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Pechino prova a mediare in Ucraina ma minaccia guerra a Taiwan

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Pechino prova a mediare in Ucraina ma minaccia guerra a Taiwan

È un doppio gioco che ormai non è più nemmeno troppo velato, quello della Cina. Oggi il ministro degli Esteri cinese Wang Yi è volato a Mosca per sedersi accanto a Sergej Lavrov e ripetere lo stesso ritornello che Pechino recita da mesi: la Cina è pronta ad avere un “ruolo costruttivo” per la pace in Ucraina. Lo dice proprio mentre i carri armati continuano a muoversi sul fronte orientale e mentre dal Cremlino arriva l’ennesima apertura a una possibile tregua, ma solo “se necessario”. Wang Yi ha assicurato che la Cina difenderà gli “interessi strategici” di Mosca e intanto ha già chiesto a Vladimir Putin di mantenere i contatti con Donald Trump, tornato alla guida degli Stati Uniti, convinto che solo lui possa favorire un accordo tra le parti.

Pechino prova a mediare in Ucraina ma minaccia guerra a Taiwan

Dall’altra parte, tra un raid russo e l’altro, Volodymyr Zelenskyj prova a giocare la carta della democrazia. Lo fa sapere tra le righe: se le ostilità sul campo dovessero fermarsi, allora lui sarebbe pronto a indire nuove elezioni entro l’estate. È un messaggio non solo per gli alleati occidentali, ma anche per chi in Ucraina chiede da tempo di tornare alle urne. Un’apertura che però resta appesa al cessate il fuoco e a una trattativa che, almeno per ora, continua a rimanere sullo sfondo.

La stretta su Taiwan: prove di guerra
Ma c’è un’altra guerra che Pechino non smette di evocare, e questa volta non è una guerra lontana. Proprio mentre si offre come mediatrice per l’Ucraina, la Cina ha alzato ancora la pressione su Taiwan. In queste ore le navi militari cinesi stanno circondando l’isola, impegnate in manovre che Pechino chiama “esercitazioni”, ma che nei fatti sono un messaggio diretto a Taipei e a Washington: non esiste alcuna via all’indipendenza, ogni tentativo di affrancarsi da Pechino “porterà alla guerra”. Il governo cinese non lascia spazio a interpretazioni. Queste esercitazioni sono una risposta a quello che definisce “l’attivismo separatista” del governo taiwanese, che nelle scorse settimane ha intensificato i contatti con la Casa Bianca e con Tokyo.

Un gioco rischioso su due tavoli

È il paradosso della nuova postura cinese: mentre offre il proprio volto diplomatico in Europa, indossa l’elmetto nel Pacifico. La stessa voce che promette di costruire ponti tra Mosca e Kiev, usa un linguaggio di minacce quando si tratta di Taiwan. È una strategia che funziona sul breve periodo, perché permette a Pechino di essere al centro di ogni tavolo negoziale, ma rischia di alimentare focolai che possono incendiare l’intero scenario globale. Anche la nuova amministrazione Trump guarda con preoccupazione all’intensificarsi delle esercitazioni attorno a Taiwan: gli spazi aerei e navali dell’isola sono sempre più sotto pressione, e basta un errore, un incidente, un calcolo sbagliato per trasformare la tensione in un conflitto aperto.

L’equilibrio fragile tra diplomazia e minacce

Mentre il Cremlino resta chiuso nella sua guerra d’attrito e l’Ucraina combatte per resistere, la Cina prova a riscrivere le regole del gioco globale. Ma la domanda che resta sul tavolo è sempre la stessa: fino a quando Pechino potrà mantenere questa doppia faccia, senza far crollare l’intero castello?

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