Aumento minimo e pausa strategica nel primo trimestre del nuovo anno. Prezzi in bilico tra timori di eccesso d’offerta, domanda asiatica incerta e nuove sanzioni sul greggio russo.
Cosa cambia da dicembre
Gli otto Paesi protagonisti del coordinamento Opec+ hanno dato il via a un incremento di 137 mila barili al giorno a partire da dicembre. Una mossa misurata, che segue due step di pari entità nelle scorse settimane, e che viene accompagnata da un messaggio di prudenza: “continueremo a monitorare attentamente le condizioni di mercato adottando un approccio cauto”, affermano i delegati.
Perché la pausa nel primo trimestre
Dopo l’intervento di dicembre, il gruppo ha segnalato lo stop agli aumenti a gennaio, febbraio e marzo 2026. Motivazione ufficiale: stagionalità della domanda e necessità di non alimentare un possibile surplus. In controluce c’è la volontà di preservare la stabilità dei prezzi mentre si valuta l’effetto delle sanzioni occidentali sul greggio russo e il passo della ripresa in Asia.
Prezzi: il mercato fiuta l’eccesso
La settimana si è chiusa con segnali misti ma ancora su livelli compressi: il WTI è rimasto attorno all’area dei 61 dollari al barile e il Brent poco sotto i 65 dollari. Il rimbalzo dei giorni scorsi non cancella il quadro di fondo: volatilità elevata e sensibilità alle attese di offerta. Con la pausa dei rialzi nel 1° trimestre 2026, Opec+ ha voluto disinnescare il timore di una corsa all’aumento delle estrazioni.
La variabile Russia e le sanzioni
Le nuove misure su alcune grandi compagnie russe rendono più complesso l’equilibrio del cartello allargato. La rete di esportazioni alternative costruita da Mosca ha finora attenuato l’impatto, ma gli effetti sui flussi e sui differenziali di prezzo potrebbero emergere nelle prossime settimane. Per Opec+ si tratta di una variabile cruciale: calibrare la produzione senza innescare uno scivolone dei prezzi.
Domanda cinese sotto osservazione
La traiettoria della Cina resta l’altro ago della bilancia. Tra industria in riassestamento e consumi altalenanti, il mercato guarda ai prossimi indicatori per capire se i volumi aggiuntivi verranno assorbiti senza pressioni ribassiste. Finché il quadro non si chiarisce, l’approccio graduale appare la scelta più logica.
Gli equilibri tra Riad e Washington
Nel frattempo, la diplomazia energetica si muove. L’attenzione è puntata sul dialogo tra Arabia Saudita e Stati Uniti, con incontri ad alto livello all’orizzonte. Sul tavolo c’è il nodo prezzi dei carburanti, ma anche la cornice di sicurezza regionale e gli investimenti nel downstream.
Le prospettive per il 2026
Tra gli operatori domina una parola: prudenza. L’industria petrolifera internazionale segnala il rischio che una offerta robusta mantenga i prezzi sotto pressione anche nel 2026, soprattutto se non si materializzerà un’accelerazione della domanda. La prossima tappa formale è già fissata: 30 novembre, quando i Paesi torneranno a confrontarsi sul sentiero di produzione.