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USA pronti al caos mondiale usano la politica della paura: “Se reagite, dazi ancora più alti”

- di: Matteo Borrelli
 
USA pronti al caos mondiale usano la politica della paura: “Se reagite, dazi ancora più alti”
Con la minaccia di una rappresaglia commerciale globale il presidente americano inaugura una stagione di instabilità economica e diplomatica fondata sulla paura.
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“Se altri paesi risponderanno con dazi, aumenteremo ancora le nostre tariffe. Di molto”. Con queste parole, pronunciate alla Casa Bianca durante l’annuncio del cosiddetto Liberation Day, Donald Trump ha lanciato una minaccia esplicita al resto del mondo. Nessun margine di negoziazione, nessun accenno a un ordine multilaterale: solo un avvertimento secco, da guerra commerciale totale. L’America, sotto il suo secondo mandato, si riserva il diritto di colpire più forte chiunque provi a difendersi.

Una politica dell’intimidazione
La logica è brutale: se alzo i dazi e tu reagisci, io rilancio. È il principio della punizione esponenziale, che cancella ogni residuo di cooperazione internazionale e trasforma il commercio globale in una partita di ritorsioni. Non è diplomazia, è ricatto. Una forma di deterrenza economica che ricorda più la dottrina nucleare della Guerra Fredda che un confronto tra partner commerciali.
Secondo l’economista Paul Krugman, si tratta di una “strategia del caos controllato: Trump non cerca un equilibrio, ma uno shock. Vuole disorientare, creare panico, e poi sedersi al tavolo da solo, dettando le condizioni”.

La trappola del “gioco a somma negativa”
Questa minaccia di escalation automatica – dazi contro dazi – ha una conseguenza inevitabile: il collasso della fiducia nei meccanismi del libero scambio. L’Organizzazione Mondiale del Commercio diventa irrilevante. Gli accordi plurilaterali sono superati dalla legge del più forte. E in questo contesto, ogni contromossa europea o cinese, anche moderata, rischia di diventare il pretesto per una nuova impennata delle tariffe americane.
Il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire, ha commentato: “Trump non sta difendendo l’industria americana. Sta armando l’economia per dividere il mondo e affamare gli altri”. Toni duri, ma proporzionati alla minaccia.

Il mondo sull’orlo del baratro
Gli industriali tedeschi parlano apertamente di “rischio recessione sincronizzata”. Il Giappone teme il crollo delle esportazioni automobilistiche. E la Cina, che già subisce dazi del 54% (il 34% annunciato più il 20% già in essere), studia contromisure sui semiconduttori e le terre rare. È l’avvio di una nuova “guerra commerciale globale permanente”, secondo l’analista Michael Pillsbury, ex consigliere del Pentagono.

La paura come dottrina
Trump ha trasformato il commercio in una leva geopolitica di tipo punitivo. Non mira alla crescita, ma al dominio. Non cerca alleati, ma soggezione. Ogni reazione è usata per giustificare una nuova offensiva. È la logica della guerra preventiva commerciale, in cui la controparte viene accusata in anticipo di ostilità.
“Stiamo entrando in un’epoca dove l’interdipendenza è vista come una debolezza, non più una forza”, ha scritto The Economist. E nel vuoto lasciato dagli Stati Uniti, altri – dalla Cina all’India – si preparano a occupare il campo.
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Cancellata la diplomazia, ora gli Usa fanno il ricatto sistemico
Con la minaccia di alzare ancora i dazi in risposta a qualsiasi reazione, Trump cancella la diplomazia economica per sostituirla con il ricatto sistemico. L’America si chiude e pretende che gli altri subiscano. Ma il mondo, di fronte a questa logica distruttiva, rischia davvero di sprofondare in una spirale di contrazione, sfiducia e impoverimento globale.

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