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Addio a Roberto De Simone, il genio che ha raccontato l’anima popolare di Napoli

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Addio a Roberto De Simone, il genio che ha raccontato l’anima popolare di Napoli

FOTO (cropped): Augusto De LucaCC BY-SA 2.0

Roberto De Simone se n’è andato a 91 anni, lasciando un vuoto incolmabile nella cultura italiana. Regista, musicologo, compositore e intellettuale raffinato, è stato tra i primi a riconoscere il valore della tradizione orale e musicale del Sud, elevandola a patrimonio artistico. La sua opera più celebre, La Gatta Cenerentola, resta uno spartiacque nella storia del teatro musicale, capace di coniugare suoni antichi e linguaggi contemporanei. Era un visionario, un artigiano delle emozioni che non accettava compromessi. “L'arte popolare è la madre della cultura colta”, amava ripetere, sintetizzando la sua poetica con la precisione di un aforisma.

Addio a Roberto De Simone, il genio che ha raccontato l’anima popolare di Napoli

Formatosi come musicologo al Conservatorio di San Pietro a Majella, De Simone si dedicò a un lungo lavoro di ricerca sul campo, recuperando villanelle, tammurriate, canti religiosi e filastrocche dimenticate. Ma non si limitò a trascrivere e archiviare: le trasformò in spettacolo, in emozione scenica, in teatro di parola e corpo. Fu così che la musica “popolare” divenne, grazie a lui, musica colta. La Nuova Compagnia di Canto Popolare, da lui fondata nel 1967, divenne negli anni Settanta un laboratorio creativo che fece scuola, ispirando registi, attori e cantautori in tutta Italia.

Il San Carlo e la rivoluzione teatrale


Direttore artistico del Teatro San Carlo di Napoli dal 1981, seppe mescolare rigore e innovazione. Non si accontentò di seguire la tradizione: la reinventò, con allestimenti visionari e profondamente radicati nell’identità napoletana. Il suo teatro era fatto di suoni arcaici, di dialetti, di maschere e di simbologie che parlavano al presente, sfidando l’estetica dominante e anticipando il teatro postmoderno. Ogni opera era un viaggio iniziatico, in cui il pubblico veniva invitato a decifrare segni, memorie e ferite collettive.

L’aneddoto della zuppa e della partitura


Un giorno, durante le prove di uno spettacolo, un giovane musicista sbagliò una battuta. De Simone, con il suo fare burbero e ironico, gli si avvicinò e disse: “Figlio mio, pure 'a zuppa tiene ‘na partitura: se la mescoli senza pensà, viene 'na schifezza”. Una frase che diventò leggenda tra gli allievi e i colleghi, capace di condensare il suo rigore e la sua sapienza contadina. La musica, per lui, era equilibrio, misura, ascolto. E rispetto.

L’eredità viva di un maestro

La sua morte rappresenta molto più di un lutto personale o artistico: è il simbolo della fine di un’epoca in cui l’arte sapeva raccontare il popolo, la sua voce, le sue contraddizioni. Ma è anche l’occasione per riscoprire un patrimonio di opere, registrazioni, testi e intuizioni che restano ancora oggi vive. La Gatta Cenerentola è il cuore di un percorso, ma non l’unico. Ogni suo lavoro è un invito ad ascoltare con attenzione, a riconoscere la dignità culturale delle classi popolari, a non dimenticare da dove veniamo.

Napoli lo saluta con la sua musica

Napoli lo ha già celebrato in vita, ma oggi lo piange come un figlio prediletto. I napoletani, con quella forma di amore dolente e teatrale, lo ricordano nelle sue parole, nei suoi suoni, nei suoi personaggi. De Simone ha saputo restituire loro un'identità non folkloristica, ma epica. E nel farlo ha raccontato anche noi tutti. Non ha mai voluto essere un eroe, ma lo è diventato, custodendo con disciplina e poesia la voce antica di un popolo.
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