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L’AI cinese avanza: con DeepSeek si punta al sorpasso sugli USA

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
L’AI cinese avanza: con DeepSeek si punta al sorpasso sugli USA

Fino a non molto tempo fa, quando qualcuno pronunciava la parola "Cina", l’immagine evocata era ancora quella di un paese operoso, immenso e lontano, capace sì di costruire milioni di smartphone e quintali di vestiti a prezzi bassissimi, ma tutto sommato ancora lontano da quel traguardo apparentemente occidentale chiamato innovazione tecnologica avanzata. Sembrava che l’innovazione, quella autentica, fosse monopolio esclusivo della California, e più precisamente di quella Silicon Valley che per decenni ci siamo immaginati come una specie di cattedrale laica della modernità, tutta startup, cappuccini al latte di soia e felpe con cappuccio.

L’AI cinese avanza: con DeepSeek si punta al sorpasso sugli USA

Eppure, nel mezzo di questo racconto così ben rodato da apparire ormai scontato, è arrivata lei, la cosiddetta intelligenza artificiale generativa, quella che parla, scrive, inventa, e a volte ci mette anche in imbarazzo. E abbiamo scoperto che la Cina non solo corre velocemente, ma forse ha già iniziato il sorpasso decisivo sugli Stati Uniti. Il protagonista di questa rimonta si chiama DeepSeek, nome vagamente inquietante e seducente al tempo stesso, come tutto ciò che riguarda l’intelligenza artificiale: un modello cinese avanzato che rende improvvisamente chiaro un fatto fino ad oggi impensabile, ovvero che la supremazia tecnologica americana non è affatto garantita. Anzi, probabilmente non lo è mai stata davvero.

Donald Trump, da poco tornato sul podio della Casa Bianca con lo stesso spirito con cui Rocky Balboa saliva di nuovo sul ring, ha inaugurato il suo mandato promettendo "una nuova era di successi magnifici", e annunciando il progetto Stargate, già definito "la più grande infrastruttura di intelligenza artificiale della storia". Un nome che non evoca soltanto sogni di grandezza, ma anche la sensazione di essere davanti a una di quelle serie tv dove gli americani salvano sempre il mondo, magari grazie a un supercomputer che parla con la voce di Scarlett Johansson.

Ma mentre Trump rilancia sogni hollywoodiani, in Cina il Partito Comunista – che non ha la voce seducente di Scarlett Johansson, ma quella molto meno rassicurante e più austera di Xi Jinping – mette sul tavolo DeepSeek, che sembra essere già in grado di sfidare ChatGPT e i suoi fratelli americani. Nonostante le sanzioni imposte dagli USA, che vietano l’export verso la Cina di chip sofisticatissimi e tecnologie avanzate, i cinesi hanno dimostrato ancora una volta la loro storica capacità di fare da soli. È come se, davanti a un ostacolo, gli americani reagissero costruendo una barriera, mentre i cinesi, semplicemente, decidessero di imparare a saltare più in alto.

Il problema, però, non è solo tecnologico. Come già succede con TikTok – che ormai popola i cellulari di adolescenti (e non solo) con balletti, influencer e pillole di propaganda nascosta – l’intelligenza artificiale cinese potrebbe rapidamente trasformarsi in uno strumento ben più potente di diffusione culturale e politica. DeepSeek potrebbe dunque diventare una specie di TikTok elevato all'ennesima potenza, capace non soltanto di intrattenere, ma di influenzare, plasmare idee, orientare opinioni e spostare gli equilibri geopolitici in modi ancora inesplorati.

La situazione che si sta delineando assume così contorni ironici e preoccupanti allo stesso tempo. Mentre gli Stati Uniti spendono miliardi di dollari per erigere metaforiche muraglie digitali, convinti di proteggere la propria superiorità tecnologica, dall’altra parte del Pacifico i cinesi si mostrano sempre più capaci di aggirare ostacoli e inventare soluzioni alternative. Pechino ha ormai imparato a padroneggiare quel linguaggio globale che un tempo era riservato alle multinazionali americane e agli adolescenti cresciuti a hamburger, jeans Levi’s e film della Marvel.

Ora che l’intelligenza artificiale non solo promette di cambiare il futuro del lavoro e della vita quotidiana, ma rischia di ridisegnare le mappe del potere globale, ci ritroviamo così in una situazione in cui il futuro digitale potrebbe parlare sempre meno inglese e sempre più cinese. Una prospettazione che pochi avevano previsto, e che adesso spinge gli analisti, i politici e anche qualche influencer preoccupato a interrogarsi: stiamo entrando in un futuro digitale con occhi a mandorla?

Che questo sia positivo o negativo, nessuno può dirlo con certezza assoluta. Quel che è certo, però, è che forse ci eravamo abituati a considerare il futuro tecnologico come una specie di eterno luna park americano, tutto luci colorate, popcorn e Apple Store, mentre in realtà potrebbe rivelarsi qualcosa di completamente diverso. Qualcosa di molto più simile a un bazar orientale, tanto affascinante quanto confuso, dove la Silicon Valley potrebbe presto ritrovarsi, suo malgrado, a fare i conti con un inedito rivale: la Silicon Valley cinese, nata a sorpresa tra i grattacieli di Pechino.

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