Nell’ultimo week-end, sui giornali e soprattutto nelle televisioni pubbliche e private, ha imperversato Carlo Calenda, il “Churchill dei Parioli”, come lo appella il sito Dagospia. C’è stato infatti il congresso di “Azione”, il partito da lui fondato che, per la cronaca, a malapena ha raggiunto il 3% alle ultime elezioni. La causa di cotanta attenzione è da ascrivere al fatto che la premier, Giorgia Meloni, ha svolto un intervento alla platea congressuale che l’ha accolta con applausi e, finanche, un tentativo di “ola” da stadio. Niente male per un partito e un “leader” all’opposizione di una maggioranza “parafascista”, così più volte definita.
Intendiamoci, sono quasi sempre d’accordo con quello che dice Calenda sia in politica estera che interna. È il modo in cui lo dice che mi lascia perplesso: i giri di parole, le ellissi letterarie, i paradigmi... insomma, sembra quasi che debba sempre dimostrare che lui qualche libro l’ha letto. A differenza del popolo bue che si pasce nell’ignoranza e guarda solo i programmi cretini in tv. E infatti, quello stesso popolo si guarda bene dal votarlo. Cosa che invece fa con trasporto per tutti i demagoghi di sinistra e, soprattutto, quelli di destra. In un impeto di superego, il nostro “Churchill”, alla fine della sua conclusione congressuale, si è addirittura immedesimato nel suo idolo chiamando a raccolta i “volenterosi italiani” per una “Nato Europea”.
Cosa volesse dire è tutto da capire. La Nato, infatti, nasce all’indomani della Seconda guerra mondiale come un’alleanza politico-militare fra i Paesi dell’Europa e dell’America del Nord. Il che vuol dire che, senza questi ultimi e senza Trump, non esiste né la Nato né tantomeno una Nato europea. Ma Calenda è fatto così: le conseguenze logiche non gli appartengono. Inutile dire che, se non fosse andata la Meloni al congresso di Azione, nessuno si sarebbe filato di pezza Calenda e i suoi ragionamenti contorti.
La morale di queste righe è che, se vuoi che si parli di qualunque cosa in Italia, devi invitare la Meloni. Il circo mediatico è infatti alle sue calcagna: dove ella va, loro vanno con microfoni, telecamere, taccuini... Solo che lei non li vede neanche, i giornalisti o presunti tali. Lei si fa riprendere dal suo staff, dice quello che vuole senza contraddittorio, e poi manda il video sui social, dai quali viene ripreso e mandato in onda sulle reti televisive. Più o meno quello che fa Trump, ovviamente in sedicesimo.
Si potrebbe definire autocrazia televisiva. E il povero Calenda, senza la Meloni, non avrebbe neanche un “like” per sbaglio. That’s all folks.