Cent’anni di Pasolini, a Roma “Tutto è santo” - Un progetto espositivo in tre sedi ricorda l’intellettuale a un secolo dalla nascita

- di: Samantha De Martin
 

Al mattino appuntamento con Elsa Morante, a cena incontro con Oriana Fallaci, i viaggi, la vita sul set, e poi le partite di calcio, annotate sull’agenda di suo pugno per non perdere nemmeno un incontro con quella passione che lo travolgeva forse al pari della stessa scrittura.

È vivo Pier Paolo Pasolini tra le pagine del suo taccuino esposto al MAXXI e nel triplice omaggio che Roma, la sua seconda città, regno e gloria di Sodoma, raggiunta all’alba del 28 gennaio 1950 assieme alla madre Susanna dopo una fuga precipitosa da Casarsa, dedica, a cento anni dalla nascita, allo scrittore nato a Bologna.

Cent’anni di Pasolini, a Roma “Tutto è santo” 

Un grande progetto espositivo coordinato e condiviso nelle rispettive sedi museali, dal titolo Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo, unisce il MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, l’Azienda Speciale Palaexpo di Roma e le Gallerie Nazionali di Arte Antica nel ricordo dello scrittore, regista, sceneggiatore, attore e drammaturgo.

“Tutto è santo…Non c’è niente di naturale nella natura, ragazzo mio, tientelo bene a mente. Quando la natura ti sembrerà naturale, tutto sarà finito, e comincerà qualcos’altro”.

A guidare la scelta del titolo è questa frase pronunciata dal saggio Chirone nel film Medea (1969), a evocare la misteriosa sacralità di un sottoproletariato arcaico e religioso, in contrasto con gli eroi di un mondo razionale, laico e borghese.

Ciascun museo romano ha scelto di declinare questo tema approfondendolo secondo percorsi diversi. Così il “corpo poetico” è protagonista al Palaexpo, dove una mostra trae linfa dall’assunto che mai un poeta, uno scrittore, un intellettuale, è stato così tanto corpo e incarnazione della parola. Mentre al Palazzo delle Esposizioni il volto di Pasolini, nelle sue pieghe ed espressioni, si fa incarnazione della poesia, il “corpo veggente” si aggira tra le sale di Palazzo Barberini, dove il suo immaginario visivo si nutre dell’arcaismo ieratico dei pittori giotteschi, fa suo il realismo sovversivo di Caravaggio, incrocia il tema del sacro, i Primitivi, il Barocco.

Il corpo politico, con un affondo sull’anno 1975, illumina gli spazi del MAXXI, dove l’arte contemporanea attualizza l’impegno politico di Pasolini, profeta al quale molte generazioni hanno guardato per tracciare le linee guida della loro ricerca.

Il “corpo politico” si svela al MAXXI

Fino al 12 marzo 2023, un dialogo serrato a cura di Hou Hanru, Bartolomeo Pietromarchi e Giulia Ferracci unisce idealmente le opere di 19 artisti. Alcuni come Mino Maccari, Fabio Mauri, Giulio Paolini, Pino Pascali sono contemporanei di Pasolini, altri come Elisabetta Benassi, Marzia Migliora, Sammy Baloji, Claire Fontaine, Francesco Vezzoli sono le punte di diamante di una generazione più recente per la quale Pasolini segna ancora un imprescindibile riferimento.

Tra gli oltre 200 documenti parte del percorso Pier Paolo Pasolini, Tutto è santo. Il corpo politico, il pubblico “sfoglia” articoli e dattiloscritti originali, interviste audio e video, l’agenda personale del regista, i ritratti di Dino Pedriali che registrano l’ultimo periodo di attività dello scrittore.

Guidato dalla voce della cugina di Pasolini, la filologa Graziella Chiarcossi, il visitatore incrocia l’Alfa Romeo GT veloce con la quale Elisabetta Benassi evoca il veicolo guidato dallo scrittore la notte in cui fu ucciso, tra il 1° e il 2 novembre del 1975. Abbagliato dalla luce dei fari spiegati il pubblico viene agganciato in un cortocircuito spazio-temporale che invita a lasciarsi avvolgere dal pensiero del regista, acceso a illuminare il futuro.

