Trump propone il trasferimento dei palestinesi da Gaza: Egitto e Giordania contrari

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 

Nel fine settimana, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha avanzato una proposta che ha suscitato sorpresa e polemiche a livello internazionale: il trasferimento della maggior parte della popolazione palestinese della Striscia di Gaza nei paesi arabi limitrofi, in particolare in Egitto e Giordania. Secondo fonti vicine all’amministrazione americana, Trump avrebbe discusso l’idea con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi e con il re di Giordania Abdallah II, cercando di ottenere il loro sostegno per un piano che prevede la ricollocazione dei palestinesi in aree ritenute più sicure.

Trump propone il trasferimento dei palestinesi da Gaza: Egitto e Giordania contrari

L’annuncio ha immediatamente ottenuto il plauso di esponenti dell’estrema destra israeliana, tra cui il ministro dell’economia Bezalel Smotrich e l’ex ministro della sicurezza Itamar Ben Gvir, che da tempo sostengono l’espulsione della popolazione palestinese da Gaza. I due politici israeliani hanno più volte dichiarato la necessità di “riprendersi” la Striscia e favorire la ricolonizzazione dell’area, vedendo nella proposta americana una possibile realizzazione delle loro ambizioni.

Un’idea che riapre ferite storiche

L’ipotesi di un trasferimento forzato ha scatenato forti reazioni nel mondo arabo e tra le autorità palestinesi, che hanno respinto fermamente il piano, definendolo una violazione del diritto internazionale e un tentativo di pulizia etnica. La proposta di Trump riporta infatti alla memoria la Nakba del 1948, quando centinaia di migliaia di palestinesi furono costretti a lasciare le loro case durante la guerra arabo-israeliana che seguì la nascita dello Stato di Israele.

Attualmente, circa due terzi dei 2,4 milioni di abitanti di Gaza sono discendenti diretti dei profughi del 1948. La loro espulsione forzata rappresenterebbe, secondo i leader palestinesi, un’ulteriore perpetuazione di un trauma storico che ha segnato generazioni e che alimenta il conflitto da decenni.

Le posizioni di Egitto e Giordania

L’Egitto e la Giordania hanno espresso forte contrarietà all’idea di accogliere un numero così elevato di rifugiati palestinesi, temendo conseguenze economiche e sociali difficili da gestire. Il Cairo, che già ospita una vasta comunità palestinese e lotta con una crisi economica interna, ha ribadito la necessità di una soluzione politica duratura piuttosto che di misure emergenziali. Anche la Giordania, che conta una considerevole popolazione di origine palestinese, teme che un ulteriore afflusso di rifugiati possa destabilizzare il fragile equilibrio interno del paese.

Secondo analisti regionali, la proposta statunitense rischia di compromettere le relazioni tra Washington e i suoi alleati arabi, che hanno sempre ribadito la necessità di una soluzione basata sulla creazione di uno Stato palestinese indipendente nei confini pre-1967.

Rischi per il cessate il fuoco

La proposta di Trump arriva in un momento particolarmente delicato per la regione, con il recente cessate il fuoco tra Israele e Hamas che ha permesso la liberazione di alcuni ostaggi israeliani detenuti da oltre un anno nella Striscia di Gaza. Tuttavia, l'accordo è fragile, con le due parti che si accusano reciprocamente di violazioni dei termini concordati.

L’eventualità di un trasferimento forzato rischia di minare i progressi diplomatici compiuti finora e di far naufragare i negoziati in corso per una seconda fase dell'accordo. Hamas ha già dichiarato che qualsiasi tentativo di espulsione della popolazione sarà considerato una dichiarazione di guerra e ha promesso di resistere con ogni mezzo disponibile.

Reazioni internazionali

L’Unione Europea ha espresso preoccupazione per le dichiarazioni di Trump, sottolineando la necessità di un approccio che rispetti il diritto internazionale e garantisca la dignità della popolazione palestinese. Bruxelles ha ribadito il proprio sostegno alla soluzione dei due Stati come unico percorso per una pace duratura nella regione.

Anche le Nazioni Unite hanno rilasciato una dichiarazione in cui si evidenzia che qualsiasi spostamento forzato della popolazione civile violerebbe la Convenzione di Ginevra e costituirebbe un crimine di guerra, chiedendo agli Stati Uniti di chiarire le proprie intenzioni e di rispettare gli obblighi internazionali.

Le prospettive future

Mentre la proposta continua a far discutere a livello globale, molti analisti ritengono che si tratti di una mossa politica da parte di Trump per rafforzare la propria posizione tra gli elettori americani più vicini alle posizioni pro-Israele, in vista delle prossime elezioni presidenziali. Tuttavia, l’idea di un’espulsione di massa rischia di tradursi in un boomerang diplomatico, alienando gli alleati arabi e complicando ulteriormente la posizione di Washington nella regione.

L’evoluzione della situazione dipenderà dalla risposta della comunità internazionale e dalla capacità delle parti coinvolte di mantenere aperti i canali diplomatici per evitare un ulteriore deterioramento della crisi in Medio Oriente.

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