Imprese, "Country Risk Map": Italia peggio di Messico, Bulgaria e Botswana, lontana dai paesi G7

- di: Daniele Minuti
 
È tutt'altro che positivo il quadro sull'Italia dipinto dalla "Country Risk Map" elaborata da Aswath Damodaran, professore di Finanza della Stern School of Business della New York University, e razionalizzata da Visual Capitalist: col 3,3% di “coefficiente di rischio”, il nostro Paese è infatti ben lontana dalle maggiori economia europee e dai paesi del G7.

Imprese, "Country Risk Map": Italia lontana dai paesi G7

La penisola rientra ancora in una soglia limite di esposizione per gli investitori (su una scala 0-25%) ma è comunque indietro. Il report valuta le economie mondiale in base a tre diversi fattori di rischio, calcolando l'indice definitivo grazie alla somma dei tre valori: “Political Risk” (tipo di regime, livello di stabilità e corruzione del Governo), “Legal Risk” (tutela e applicazione dei diritti patrimoniali e contrattuali), “Economic Structure” (livello di diversificazione dell’economia) e “Default Risk” (livello e capacità di ripagare il debito pubblico).

In cima troviamo
 USA, Svizzera, Paesi Bassi, Germania, Canada, Australia e Danimarca che possono fregiarsi del rischio 0,0% (conseguente a indicatori come i titoli di Stato con rating AAA, la bassa corruzione e la forte tutela dei diritti di proprietà), seguiti dalle economie di Austria (0,6%), Francia (0,8%), Regno Unito, Irlanda e Belgio (0,9%) di poco sopra a Giappone (1,1%) e Spagna (2,4%).

 

Giovanna Voltolina, mid-cap investor internazionale (nella foto), ha spiegato: Per trovare l’Italia bisogna scorrere la classifica fino alla parte bassa ed oltre il coefficiente di rischio 3,3% dove a fare compagnia al Belpaese vi sono economie come Mauritius, Montserrat (Piccole Antille), Romania e India. Fanno meglio Botswana (1,8%), Bulgaria (2,4%) e Messico (2,9%). Una posizione che dovrebbe davvero far riflettere i governanti italiani, laddove racconta di un economia appesantita e significativamente gravata da fattori che invece dovrebbero essere i primi facilitatori e alleati dello sviluppo delle aziende e oltretutto è una condizione che scoraggia e tiene lontani gli investitori internazionali, che ben volentieri investirebbero tanti capitali sulle nostre Pmi e sul nostro made in Italy ma che, classifica o meno, già autonomamente percepiscono il rischio di riversare capitali, e sarebbero tantissimi – sottolinea Voltolina – per lo sviluppo di aziende italiane. Ma purtroppo all’estero siamo famosi per un sistema giuridico complesso e troppo ‘interpretabile’, un sistema giudiziario che rimane uno dei più lenti in Europanonché quello con una burocrazia e delle politiche economiche, nazionali e regionali, stravolte ad ogni cambio di Governo”.

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