• Tutto con Bancomat. Scambi denaro, giochi ti premi.
  • Esprinet molto più di un distributore di tecnologia
  • Fai un Preventivo

Fiumicino vola, ma l'Italia sceglie di scendere

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Fiumicino vola, ma l'Italia sceglie di scendere
C’è un’immagine che racconta meglio di molte analisi lo stato delle scelte industriali del Paese: da una parte l’aeroporto di Roma Fiumicino che supera per la prima volta i 50 milioni di passeggeri annui, dall’altra l’Italia che rinuncia progressivamente alla propria compagnia di bandiera. È un paradosso che non riguarda solo il trasporto aereo, ma il modo stesso in cui il Paese interpreta il concetto di strategia economica.

Fiumicino vola, ma l'Italia sceglie di scendere

Il “Leonardo da Vinci” non è più soltanto il principale scalo nazionale. È diventato uno degli hub più dinamici d’Europa, con oltre 240 destinazioni servite, collegamenti in 80 Paesi, una crescita robusta del traffico intercontinentale e una destagionalizzazione che lo rende competitivo dodici mesi l’anno. In un Paese spesso accusato di immobilismo, Fiumicino rappresenta una rara eccezione: investimenti coerenti, visione industriale, capacità di stare nel mercato globale.
Un hub di questo livello non è solo un’infrastruttura di trasporto. È un moltiplicatore economico: attrae turismo ad alto valore, sostiene l’export, facilita l’internazionalizzazione delle imprese, rafforza il ruolo geopolitico dell’Italia nel Mediterraneo. È, a tutti gli effetti, un asset strategico nazionale.

𝐋𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐝𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐈𝐓𝐀 𝐀𝐢𝐫𝐰𝐚𝐲𝐬
Ed è qui che emerge la contraddizione. Mentre l’aeroporto cresce, la compagnia che dovrebbe esserne il braccio operativo viene ceduta. ITA Airways, nata per chiudere definitivamente la lunga e dolorosa stagione di Alitalia, viene progressivamente assorbita dal gruppo Lufthansa, fino a perdere ogni autonomia strategica. Formalmente un’operazione industriale, sostanzialmente una rinuncia politica.
In Europa non è una scelta scontata. Francia, Germania e Spagna hanno difeso i propri vettori come strumenti di politica economica, pur integrandoli in grandi gruppi. L’Italia, invece, ha scelto di uscire dal perimetro decisionale, rinunciando a una leva fondamentale per orientare i flussi di lungo raggio e la centralità del proprio hub.

𝐔𝐧 𝐡𝐮𝐛 𝐟𝐨𝐫𝐭𝐞, 𝐦𝐚 𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐜𝐚𝐛𝐢𝐧𝐚 𝐝𝐢 𝐫𝐞𝐠𝐢𝐚
Il rischio non è teorico. In un grande gruppo multinazionale le scelte seguono equilibri complessivi: rotte, flotta, investimenti e sviluppo vengono decisi in funzione dell’ottimizzazione globale. Fiumicino potrà restare un hub importante, ma difficilmente sarà il centro decisionale. Francoforte e Monaco continueranno a dettare la linea, mentre Roma rischia di diventare un nodo rilevante ma subordinato.
Questo significa meno capacità di indirizzo sui collegamenti strategici, meno margine nel presidiare mercati chiave, meno controllo sulle ricadute economiche indirette. In altre parole, un’infrastruttura forte senza una compagnia nazionale forte perde parte del suo potenziale.
𝐋𝐚 𝐧𝐚𝐫𝐫𝐚𝐭𝐢𝐯𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐢𝐧𝐞𝐯𝐢𝐭𝐚𝐛𝐢𝐥𝐞

La politica ha raccontato questa operazione come inevitabile, come l’unica via possibile dopo anni di fallimenti. Ma i numeri di Fiumicino raccontano una storia diversa: domanda in crescita, qualità operativa riconosciuta a livello internazionale, posizione geografica unica. La domanda, allora, è legittima: davvero non esisteva un’alternativa che tenesse insieme risanamento, alleanze e controllo strategico? O si è scelto, ancora una volta, di rinunciare alla complessità in nome della soluzione più semplice?

𝐔𝐧 𝐩𝐚𝐫𝐚𝐝𝐨𝐬𝐬𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐫𝐢𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐚 𝐢𝐥 𝐟𝐮𝐭𝐮𝐫𝐨
Il trasporto aereo non è un settore qualsiasi. È infrastruttura, industria, proiezione internazionale. Rinunciare a una compagnia di bandiera mentre si dispone di uno degli hub più performanti d’Europa significa accettare un ruolo ridimensionato nel medio-lungo periodo.
Fiumicino vola, ma il sistema Paese sembra scegliere di non salire fino in fondo. E questo è forse l’aspetto più preoccupante: non la perdita di una compagnia in sé, ma la rinuncia a una visione industriale capace di tenere insieme infrastrutture, imprese e interesse nazionale. Un’occasione che, una volta persa, difficilmente potrà essere recuperata.
Notizie dello stesso argomento
Trovati 112 record
18/12/2025
Campari cede Averna e Zedda Piras a Illva Saronno: operazione da 100 milioni
Accordo per due marchi storici degli spirits italiani. Closing previsto entro la prima met...
18/12/2025
Corte dei conti: Ue resiliente, ma la macchina dei fondi resta in affanno
Relazione 2024: crescita all’1%, saldo positivo per l’Italia grazie a Ngeu. Coesione in ri...
18/12/2025
Conad accelera sugli investimenti: 2,1 miliardi nel triennio 2026-2028
Avanzini: "Ftturato oltre 21,8 miliardi, crescita del 4,4%. Sviluppo laterale alla Gdo, nu...
18/12/2025
Acea, la vendita di Aquanexa segna la prima exit del fondo green di Algebris
Operazione chiave per Algebris Green Transition Fund: dopo due anni la piattaforma dell’ac...
18/12/2025
Farmaceutica italiana da record: export su, ora sfida è autonomia Ue
Export farmaceutico italiano in forte crescita nel 2025. Farmindustria chiede nuove regole...
18/12/2025
Bce frena sui tassi e rilancia la crescita dell’Eurozona
Tassi Bce fermi al 2%, stime di crescita in rialzo e inflazione sotto controllo. Lagarde t...
Trovati 112 record
  • Con Bancomat, scambi denaro, giochi e ti premi.
  • Punto di contatto tra produttori, rivenditori & fruitori di tecnologia
  • POSTE25 sett 720