Sanità a rischio: nuovo nomenclatore tariffario divide gli operatori

 

L’introduzione del nuovo nomenclatore tariffario rischia di minare alla base uno dei pilastri fondamentali del Servizio Sanitario Nazionale (SSN): l’accesso equo e universale ai servizi sanitari. Domani il TAR si pronuncerà sulla questione, ma il dibattito è già acceso tra operatori, cittadini e istituzioni.

 
Una riforma necessaria ma controversa Luca Marino, vicepresidente della sezione Sanità di Unindustria, ha evidenziato le contraddizioni del nuovo sistema tariffario: “È doveroso richiamare i tre princìpi fondamentali su cui si fonda il nostro Servizio Sanitario Nazionale: universalità, uguaglianza e solidarietà. Questi princìpi hanno reso possibile costruire un sistema tra i più inclusivi al mondo, con livelli uniformi di assistenza”.

Il nuovo nomenclatore, che aggiorna il tariffario per gli esami e le prestazioni in convenzione, introduce tariffe drasticamente ridotte, con tagli medi del 30% e, in alcuni casi, fino all’80%. Marino ha citato due esempi emblematici: il rimborso per una risonanza magnetica alla colonna, che scenderà da 231,60 euro a 133,20 euro, e quello per un test Beta Hcg, utilizzato per la diagnosi di gravidanza, che passerà da 9,98 euro a 3,55 euro.

Un impatto devastante sulle strutture sanitarie Secondo Marino, queste riduzioni avranno un impatto diretto sulle strutture private accreditate, che rappresentano un pilastro del sistema misto pubblico-privato italiano. “Le strutture si troveranno presto nell’impossibilità di erogare numerose prestazioni”, ha sottolineato, aggiungendo che almeno 58 tipologie di esami sono a rischio.
Questo scenario, spiega Marino, rischia di creare profonde disuguaglianze territoriali. “Le Regioni in piano di rientro o con difficoltà finanziarie non saranno in grado di colmare il gap con fondi propri, generando inevitabilmente una sanità di serie A e una di serie B”, ha aggiunto.

Le reazioni del settore e dei cittadini Non sono solo le strutture private a lanciare l’allarme. Molti cittadini temono che questa riforma possa tradursi in un’ulteriore riduzione dell’accesso ai servizi sanitari essenziali, soprattutto nelle regioni economicamente più deboli.
Maria Esposito, infermiera e rappresentante sindacale, ha dichiarato: “Ridurre le tariffe senza adeguarle ai costi reali significa rendere insostenibile l’erogazione delle prestazioni. Chi ne pagherà le conseguenze saranno i cittadini più fragili”.

Il contesto economico e politico Il governo difende la riforma, sostenendo che il nuovo nomenclatore mira a modernizzare il sistema sanitario e ad ampliare il numero di prestazioni disponibili. Tuttavia, le critiche si concentrano sulla mancata contestualizzazione economica delle tariffe.

La decisione del TAR e le possibili conseguenze La pronuncia del TAR, prevista per domani, potrebbe segnare un punto di svolta. Se il tribunale amministrativo dovesse accogliere i ricorsi presentati dalle associazioni di categoria, il governo potrebbe essere costretto a rivedere le tariffe. In caso contrario, le strutture private potrebbero decidere di ridurre i servizi convenzionati, lasciando molti cittadini senza alternative accessibili. 

Un futuro incerto per la sanità italiana Con il nuovo nomenclatore tariffario, l’Italia si trova a un bivio cruciale per il futuro del suo sistema sanitario. Riuscire a bilanciare la sostenibilità economica con il diritto universale alla salute sarà una sfida complessa. La decisione del TAR rappresenta solo il primo passo in una vicenda destinata a lasciare il segno nella storia della sanità pubblica italiana.


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