Alexander Lukashenko ha ottenuto un nuovo mandato alla guida della Bielorussia, consolidando un potere che dura ininterrottamente dal 1994. Le elezioni, svoltesi in un clima di rigida sorveglianza e con un controllo capillare delle istituzioni statali, hanno confermato l'assenza di una reale competizione politica. Con l’opposizione ridotta al silenzio e un contesto politico dominato dal regime, il risultato era ampiamente previsto.
Alexander Lukashenko vince ancora: in Bielorussia nessuna sorpresa e nessun cambiamento all'orizzonte
Secondo i dati ufficiali diffusi dalla Commissione elettorale centrale bielorussa, Lukashenko ha ottenuto un ampio margine di vittoria. Tuttavia, fonti indipendenti e osservatori internazionali continuano a denunciare gravi irregolarità, tra cui brogli elettorali, limitazioni alla libertà di espressione e una pressione costante sugli elettori. Organizzazioni per i diritti umani come Human Rights Watch e Amnesty International hanno evidenziato il clima di intimidazione diffuso durante la campagna elettorale, con arresti preventivi di attivisti e oppositori e la costante repressione del dissenso.
Un'opposizione silenziata
La principale oppositrice di Lukashenko, Svetlana Tikhanovskaya, vive in esilio in Lituania dopo le elezioni del 2020, quando il paese fu scosso da massicce proteste popolari. In quell’occasione, decine di migliaia di persone scesero in strada per contestare i risultati ufficiali e chiedere un cambiamento. La risposta del regime fu immediata: repressione, arresti di massa, e un inasprimento delle misure di sicurezza interne. Da allora, il governo ha intensificato i controlli sulla società civile, vietando le organizzazioni indipendenti e imponendo severe restrizioni sui media.
Negli ultimi anni, il Parlamento ha approvato leggi che limitano ulteriormente la libertà di espressione, rendendo illegale qualsiasi forma di dissenso pubblico. Giornalisti indipendenti sono stati costretti a lasciare il paese, mentre testate storiche come "Tut.by", uno dei pochi media indipendenti rimasti, sono state chiuse con l’accusa di minaccia alla sicurezza nazionale.
Un'economia sotto pressione
Se sul piano politico la situazione appare immobile, sul fronte economico la Bielorussia affronta sfide crescenti. Le sanzioni internazionali imposte da Unione Europea e Stati Uniti, a seguito della repressione del 2020 e del sostegno di Minsk alla guerra in Ucraina, hanno colpito settori chiave dell’economia, tra cui le esportazioni di potassio e il comparto manifatturiero. La Bielorussia, un tempo tra i principali esportatori mondiali di fertilizzanti, ha dovuto riorientare le proprie rotte commerciali verso mercati meno esigenti in termini di rispetto dei diritti umani, come la Cina e alcuni paesi africani.
Il settore industriale, una colonna portante dell'economia bielorussa, ha registrato un calo significativo a causa della difficoltà di accesso ai mercati occidentali e alle nuove restrizioni imposte sulle transazioni finanziarie internazionali. Tuttavia, Lukashenko continua a rassicurare la popolazione, affermando che la Bielorussia è in grado di resistere alle pressioni economiche esterne grazie al sostegno della Russia e a un modello economico fondato sull'autosufficienza.
L'alleanza con la Russia: un rapporto di dipendenza
Il ruolo della Russia nella tenuta del regime bielorusso è sempre più evidente. Dopo le proteste del 2020, Vladimir Putin ha fornito un sostegno decisivo a Lukashenko, garantendo aiuti economici, forniture energetiche agevolate e un appoggio politico incondizionato. La Bielorussia ha risposto offrendo il proprio territorio per le operazioni militari russe contro l'Ucraina, diventando di fatto un avamposto strategico di Mosca in Europa orientale.
Le esercitazioni militari congiunte tra Minsk e Mosca sono ormai una costante, e negli ultimi mesi è aumentata la presenza di truppe russe sul territorio bielorusso. Questo rafforzamento dell'asse tra i due paesi ha sollevato preoccupazioni in Occidente, soprattutto nei paesi confinanti come Polonia e Lituania, che vedono la Bielorussia come una minaccia alla sicurezza regionale.
La vita quotidiana dei bielorussi: tra rassegnazione e resistenza silenziosa
Nonostante la dura repressione, una parte della popolazione continua a opporsi al regime, seppur in modo meno visibile rispetto al passato. Movimenti clandestini di opposizione operano all’interno del paese, spesso sfruttando i social media per diffondere informazioni alternative alla propaganda ufficiale. Tuttavia, la paura delle ritorsioni è alta, e molte famiglie scelgono la via della rassegnazione, cercando di sopravvivere in un contesto economico sempre più difficile.
L’aumento del costo della vita, la carenza di beni di consumo occidentali e le limitazioni imposte sui viaggi all’estero stanno incidendo profondamente sul morale della popolazione. Molti giovani, privati di opportunità, vedono l'emigrazione come l’unica via d’uscita, mentre le generazioni più anziane rimangono legate alla figura di Lukashenko, considerandolo un baluardo di stabilità in un’epoca di grandi cambiamenti geopolitici.
Le prospettive future
Nel breve termine, non si intravedono segnali di cambiamento. Lukashenko, forte del sostegno russo e del controllo capillare del paese, continuerà a governare senza reali opposizioni. Tuttavia, la crescente dipendenza da Mosca e le difficoltà economiche potrebbero rappresentare un rischio per la stabilità del regime nel lungo periodo.
L’Europa, dal canto suo, mantiene alta l’attenzione sulla situazione bielorussa, ma le sanzioni finora adottate non hanno prodotto effetti tangibili sul governo di Minsk. La comunità internazionale si trova di fronte a un dilemma: proseguire con la pressione economica o tentare nuove strade di dialogo per favorire un cambiamento graduale.
Nel frattempo, la Bielorussia resta un paese sospeso tra passato e futuro, con un popolo diviso tra la speranza di un cambiamento e la dura realtà di un sistema che non lascia spazio a alternative.