Commercio globale e nutrizione, FAO: una sfida per la salute pubblica
- di: Barbara Leone
Negli ultimi decenni, il commercio internazionale di prodotti alimentari e agricoli ha registrato una crescita esponenziale, contribuendo significativamente alla diversità, disponibilità e accessibilità economica di cibo e nutrienti in tutto il mondo. Tuttavia, questa espansione ha portato con sé nuove sfide, mettendo in evidenza la necessità di armonizzare le politiche commerciali con gli obiettivi di salute pubblica e nutrizione. È quanto emerge dal rapporto 2024 The State of Agricultural Commodity Markets (SOCO) della FAO, che esplora i legami complessi tra commercio e nutrizione. Come sottolinea QU Dongyu, Direttore Generale della FAO, “L’espansione del commercio alimentare globale è stata influenzata da norme commerciali multilaterali che hanno creato un ambiente più libero, equo e prevedibile. Insieme a un numero crescente di accordi commerciali regionali, questo ha promosso lo scambio di prodotti alimentari su scala globale.”
Commercio globale e nutrizione, FAO: una sfida per la salute pubblica
Il commercio internazionale è fondamentale per la sicurezza alimentare. Secondo il rapporto, in media, raddoppia la diversità alimentare disponibile in un Paese, aumentando l’offerta di nutrienti essenziali come vitamina C, calcio e zinco. Questo è particolarmente importante per le nazioni con geografie meno diversificate, come Kiribati o la Norvegia, dove le produzioni locali non riescono a soddisfare pienamente i bisogni nutrizionali. Inoltre, i prezzi alimentari tendono a essere più bassi nei Paesi aperti al commercio, un vantaggio significativo per le economie in via di sviluppo. Tuttavia, la liberalizzazione del commercio non è priva di rischi, in quanto può facilitare l’accesso a cibi ultra-processati, contribuendo all’aumento di obesità e sovrappeso, problematiche in crescita a livello globale.
Il rapporto FAO evidenzia un cambiamento significativo nei modelli alimentari negli ultimi decenni. Tra il 1961 e il 2021, l’energia alimentare pro capite disponibile è aumentata del 35%, passando da 2.200 a 2.980 calorie al giorno. Mentre la quota di alimenti di base è diminuita dal 57,4% al 48,4%, è cresciuto il consumo di alimenti di origine animale (dal 12,2% al 15,1%) e di grassi e oli (dall’8,4% al 12,7%). Dal 2000, il commercio ha registrato un’impennata in tutte le categorie alimentari. Nel 2021, quasi 5.000 trilioni di chilocalorie sono stati scambiati a livello globale, più del doppio rispetto al 2000. In termini pro capite, il commercio alimentare giornaliero è aumentato da 930 a 1.640 chilocalorie. Un fenomeno particolarmente preoccupante è l’aumento della domanda di alimenti ultra-processati. Secondo SOCO 2024, un incremento del reddito del 10% comporta un aumento dell’11% delle importazioni di questi prodotti, rispetto al 7% per gli alimenti non lavorati o minimamente lavorati. Gli alimenti ultra-processati rappresentano una quota crescente delle calorie scambiate a livello globale, pari al 7% nel 2021. Nei Paesi ad alto reddito, questa percentuale sale al 12%, con un valore economico che supera di gran lunga la loro quota calorica.
Questi prodotti, spesso ricchi di zuccheri, grassi e sale, sono associati a diete di bassa qualità nutrizionale. L’aumento del consumo di alimenti ultra-processati è direttamente collegato alla crescita globale dei tassi di obesità. Tra il 2000 e il 2022, la prevalenza mondiale dell’obesità negli adulti è passata dall’8,7% al 15,8%, mentre la denutrizione è diminuita dal 12,7% al 9,2%. L’espansione dei supermercati e il miglioramento delle tecnologie di trasformazione alimentare nei Paesi a basso e medio reddito hanno accelerato la disponibilità di alimenti ultra-processati, superando i ritmi osservati nei Paesi sviluppati. Questo fenomeno, legato alla rapida urbanizzazione, rappresenta una sfida crescente per la salute pubblica.
Il rapporto sottolinea, inoltre, la necessità di rafforzare la coerenza tra le politiche commerciali e gli obiettivi nutrizionali. Gli accordi commerciali regionali, pur favorendo l’accesso ai mercati, possono avere implicazioni controverse. Inoltre, rileva che gli accordi con un elevato numero di disposizioni sanitarie e fitosanitarie tendono ad aumentare le importazioni di alimenti ultra-processati, che sono particolarmente sensibili alle variazioni di reddito. Un’analisi basata sull’indicatore FAO Cost and Affordability of a Healthy Diet mostra che tariffe di importazione più elevate si traducono in prezzi alimentari più alti, indipendentemente dalla qualità nutrizionale dei prodotti. Questo suggerisce che l’apertura commerciale, in generale, non favorisce né ostacola in modo sproporzionato gli alimenti ad alto contenuto energetico e basso valore nutrizionale. SOCO 2024 evidenzia anche come l’aumento degli investimenti e dell’innovazione nel settore alimentare possa promuovere la disponibilità di alimenti trasformati in modo sostenibile, ma sottolinea anche l’importanza di integrare obiettivi nutrizionali nelle politiche commerciali. Iniziative come l’armonizzazione delle normative su additivi, residui di pesticidi e requisiti di etichettatura potrebbero contribuire a rendere il commercio più favorevole alla salute pubblica. Essenziale, infine, che i decisori politici considerino il ruolo della nutrizione nello sviluppo di politiche commerciali, per garantire che il commercio supporti diete sane e non contribuisca a problemi come l’obesità. Perché, come conclude QU Dongyu, “Dobbiamo lavorare per garantire che il commercio alimentare sia uno strumento per promuovere diete sane e sostenibili, contribuendo allo stesso tempo alla sicurezza alimentare globale.”