DeepSeek, l'AI cinese che sfida i colossi americani

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
La Cina continua a guadagnare terreno nel settore dell'intelligenza artificiale, e questa volta lo fa con DeepSeek, un'app che ha rapidamente scalato le classifiche di download su App Store sia in patria che negli Stati Uniti, superando persino ChatGPT. Il successo di questa piattaforma, sviluppata da un laboratorio poco conosciuto, sta destando preoccupazione nella Silicon Valley, mettendo in discussione il predominio delle big tech americane nel campo dell'AI.

DeepSeek, l'AI cinese che sfida i colossi americani

DeepSeek si è affermata grazie al rilascio, a fine dicembre, di un modello di linguaggio di grandi dimensioni (LLM) open source, che ha impressionato per l'efficienza dei risultati ottenuti rispetto ai costi di sviluppo. Secondo quanto dichiarato dal team di ricerca, il progetto ha richiesto meno di due mesi e un budget inferiore ai 6 milioni di dollari, una cifra irrisoria se paragonata agli investimenti miliardari di aziende come OpenAI e Google.

Il punto di forza di DeepSeek risiede nell'ottimizzazione dell'hardware: il laboratorio cinese è riuscito a sviluppare il proprio modello sfruttando i chip Nvidia H800, versioni a capacità ridotta rispetto ai potenti H100, attualmente utilizzati dalle aziende statunitensi per i loro modelli di IA di punta. Questo approccio dimostra come l'innovazione e l'efficienza possano compensare la mancanza di risorse hardware di ultima generazione. Inoltre, ha evidenziato come la competizione non si giochi solo sulla potenza di calcolo, ma anche sulla capacità di adattare e sfruttare le tecnologie esistenti con strategie intelligenti e scalabili.

Il timore delle big tech americane

L'ascesa di DeepSeek ha messo in allarme le principali aziende statunitensi, che vedono nella rapidità di sviluppo e nei costi contenuti una minaccia concreta alla loro supremazia. Mentre le imprese americane faticano a ottenere chip avanzati a causa delle restrizioni imposte dal governo degli Stati Uniti sulle esportazioni verso la Cina, DeepSeek è riuscita a dimostrare che è possibile raggiungere risultati competitivi anche con hardware meno potente.

I giganti della tecnologia come Microsoft, Google e Meta hanno investito enormi risorse nel miglioramento dei propri modelli, puntando su una potenza di calcolo sempre maggiore e su infrastrutture cloud all'avanguardia. Tuttavia, il caso di DeepSeek suggerisce che il futuro dell’intelligenza artificiale potrebbe non dipendere esclusivamente dalla disponibilità di hardware avanzato, ma piuttosto dall’ingegnosità e dalla capacità di ottimizzare le risorse disponibili. Questo potrebbe cambiare le regole del gioco e ridurre il gap tra le aziende tecnologiche più ricche e i nuovi entranti con meno risorse a disposizione.

In un contesto geopolitico teso, il successo di questa applicazione alimenta le preoccupazioni di Washington sul crescente ruolo della Cina nella corsa all'intelligenza artificiale, settore strategico per la competitività economica e la sicurezza nazionale. L'intelligenza artificiale è infatti considerata un elemento chiave per la supremazia tecnologica, con impatti che spaziano dalla difesa alla finanza, fino all'economia digitale.

Open source: un'arma a doppio taglio?

Uno degli aspetti più interessanti di DeepSeek è la sua scelta di rendere il proprio modello open source, una mossa che potrebbe avere conseguenze rilevanti nel settore. Da un lato, ciò potrebbe favorire la collaborazione e l'adozione diffusa della tecnologia, accelerando l'innovazione a livello globale. Dall'altro, però, pone interrogativi in merito alla sicurezza e al controllo sull'uso dell'AI, con il rischio che modelli così avanzati possano essere sfruttati per scopi poco trasparenti.

L'open source, infatti, da sempre rappresenta un'opportunità per democratizzare l'accesso alle tecnologie avanzate, permettendo a sviluppatori indipendenti e piccole aziende di creare applicazioni innovative senza dover affrontare costi proibitivi. Tuttavia, c'è anche il rischio che soggetti malintenzionati possano sfruttare tali strumenti per attività poco etiche, come la diffusione di disinformazione o l'automazione di attacchi informatici sofisticati.

La risposta della Silicon Valley

A fronte del successo di DeepSeek, le aziende americane stanno cercando di correre ai ripari, con un'accelerazione degli investimenti e l'adozione di nuove strategie per mantenere la leadership. Microsoft, che ha scommesso miliardi su OpenAI, ha annunciato ulteriori investimenti per migliorare l'efficienza dei propri modelli e renderli più accessibili agli utenti, mentre Google sta puntando su una maggiore integrazione dell'AI nei suoi servizi cloud e sui dispositivi consumer.

Un altro aspetto cruciale sarà la regolamentazione. Gli Stati Uniti stanno già lavorando a normative più stringenti per controllare l'esportazione di tecnologie critiche, ma anche l'Unione Europea sta adottando una linea sempre più rigida sulla trasparenza e la sicurezza dell'intelligenza artificiale. L’obiettivo è evitare che modelli come DeepSeek possano essere utilizzati in modo improprio o sfuggire ai controlli dei governi occidentali.

Nel frattempo, la Cina continua a espandere il proprio ecosistema di AI, supportata da un forte sostegno governativo e da un mercato interno in rapida crescita. Le applicazioni di intelligenza artificiale cinesi stanno trovando sempre più spazio nei settori finanziario, sanitario e industriale, offrendo soluzioni competitive a livello globale.

DeepSeek è solo l'ultima dimostrazione di come l'innovazione non conosca confini e di come la corsa all'intelligenza artificiale sia destinata a rimanere uno dei temi centrali del prossimo decennio, con implicazioni non solo economiche, ma anche politiche e sociali. La sfida è ormai aperta, e l'Occidente dovrà trovare nuove strategie per affrontarla.
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