Con un vantaggio più ampio di quanto atteso, Donald Trump è stato eletto il nuovo presidente degli Stati Uniti. È la notizia che temevano tutti coloro che vedono nella riduzione delle emissioni di gas climalteranti l’unica strada possibile per salvare il pianeta e l’umanità da un futuro tragico, di cui abbiamo anticipazione sempre più spesso da eventi climatici estremi come quello di Valencia.
La voce.info: ambiente, un brutto clima dopo la rielezione di Trump
Che cosa comporterà l’elezione di Trump apre sulle politiche climatiche statunitensi e su quelle globali? Sono in molti a sostenere che, al contrario di quanto accaduto nel primo mandato alla Casa Bianca spesso caotico, la seconda presidenza sarà (pericolosamente) molto più metodica, stimolando la produzione e l’export di combustibili fossili, sottraendosi dall’architettura di politiche internazionali che frenano le emissioni a effetto serra e screditando e isolando gli scienziati climatici.
Dall’inizio della campagna elettorale, Trump si è posto in netto contrasto con il suo rivale, il presidente uscente Joe Biden, che ha fatto della mitigazione del cambiamento climatico e dell’incremento della produzione di energia a basse emissioni di carbonio una parte importante della sua presidenza e della sua campagna di rielezione, poi sposata anche da Kamala Harris. Il presidente uscente è sempre stato un convinto sostenitore dell’urgenza dell’azione climatica, definendo il cambiamento del clima una “sfida sistenziale” e finalizzando, durante il suo mandato, oltre 100 politiche di mitigazione, di riduzione degli inquinanti ambientali e di salvaguardia degli ambienti naturali.
Trump, al contrario, ha guidato un’amministrazione che ha indebolito o cancellato più di 125 norme e politiche ambientali in quattro anni, ha ritirato gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi del 2015 e ha sempre definito il cambiamento climatico una “bufala”, spesso additando la Cina come fautrice di questa propaganda, volta a conquistare nuove fette di mercato, e per questo ha sospeso i colloqui sul clima con Pechino già nel 2017.
Le prospettive per le politiche energetiche statunitensi
Il presidente eletto ha dichiarato di voler revocare molte delle politiche climatiche firmate dall’amministrazione Biden. Già a maggio un deputato democratico di una commissione di controllo della Camera degli Stati Uniti aveva richiesto informazioni a nove compagnie petrolifere dopo la pubblicazione di un articolo che riportava accordi “do ut des”relativi alla politica energetica e fiscale degli Stati Uniti: durante una cena di raccolta fondi per la campagna elettorale, Trump avrebbe infatti richiesto un miliardo di dollari in cambio di una regolamentazione fiscale e ambientale favorevole alle società del settore .
Tra le promesse elettorali di Trump rientrano la revoca di decine di norme e politiche ambientali dell’amministrazione Biden e in particolare le misure relative alle emissioni volte a promuovere i veicoli elettrici (crediti d’imposta per i veicoli elettrici e stretti standard sui gas di scarico promulgate dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente statunitense). Previsto anche l’aumento della produzione e dell’export di petrolio e gas, annullando il congelamento delle autyroizzazioni per le nuove esportazioni di gas naturale liquefatto imposto dall’amministrazione Biden e ampliando le autorizzazioni per la ricerca petrolifera, attraverso l’eliminazione delle restrizioni nell’Artico dell’Alaska e la messa all’asta di un maggior numero di autorizzazioni nel Golfo del Messico. L’obiettivo dichiarato è quello di ridurre i prezzi dell’energia, con il rischio, però, di compromettere la competitività delle energie rinnovabili (…).