Il rapporto tra suolo cementificato e variazione demografica genera un dato inquietante: in 8 anni è come se avessimo consumato 300 mq di suolo per ogni abitante in meno e ciò significa sviluppare una urbanizzazione drammaticamente inefficiente in termini di uso del suolo, ed è qualcosa che, come Paese, rimarca Legambiente, “non ci possiamo assolutamente permettere: sacrificare una risorsa scarsa e di grande valore ecologico oltre che produttivo per aumentare superfici sottoutilizzate o del tutto dismesse. Il Nord Italia, che da solo ‘cuba’ quasi metà del consumo di suolo nazionale, subisce gli effetti di una crescita disordinata di nuove funzioni terziarie e industriali, in primo luogo di grandi poli logistici e data center, che quasi mai si ricollocano sulle enormi superfici industriali e commerciali dismesse, ma occupano nuovi suoli sottraendoli all’agricoltura. Non meno allarmanti sono i fenomeni di nuove urbanizzazioni a Sud dove, soprattutto tra Puglia, Sicilia e Basilicata, si assiste alla crescita di nuove urbanizzazioni nelle periferie di città, i cui centri storici vengono invece sempre più lasciati all’abbandono”.

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