La Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dei Deputati ha votato a maggioranza per riconoscere l’insindacabilità delle dichiarazioni rese dal deputato di Fratelli d’Italia e sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, indagato per diffamazione dal procuratore regionale della Corte dei Conti del Piemonte, Quirino Lorelli. La decisione della Giunta, che ora dovrà essere confermata o respinta dall’Aula di Montecitorio, riaccende il dibattito sulla tutela delle prerogative parlamentari e sui rapporti tra potere legislativo e magistratura.
La Giunta della Camera vota l’insindacabilità per Delmastro
La vicenda nasce da una querela per diffamazione presentata dal magistrato contabile piemontese in seguito ad alcune dichiarazioni pubbliche di Delmastro, ritenute lesive della sua reputazione. La difesa del sottosegretario si è basata sul principio dell’insindacabilità previsto dall’articolo 68 della Costituzione, che tutela i parlamentari per le opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni.
Il principio di insindacabilità
L’articolo 68 della Costituzione italiana stabilisce che «i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni». Un principio concepito per garantire l’autonomia e l’indipendenza del potere legislativo, ma che negli anni ha dato origine a numerosi conflitti istituzionali e giuridici, soprattutto nei casi in cui l’esercizio delle funzioni parlamentari si intreccia con dichiarazioni offensive o diffamatorie.
Il voto della Giunta sancisce, almeno in questa fase, che le dichiarazioni rese da Delmastro rientrano nell’ambito delle sue prerogative parlamentari e che, pertanto, non possono costituire oggetto di procedimento penale. Una posizione che, come in passato, rischia di alimentare le tensioni tra Parlamento e magistratura, soprattutto in un contesto in cui il rapporto tra i due poteri è già segnato da polemiche e diffidenze reciproche.
Il contesto politico
La vicenda Delmastro si inserisce in un contesto politico teso, dove i rapporti tra maggioranza e opposizione, tra potere legislativo e autorità giudiziaria sono sempre più segnati da scontri pubblici e retorica polemica. Il deputato di Fratelli d’Italia, già al centro di altri casi controversi, rappresenta una figura simbolica per la maggioranza di governo, che interpreta la difesa dell’insindacabilità come una tutela della libertà di espressione politica.
Dall’altra parte, la magistratura contabile, attraverso la querela di Lorelli, ha inteso reagire a quella che ritiene una campagna di delegittimazione ingiustificata e lesiva del ruolo istituzionale dei giudici della Corte dei Conti. La decisione della Giunta rischia ora di diventare un nuovo terreno di scontro politico, destinato ad accendersi ulteriormente nel passaggio in Aula.
Le reazioni
Le reazioni al voto della Giunta sono state immediate. Dalle file di Fratelli d’Italia e della maggioranza è arrivata la soddisfazione per una decisione ritenuta coerente con la difesa dell’autonomia parlamentare. Il sottosegretario Delmastro ha parlato di «una vittoria del principio costituzionale che tutela la libertà del parlamentare di esprimersi senza timore di ritorsioni giudiziarie».
Di segno opposto i commenti dell’opposizione e di alcuni rappresentanti della magistratura, che hanno espresso preoccupazione per un uso strumentale dell’insindacabilità. Diverse voci hanno sottolineato come la tutela prevista dall’articolo 68 non possa diventare uno scudo per condotte diffamatorie o per dichiarazioni che nulla hanno a che vedere con l’esercizio della funzione parlamentare.
Un conflitto ricorrente
Il caso Delmastro non è un episodio isolato. Negli ultimi anni, la questione dell’insindacabilità parlamentare è tornata più volte al centro dell’agenda politica e giudiziaria, spesso in relazione a dichiarazioni o comportamenti dei parlamentari che hanno suscitato polemiche e reazioni giudiziarie. La prassi parlamentare e le decisioni della Corte Costituzionale hanno più volte ribadito i limiti dell’insindacabilità, precisando che essa non può estendersi a dichiarazioni rilasciate al di fuori dell’attività parlamentare propriamente detta.
Il rischio, secondo molti osservatori, è che si determini un uso improprio di questa prerogativa, alimentando la percezione di una classe politica che si auto-protegge, sottraendosi al controllo della magistratura e indebolendo il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
L’Aula chiamata a decidere
La decisione finale sulla vicenda spetta ora all’Aula della Camera dei Deputati, che dovrà esprimersi sul parere espresso dalla Giunta. Si tratta di un voto politicamente sensibile, destinato a riaccendere il confronto tra maggioranza e opposizione, ma anche a riproporre la questione più ampia dei limiti e delle garanzie dell’insindacabilità parlamentare.
Il caso Delmastro diventa così un ulteriore capitolo nella storia dei rapporti difficili tra politica e giustizia in Italia, sollevando interrogativi non solo giuridici, ma anche etici e istituzionali sul corretto equilibrio tra libertà di espressione e responsabilità personale.