L’Argentina ha ottenuto il via libera al prestito da 20 miliardi di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale, un passo cruciale per il piano di stabilizzazione economica promosso dal presidente Javier Milei. L’intesa, raggiunta in via tecnica nei giorni scorsi e approvata ufficialmente dal consiglio direttivo dell’FMI, rientra nel programma Extended Fund Facility e conferma la fiducia degli organismi internazionali nei confronti del nuovo corso economico di Buenos Aires. Il governo argentino punta ora a rafforzare le riserve valutarie – attualmente sotto i 25 miliardi – con l’obiettivo ambizioso di portarle a quota 50 miliardi, offrendo così maggiore sicurezza ai mercati finanziari e sostenibilità alle prossime manovre di riforma.
FMI approva prestito da 20 miliardi all’Argentina. Sostegno Usa alle riforme di Milei
Il segnale più rilevante sul piano diplomatico arriva dagli Stati Uniti. Il segretario al Tesoro Scott Bessent è atteso a Buenos Aires nei prossimi giorni per un incontro bilaterale con Milei e il ministro dell’Economia Luis Caputo. Secondo fonti diplomatiche, Washington sarebbe pronta a offrire una linea di credito supplementare, rafforzando così il suo appoggio all’agenda economica argentina. Bessent incontrerà anche rappresentanti del settore privato e della comunità imprenditoriale per valutare gli spazi di collaborazione futura, in un clima che viene definito di “pieno sostegno” da parte americana. L’ex presidente Donald Trump, che ha elogiato Milei per “aver tirato fuori l’Argentina da una profonda crisi”, resta il punto di riferimento politico e strategico di questa nuova intesa geopolitica.
Le riforme di Milei: austerità e liberismo
Il nuovo prestito, però, non arriva senza condizioni. L’FMI ha riconosciuto i “progressi impressionanti” compiuti dal governo argentino sul fronte fiscale e macroeconomico. L’esecutivo ha già adottato misure drastiche per contenere la spesa pubblica, ridurre il deficit e liberalizzare settori strategici. I primi effetti si sono visti: miglioramento degli indicatori sociali, ripresa di alcune attività produttive e ritorno di fiducia da parte degli investitori stranieri. Tuttavia, le stesse istituzioni internazionali sottolineano la necessità di proseguire con coerenza il percorso intrapreso, monitorando al contempo l’impatto sociale delle riforme, soprattutto in un Paese dove povertà e disoccupazione restano a livelli critici.
Un’Argentina nel segno dell’ortodossia finanziaria
Il piano presentato da Milei si fonda su due pilastri: la stabilità dei conti pubblici e la deregolamentazione dell’economia. La visione è ispirata ai principi dell’ortodossia finanziaria, con l’obiettivo di ridurre l’intervento dello Stato nell’economia e creare un ambiente favorevole all’impresa privata. L’accordo con l’FMI rappresenta una legittimazione politica e tecnica di questa linea. Ma i rischi non mancano. Il taglio dei sussidi e l’aumento delle tariffe su servizi essenziali hanno già provocato proteste e tensioni sociali, e gli osservatori più critici parlano di un possibile “shock distributivo” che potrebbe colpire le fasce più vulnerabili della popolazione. Il governo, tuttavia, continua a ribadire che non ci sarà alternativa senza rigore.
Un banco di prova regionale
La portata dell’accordo tra Argentina e FMI non si esaurisce nei confini nazionali. L’intesa diventa un banco di prova per tutta l’America Latina, dove diversi Paesi – dal Brasile al Cile, dal Perù alla Colombia – osservano con attenzione l’esperimento argentino. Il successo (o il fallimento) del modello Milei influenzerà la traiettoria economica e politica di molte altre economie emergenti, soprattutto in un contesto internazionale segnato da inflazione, crisi del debito e crescita disomogenea. Il Fondo, dal canto suo, sembra voler investire nel rilancio argentino come esempio di riformismo liberale in un continente storicamente oscillante tra statalismo e liberismo.
Le incognite del consenso interno
Nonostante il sostegno esterno, la vera sfida per Milei sarà interna. Il presidente deve affrontare un’opposizione agguerrita, sindacati mobilitati e un tessuto sociale provato da anni di crisi economica e svalutazione. Le riforme, per funzionare, dovranno trovare una base di consenso sufficientemente ampia e duratura. Il rischio è che l’effetto positivo sui mercati venga compromesso da instabilità politica e proteste di piazza. In questo quadro, la visita di Bessent e il prestito del FMI non sono solo atti tecnici o diplomatici: rappresentano una scommessa sul futuro politico dell’Argentina. E il mondo, ancora una volta, guarda a Buenos Aires per capire quale strada imboccherà il Sudamerica nei prossimi anni.