Carestie, clima e guerre: il cibo torna a essere una risorsa incerta
- di: Barbara Leone
La paura di una carestia globale, alimentata dalla proliferazione dei conflitti internazionali e dagli effetti sempre più evidenti dei cambiamenti climatici, torna a farsi spazio tra le preoccupazioni degli italiani. Oltre sei italiani su dieci temono una drastica riduzione della disponibilità di cibo, una risorsa che, nell’immaginario collettivo, torna a essere percepita come fragile e potenzialmente scarsa, anche in società tradizionalmente segnate dall’abbondanza alimentare. È quanto emerge dal rapporto Coldiretti/Censis, presentato oggi a Roma, nella cornice di Villa Miani, durante la prima giornata del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato in collaborazione con The European House – Ambrosetti. L’appuntamento, che si concluderà domani, mette al centro il tema dell’autosufficienza alimentare come pilastro per affrontare le emergenze globali.
Carestie, clima e guerre: il cibo torna a essere una risorsa incerta
Il cibo, oggi, non è più solo un bene di consumo, ma un elemento strategico, simbolo di sicurezza e autonomia. Lo dimostra il fatto che il 76% degli italiani ritiene urgente aumentare la disponibilità di terreni agricoli destinati alla produzione alimentare per garantire una maggiore autosufficienza rispetto ai rischi di guerre e carestie. Una necessità che si lega strettamente alle richieste avanzate da Coldiretti per incrementare il bilancio agricolo della PAC, la Politica Agricola Comune dell’Unione Europea, destinata a sostenere gli agricoltori di fronte a una situazione sempre più critica. I costi di produzione agricola sono in continua ascesa, complici le tensioni geopolitiche e le catastrofi climatiche, con gravi ripercussioni sui redditi degli agricoltori e, di conseguenza, sulla capacità produttiva.
Questa dinamica, secondo il rapporto Coldiretti/Censis, rischia di tradursi in una diminuzione della disponibilità di cibo, con effetti particolarmente gravi sulle fasce più vulnerabili della popolazione. Attualmente, il bilancio della PAC prevede un investimento complessivo di 386 miliardi di euro fino al 2027, di cui 35 miliardi destinati all’Italia. Tuttavia, questo supporto appare insufficiente se paragonato al Farm Bill statunitense, che stanzia ben 1.400 miliardi di dollari in dieci anni. Una differenza di proporzioni tali da rappresentare, secondo Coldiretti, un vero e proprio handicap per gli agricoltori europei, che l’Unione Europea deve colmare per garantire una reale sovranità alimentare.
La necessità di rafforzare la produzione alimentare si scontra con la crescente pressione di competitor globali come Cina e Stati Uniti. La Cina, ad esempio, produce il 70% in più dell’intera produzione agricola dell’Unione Europea. A complicare ulteriormente il quadro, l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha portato all’adozione di nuove misure fiscali e incentivi mirati a potenziare la produzione agricola americana e la sua presenza sui mercati internazionali, rafforzando un settore già ampiamente sostenuto da politiche nazionali di largo respiro. Ma la questione non è solo economica: sostenere l’agricoltura significa anche investire nella tutela dell’ambiente e del territorio. Coldiretti sottolinea come la falsa narrazione emersa durante il mandato della precedente Commissione Europea, che contrapponeva la transizione ecologica agli agricoltori, debba essere superata. Gli agricoltori, infatti, sono i primi difensori della natura e del territorio, come confermato dal 72% degli italiani intervistati nel rapporto Coldiretti/Censis.
Il ruolo dell’agricoltura va ben oltre la semplice produzione di cibo: essa rappresenta una garanzia contro il dissesto idrogeologico e un presidio fondamentale per la salvaguardia del territorio. È un settore che non solo assicura risorse vitali, ma contribuisce a preservare l’equilibrio ambientale, soprattutto in un momento storico in cui il cambiamento climatico e l’instabilità geopolitica pongono sfide senza precedenti. Secondo Coldiretti, è essenziale quindi destinare i fondi agricoli europei solo ai veri agricoltori, evitando sprechi e garantendo che le risorse raggiungano chi realmente si occupa della produzione alimentare. Solo così sarà possibile mantenere un settore agricolo forte e capace di fronteggiare le sfide del futuro.