Donazione organi, crescono i “no” al momento del rinnovo della carta d’identità: quasi 4 italiani su 10 rifiutano
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

C’è un dato che emerge con forza dal primo trimestre del 2025: il 39,7% dei cittadini italiani che hanno rinnovato la carta d’identità elettronica ha scelto di non donare i propri organi. Sono circa 380mila persone, su un totale di 950mila dichiarazioni. Un numero che segna un incremento del 3,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un dato che impone una riflessione lunga, che non riguarda solo la medicina o l’efficienza delle procedure, ma entra nel cuore della percezione pubblica del corpo, della morte, del rapporto con le istituzioni.
Donazione organi, crescono i “no” al momento del rinnovo della carta d’identità: quasi 4 italiani su 10 rifiutano
Il Centro Nazionale Trapianti, che monitora costantemente l’andamento delle dichiarazioni, ha reso pubblici i numeri pochi giorni fa. Nonostante i “sì” alla donazione restino maggioritari — il 60,3%, pari a 570mila dichiarazioni — la crescita dei rifiuti e il contestuale calo delle astensioni (che si riducono dello 0,6%) raccontano di un cambiamento di atteggiamento. Più persone scelgono di dire no, di esercitare un diritto che è pienamente legittimo, ma che pone interrogativi profondi sulle motivazioni. È diffidenza? Paura? Scarsa informazione? Oppure una forma di protesta silenziosa contro un sistema sanitario vissuto come distante?
Un gesto libero ma condizionato: la firma nel tempo di un clic
La possibilità di esprimere la propria volontà in materia di donazione d’organi al momento del rilascio o del rinnovo della carta d’identità elettronica è diventata ormai uno snodo cruciale. Il cittadino si trova di fronte a una scelta netta, spesso in pochi minuti, in un contesto burocratico. “Vuole donare gli organi dopo la morte?” Una domanda carica di senso, posta in un luogo in cui si parla di scadenze, documenti, timbri. Non sempre c’è il tempo per riflettere davvero. Eppure, la risposta è definitiva. Proprio per questo, alcuni esperti sollevano dubbi sull’opportunità di concentrare in quel momento una decisione tanto complessa.
Territori diseguali, Italia divisa tra culture della donazione
Dietro al dato nazionale si nasconde una geografia profonda. Il tasso di opposizione varia sensibilmente da regione a regione, riflettendo storie, abitudini, retaggi religiosi, livello di informazione. In alcune aree del Sud Italia, la percentuale di rifiuto supera il 50%, mentre in molte regioni del Nord resta sotto il 30%. Le campagne di sensibilizzazione, laddove sono state strutturate e costanti, hanno dato risultati evidenti. Ma restano sacche di resistenza, alimentate spesso da paure ancestrali, sospetti su cosa accada “dopo”, racconti familiari che si trasformano in diffidenza collettiva.
Sanità e fiducia: la donazione come specchio del rapporto con il sistema pubblico
Donare è un atto di fiducia. Verso il sistema sanitario, verso i medici, verso lo Stato. Quando la fiducia si incrina — per scandali, carenze, o semplicemente per un sistema percepito come inefficiente — anche la disponibilità a compiere gesti altruistici si riduce. Lo spiegano i sociologi e lo confermano i numeri. In molti casi, il “no” non è rivolto alla donazione in sé, ma a tutto ciò che la circonda. È un “no” a un mondo percepito come poco trasparente, poco umano, lontano. È anche per questo che i numeri in crescita non vanno letti solo con allarme, ma con attenzione.
Comunicazione pubblica inadeguata e narrazioni assenti
In un tempo in cui tutto si misura in click e velocità, parlare di morte, corpo, solidarietà postuma sembra fuori contesto. La comunicazione pubblica, troppo spesso episodica, non riesce a costruire una narrazione efficace attorno alla donazione. Manca un racconto capace di restituire profondità, concretezza, valore a quel gesto. Le testimonianze dei trapiantati, le storie delle famiglie dei donatori, i volti di chi ha ripreso a vivere: tutto questo esiste, ma non arriva. E senza racconto, la scelta resta isolata, privata, vulnerabile.