Il rapporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), pubblicato in occasione della Giornata Mondiale degli Antibiotici che come ogni anno si celebra 18 novembre, offre un quadro allarmante sull’antibioticoresistenza (AMR) in Italia. Un problema che, senza interventi concreti, rischia di diventare la principale causa di morte nel nostro Paese entro il 2050, superando persino i tumori. Secondo i dati, il consumo di antibiotici in Italia è aumentato del 6,4% nel 2023 rispetto al 2022. In Europa si contano annualmente 670mila infezioni causate da batteri resistenti, che provocano circa 33mila decessi. Un terzo di questi avviene in Italia, dove l’uso massiccio e spesso inappropriato di antibiotici sta alimentando un circolo vizioso di resistenze batteriche. Nel biennio 2022-2023, 430mila pazienti ricoverati in Italia hanno contratto un’infezione ospedaliera, pari all’8,2% dei degenti, un dato ben al di sopra della media europea del 6,5%. Inoltre, quasi il 45% dei pazienti ospedalizzati in Italia riceve antibiotici, contro una media europea del 33,7%. Le conseguenze sono pesanti non solo per la salute pubblica, ma anche per le finanze del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), con un costo annuale stimato di 2,4 miliardi di euro.
Allarme AIFA: "Antibioticoresistenza costo enorme per la sanità (2,4 miliardi l’anno)"
Tra i batteri più problematici, il rapporto AIFA cita la Klebsiella, responsabile di infezioni urinarie con una mortalità del 50%, il Pseudomonas, che provoca infezioni osteoarticolari con mortalità al 70%, e il Clostridium difficile, il cui impatto intestinale porta a un tasso di mortalità del 30%. Questi batteri contribuiscono a occupare 2,7 milioni di posti letto ogni anno in Italia. Secondo la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT), è possibile ridurre del 30% l’incidenza di queste infezioni migliorando le pratiche di prevenzione negli ospedali. Si stima che, con maggiori accorgimenti igienici, tra le 135mila e le 210mila infezioni potrebbero essere evitate ogni anno. Tuttavia, carenze strutturali, come sistemi di aerazione obsoleti e metodi di sanificazione inadeguati, aggravano il problema. Per il presidente di AIFA, Nicola Magrini, «l’epidemia silente delle infezioni batterico-resistenti è una delle sfide più critiche per la sanità moderna». Magrini sottolinea la necessità di strategie mirate, sia per stimolare la ricerca di nuovi antibiotici, sia per semplificarne i processi di approvazione. Il rapporto dell’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) evidenzia inoltre che «dopo le riduzioni temporanee dell’AMR totale nei primi anni della pandemia, i tassi sono tornati leggermente sopra i livelli pre-2019». Questa situazione richiede un impegno urgente, con una riduzione media annua del consumo di antibiotici più ambiziosa rispetto al passato.
L’ECDC ha fissato alcuni obiettivi chiave per contrastare l’antibioticoresistenza in Italia: ridurre del 18% il consumo complessivo di antibiotici a uso umano; aumentare al 65% il consumo di antibiotici del gruppo "Access", più sicuri e a minore impatto sulle resistenze e che, rappresentano solo il 50,8% del totale in Italia; diminuire l’incidenza di infezioni da stafilococco aureo resistente alla meticillina (-18%) e da Escherichia coli resistente alle cefalosporine di terza generazione (-12%); ridurre del 5% le infezioni da Klebsiella resistente ai carbapenemi, che invece in Italia sono aumentate del 10,2% dal 2019.
Nonostante l’aumento di consapevolezza, l’uso degli antibiotici in Italia continua a crescere. Nel 2023, quasi quattro italiani su dieci hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici, con un picco del 44,8% nel Sud, contro il 30,9% del Nord. Questo squilibrio territoriale solleva dubbi sull’appropriatezza prescrittiva e sulla necessità di programmi di "stewardship" antimicrobica, come suggerito dall’ECDC. Un altro aspetto preoccupante è il ricorso a molecole ad ampio spettro, considerate di seconda linea, che favoriscono le resistenze batteriche. «È fondamentale promuovere un uso più razionale degli antibiotici», ha dichiarato Magrini. L’uso di antibiotici negli animali destinati alla produzione alimentare è un ulteriore elemento che contribuisce al fenomeno dell’antibioticoresistenza. Batteri resistenti possono infatti essere trasmessi agli esseri umani attraverso il consumo di carne o il contatto con gli animali. Per affrontare questa problematica, il Ministero della Salute ha pubblicato Linee guida per un uso prudente degli antimicrobici in zootecnia. Questi documenti incoraggiano pratiche come il divieto di uso preventivo degli antibiotici e il ricorso a programmi vaccinali aziendali.