A volte non servono parole. Il corpo stesso può farsi messaggio, testimone di un insegnamento profondo. È quanto sta accadendo con Papa Francesco, secondo Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, che lo definisce “un maestro straordinario della fragilità umana”. In un periodo in cui il Pontefice è costretto a limitare le sue apparizioni pubbliche per ragioni di salute, la sua stessa condizione diventa una lezione potente per il mondo.
Il Papa e la lezione della fragilità secondo Monsignor Paglia
“Il Papa è uno come tutti i credenti”, ha dichiarato Monsignor Paglia durante la presentazione dell’Assemblea generale dell’Accademia. “Anche quando non si può guarire, si deve sempre curare. E oggi Francesco sta esercitando un magistero sulla fragilità di una potenza straordinaria: non con i discorsi, ma con il corpo. Ci ricorda che siamo tutti fragili e che dobbiamo prenderci cura gli uni degli altri”.
Un monito che riguarda tutti
L’insegnamento del Papa, però, non si ferma alla sua persona. Monsignor Paglia sottolinea che ciò che oggi si fa per Francesco – la vicinanza, l’attenzione, le preghiere – dovrebbe essere esteso a tutti coloro che vivono nella solitudine e nella sofferenza.
“Dovremmo imparare a prenderci cura di tutti gli anziani, i soli, gli abbandonati. Il grande messaggio che il Papa ci sta consegnando è che nessuno deve essere lasciato indietro. E, paradossalmente, lo sta facendo con ancora più chiarezza proprio ora, nel momento in cui la sua voce si è fatta più rara, più attesa”, ha spiegato Monsignor Paglia.
Un richiamo che si inserisce nella lunga battaglia di Francesco contro la “cultura dello scarto”, che colpisce soprattutto i più deboli. Già nel 2017, il Papa si era espresso chiaramente contro l’accanimento terapeutico in un incontro con la World Medical Association, sottolineando l’importanza di accompagnare la malattia con dignità, senza forzature, ma anche senza abbandoni. “Curare sempre, guarire quando possibile. Ma soprattutto esserci”, ribadisce oggi Monsignor Paglia, riprendendo un principio cardine della pastorale di Francesco.
Lo scandalo della guerra e la fragilità dell’uomo
Ma la riflessione sulla fragilità non si limita alla dimensione individuale. Per Monsignor Paglia, questa consapevolezza dovrebbe aprire gli occhi anche sulle tragedie collettive, prima fra tutte la guerra.
“La guerra è lo scandalo più grande di tutti, perché si basa sulla pretesa di rafforzarsi annientando l’altro. Ma è una bugia”, afferma con forza. “Le guerre non arricchiscono, non rafforzano, non costruiscono nulla. Lasciano il mondo sempre peggiore di come l’hanno trovato, e questo dovremmo capirlo una volta per tutte”.
Papa Francesco lo dice da anni, e lo ha ribadito più volte nei suoi interventi più recenti: l’idea di una “pace giusta” è una contraddizione in termini. “Una pace giusta significherebbe poter restituire i morti ai loro cari. Ma questo è impossibile. Ecco perché il Papa chiede con forza l’abolizione della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti”, sottolinea Monsignor Paglia.
Il problema, però, è che le parole del Pontefice spesso restano inascoltate. “Dovremmo scandalizzarci di più di fronte alla guerra. E invece sembra quasi che ci siamo abituati, che la consideriamo inevitabile. Ma non lo è. Il dialogo e l’incontro sono sempre possibili, e sono l’unica strada per la pace vera”.
La mancanza di una voce universale
C’è anche un altro aspetto che preoccupa Monsignor Paglia: il silenzio. Il Papa, per ragioni di salute, ha dovuto ridurre le sue apparizioni pubbliche, e la sua assenza si fa sentire.
“La sua voce manca tantissimo”, ammette il monsignore. “Ecco perché facciamo bene a pregare, perché torni presto. Non è solo una questione religiosa: oggi abbiamo bisogno di uomini come lui, di figure universali, che non parlino solo a una parte del mondo, ma a tutti. E purtroppo, di queste figure ce ne sono sempre meno”.
In un’epoca segnata da conflitti, divisioni e populismi, la figura di Francesco rappresenta un punto di riferimento raro. La sua capacità di parlare a credenti e non credenti, di attraversare le barriere ideologiche e culturali, di denunciare le ingiustizie senza cadere nella partigianeria, lo rende un leader morale globale.
“Mi auguro solo che torni presto a far sentire la sua voce pubblicamente”, conclude Monsignor Paglia. “Perché oggi più che mai il mondo ha bisogno di ascoltare chi può indicare una via di speranza”.