Il passato ci appartiene

- di: Bruno Chiavazzo, giornalista e scrittore
 
Sono stato sei anni fa per la prima volta ad Aushwitz, un impatto devastante. La disarmante normalità di quelle costruzioni in mattoni rossi e l’inferno all’interno. 
Mi è rimasto impresso un episodio successo mentre entravo e uscivo da quei luoghi orrendi. Pioveva e quindi dovevamo chiudere e aprire gli ombrelli mentre si entrava in quei capannoni stracolmi di capelli, scarpe, pennelli da barba, montature di occhiali appartenuti alle centinaia di migliaia di morti ammazzati. Eravamo un gruppo di italiani con una guida, con me c’era mia moglie, professoressa di storia presso la scuola dell’Ambasciata polacca di Roma. Ovviamente sapeva tutto e di più degli orrori nazisti, anche oggi, infatti, è ad Aushwitz ad accompagnare un gruppo di studenti della sua scuola per la giornata della memoria. Ebbene, mentre salivamo le scale un signore con in braccio un bambino tenta di chiudere l’ombrello per entrare e, inavvertitamente, qualche goccia di pioggia cade sul vestito di una signora (sic!) dall’accento romano che era dietro di lui. Non l’avesse mai fatto: ha cominciato ad inveire contro l’uomo dicendogli che le aveva macchiato il vestito e che doveva stare attento. 
Siamo rimasti impietriti, tutti a guardare questa tipa con la sua borsetta firmata che urlava contro l’uomo senza che il suo accompagnatore dicesse nulla. Il mio primo impulso è stato quello di farmi largo e dirgliene quattro a brutto muso, poi trattenuto da mia moglie le ho solo detto che era una "str...a". 
Ma quell’episodio mi è tornato in mente rivedendo in questi giorni il film “La zona d’interesse” in programmazione su Sky, dove si racconta la normalità della famiglia del capo del campo di sterminio di Aushwitz, con la moglie che coltiva le rose che stentano a crescere perché il fumo delle camere a gas e degli inceneritori del campo attiguo alla villetta dove vivono, ne contrastano la fioritura e l’aroma. È la stessa indifferenza della cretina che va in visita ad Aushwitz come se fosse in un resort. Brutta bestia l’ignoranza e l’ignavia. Il passato non ci appartiene, ho letto da qualche parte, ma potrebbe ricomparire all’improvviso sotto mentite spoglie. 
Per la cronaca, la foto che riporto l’ho scattata ad Aushwitz ed è la forca sulla quale fu impiccato Rudolf Hoss, il capo del campo di sterminio. Qualche volta il passato ricompare e si prende le sue vendette. In un’intervista al Corriere della Sera la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Aushwitz, si è detta convinta che la shoah sarà dimenticata, quando scompariranno gli ultimi testimoni viventi di quelle atrocità: “Sarà un riga sui libri di storia e l’indifferenza avrà il sopravvento”. In Italia sono rimasti in dieci. Nel mondo, uno studio condotto lo scorso anno, ha rilevato che circa 245.000 ebrei sopravvissuti all’Olocausto sono ancora in vita. L’età media è di 86 anni. Alcuni hanno superato i 100 anni. Furono sei milioni gli ebrei sterminati dai nazisti, un terzo della popolazione ebraica del tempo.

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