Salis: le speranze di un padre, le ragioni dello Stato
- di: Redazione
La vicenda di Ilaria Salis sta assumendo contorni che poco hanno a che fare con la realtà dei fatti, distorcendola a seconda di chi se ne fa, a suo dire, interprete unico.
Che Ilaria stia attraversando un periodo durissimo, che si protrae ben oltre ogni ragionevolezza (che significa mettere a confronto i fatti che le sono contestati, le accuse che su di essi sono state costruite, la spropositata lunghezza della carcerazione preventiva), è cosa di tutta evidenza, ed è giusto e umano che il padre reclami dallo Stato un intervento più incisivo, con le autorità giudiziarie ungheresi, per attenuare le attuali condizioni di detenzione.
Salis: le speranze di un padre, le ragioni dello Stato
È giusto e umano perché nessun padre degno di questa definizione può restare insensibile vedendo che la figlia (accusata di avere partecipato ad una zuffa con due neonazisti, rimasti soltanto contusi) viene portata in un aula di giustizia ammanettata polsi e piedi, tenuta al guinzaglio da una catena alla vita, quasi fosse un animale feroce o un sanguinario criminale.
Chiedere che questo finisca è il minimo che possa fare un padre e Roberto Salis lo ha chiesto anche al guardasigilli, Nordio, e al titolare del ministero degli Esteri, Tajani. Una richiesta alla quale non si può certo restare emotivamente estranei, ma che, purtroppo, è stata rivolta agli interlocutori sbagliati perché la giurisdizione sulla vicenda è soltanto della giustizia dell'Ungheria, che è Paese sovrano e che certo, almeno ufficialmente, non può fare passi indietro rispetto alla normale trafila seguita in fatti come quelli contestati ad Ilaria Salis.
Vogliamo soltanto dire che, a parti invertire, con un cittadino ungherese processato in Italia e sulla base delle nostre leggi e dei nostri codici, una richiesta del Governo di Budapest di un atto di clemenza o soltanto di umanità si troverebbe davanti un cortese ''qui si fa a modo nostro''.
Ecco perché, pur essendo umanamente vicini a Roberto Salis e alla sua battaglia per vedere la figlia fuori da quel carcere in cui, da molti mesi, sconta una carcerazione preventiva assolutamente inaccettabile, non pensiamo che la soluzione possa essere per via ufficiale, cioè non possa passare per un intervento delle nostre autorità, che al massimo possono limitarsi ad una moral suasion, che magari passi per gli ottimi rapporti personali tra Giorgia Meloni e Viktor Orbàn.
Ma nessuna richiesta ufficiale, nessun passo formale, perché non è così che vanno i rapporti tra due Paesi sovrani.
In casi del genere la strada da percorrere è sempre strettissima, ma se l'interlocutore è un paladino dell'autocrazia, come appunto il leader ungherese, qualsiasi mossa potrebbe, al di là delle lodevoli motivazioni, morali e umanitarie, avere effetti inaspettati.
Probabilmente la verità è un'altra, cioè che, nonostante le spiegazioni date a Salis in merito alla possibilità che il governo possa fare qualcosa, la diplomazia sotterranea sta lavorando. Forse non per portare subito Ilaria in Italia, ma almeno per rendere la sua vita degna di essere chiamata tale.