Un senso di tensione avvinghia gli ospiti del MAXXI, messi in guardia dalla frase, che diventa installazione nell’opera di Claire Fontaine, They Hate Us for Our Freedom, pronunciata da George W. Bush dopo l’attentato alle Torri Gemelle e scritta sul muro attraverso centinaia di fiammiferi pronti a prendere fuoco. Nell’installazione Pier Paolo Pasolini 2009 Marzia Migliora utilizza invece lettere d’acciaio per ricomporre la frase pronunciata dal regista nella sua ultima intervista a Furio Colombo, il 1° novembre 1975, che oggi risuona come un monito: “Forse sono io che mi sbaglio. Ma io continuo a dire che siamo tutti in pericolo”.

Pasolini e “Il corpo veggente” a Palazzo Barberini

A Palazzo Barberini la mostra Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo - Il corpo veggente, a cura di Michele Di Monte, in corso fino al 12 febbraio, si declina attraverso il ruolo determinante che la tradizione artistica ha avuto nel cinema e nell’immaginario visivo di Pasolini.

In questa sorta di “montaggio” visuale, che intreccia dipinti, sculture, libri, fotografie, per un totale di 140 pezzi, il pubblico gusta il potere di sopravvivenza delle immagini, trasfigurate dall’obiettivo poetico del loro autore.

Se nella “potenza rivelatrice del corpo nudo” si ritrova la pittura dei manieristi fiorentini, di Pontormo, Caravaggio, Il corpo dello scandalo guida l’attenzione sul motivo della croce, ricorrente nella produzione del regista come una figura totemica, dall’omaggio esplicito de La ricotta fino all’immaginario esotico de Il fiore delle Mille e una notte.

Ed eccola la croce ad accomunare opere come le Scene della Passione di Giovanni Baronzio, la Pietà e santi di Maarten van Heemskerck, il Cristo Crocifisso tra due ladroni di Giovan Battista Piazzetta.

Anche se a stupire il pubblico sono accostamenti sorprendenti come quello tra i buffi Mangiatori di ricotta di Vincenzo Campi e alcune sequenze del film di Pasolini, La Ricotta, dove la dimensione della “corporeità popolare” si declina in tutte le sue provocatorie implicazioni.

A Palazzo delle Esposizioni va in scena “Il corpo poetico”

Lo sguardo complesso e stratificato dell’intellettuale Pasolini ritorna a Palazzo delle Esposizioni sede, fino al 26 febbraio 2023, della mostra Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo. Il corpo poetico.

Nel percorso curato da Giuseppe Garrera, Cesare Pietroiusti, Clara Tosi Pamphili e Olivier Saillard il pubblico ritrova il regista “al di là del confine della città, oltre i capolinea”, tra le borgate e la periferia più affamata, o impegnato in qualche riunione con gli amici Bertolucci, Bassani, Gadda, Moravia, Citati.

Fotografie, giornali dell’epoca, filmati, dischi restituiscono il miracolo della diversità dei volti e di un pensare anarchico, la sacralità del femminile, di un Sud visto come orizzonte di alterità e salvezza. L’amore o lo struggimento per i dialetti e le parlate, per la progressiva scomparsa delle voci e dei canti del popolo, causata dall’omologazione televisiva, emergono tra gli oltre 700 pezzi che tessono un inedito ritratto dell’intellettuale.

Una delle sezioni forse più “materiche” della mostra, co-curata da Olivier Saillard, abbraccia i costumi dei film di Pasolini, realizzati da Danilo Donati, che il pubblico osserva come fossero ancora adagiati sui corpi degli attori o nella sartoria Farani, dalla tunica per ancella dell’Edipo Re ai costumi de Il Vangelo secondo Matteo.

Nei tre dialoghi ideali con l’artista che ha tradotto in poesia la solitudine delle borgate, l’intellettuale diventa un filo teso tra passato e futuro a insegnarci come la libertà è una conquista possibile solo attraverso la lotta.

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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