Donald Trump ha riconquistato la Casa Bianca promettendo, come già in passato, una rinascita economica basata su tagli fiscali, deregolamentazione e patriottismo industriale. I numeri, almeno in superficie, sembrano dargli ragione: i dati sull’occupazione restano solidi, i consumi interni continuano a sostenere la domanda aggregata, e i mercati finanziari – pur con qualche oscillazione – mantengono livelli elevati. Ma sotto questa patina di prosperità, qualcosa comincia a incrinarsi.
Trump, l’economia americana scricchiola: quanto potrà ancora reggere la sua fortuna?
Secondo l’Economist, Trump sta commettendo uno degli errori di politica economica più gravi degli ultimi decenni, intervenendo a gamba tesa su un sistema già provato da anni di pandemia, instabilità geopolitica e inflazione persistente. Il paradosso è che, nonostante la fragilità strutturale, l’economia americana regge. Ma la vera domanda è: fino a quando?
Tagli fiscali e deregole: la ricetta identica di un contesto diverso
La nuova amministrazione Trump ha rilanciato gli strumenti già visti nel suo primo mandato: una forte riduzione della pressione fiscale per le imprese e per le fasce più alte di reddito, accompagnata da un indebolimento sistematico delle normative ambientali, bancarie e industriali. Queste politiche, pur generando benefici immediati in termini di liquidità e profitti aziendali, secondo l’Economist rischiano di compromettere la stabilità finanziaria e sociale nel medio periodo. I tagli di bilancio che ne derivano colpiscono infrastrutture, sanità pubblica e istruzione, alimentando tensioni sociali in un contesto già polarizzato. Allo stesso tempo, il deficit federale esplode, con proiezioni che indicano un debito destinato a superare il 130% del PIL entro pochi anni.
Un’economia in apparenza solida ma sotto pressione crescente
L’apparente buona salute dell’economia americana è il frutto di una combinazione di fattori: l’eredità della ripresa post-Covid, l’agilità del mercato del lavoro e l’innovazione tecnologica nel settore privato. Ma molti di questi elementi non sono riconducibili direttamente alle politiche trumpiane. Al contrario, la coesistenza tra una politica fiscale ultra-espansiva e una Federal Reserve costretta a mantenere i tassi elevati per domare l’inflazione crea un clima di incertezza crescente. Le imprese, pur approfittando dei vantaggi fiscali, iniziano a mostrare segnali di cautela sugli investimenti a lungo termine. I consumatori, intanto, devono fare i conti con un carovita ancora elevato, tassi ipotecari in crescita e debito da carte di credito ai massimi storici.
Trump e la tentazione del capro espiatorio: la Fed nel mirino
Una parte consistente della strategia di Trump sembra puntare a individuare bersagli esterni per giustificare eventuali difficoltà economiche. In particolare, il presidente ha già iniziato a scaricare sulle scelte della Federal Reserve le colpe per un’economia che rischia il surriscaldamento o il rallentamento. Il ritorno a un linguaggio aggressivo verso la banca centrale, con minacce più o meno velate di intervento sulla sua indipendenza, preoccupa gli analisti. L’equilibrio tra potere esecutivo e autorità monetaria è un pilastro della credibilità del sistema finanziario americano: metterlo in discussione, anche solo a livello retorico, potrebbe generare turbolenze difficilmente controllabili.
Quanto può durare ancora questa illusione di prosperità?
La domanda posta dall’Economist è diretta e inquietante: quanto dolore può ancora assorbire l’economia americana prima di cedere sotto il peso delle contraddizioni? Se da un lato gli Stati Uniti restano una delle economie più resilienti al mondo, dall’altro l’accumulo di squilibri fiscali, sociali e produttivi comincia a farsi sentire. Un eventuale rallentamento dell’economia globale, l’aumento del rischio geopolitico o semplicemente un calo della fiducia interna potrebbero rivelarsi la miccia di una crisi più profonda. La “fortuna” di Trump – quella di governare durante una fase di espansione – potrebbe non essere eterna. E se la crisi dovesse esplodere, non basteranno slogan e tagli fiscali a contenerla.