Trump sulla Cina: “Preferirei non imporre dazi, la cooperazione è vantaggiosa per entrambi”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 

Donald Trump gioca su più tavoli, come sempre. In un’intervista a Fox News, il presidente americano ha dichiarato di non volere imporre nuovi dazi alla Cina, sottolineando che la cooperazione economica tra Washington e Pechino “è vantaggiosa per entrambe le parti”. Parole che suonano come un segnale di distensione dopo mesi di tensioni commerciali, ma che lasciano aperti diversi interrogativi sulle reali intenzioni dell’amministrazione americana.

Trump sulla Cina: “Preferirei non imporre dazi, la cooperazione è vantaggiosa per entrambi”

La risposta di Pechino non si è fatta attendere. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha dichiarato che “la Cina è pronta a risolvere le divergenze con il dialogo”, un'apertura che dimostra la volontà di evitare un nuovo scontro commerciale proprio mentre l’economia globale attraversa una fase di incertezza.

Un equilibrio precario tra pragmatismo e retorica elettorale

Dietro le dichiarazioni concilianti di Trump si nasconde una strategia che oscilla tra il pragmatismo economico e la necessità di tenere compatto il proprio elettorato in vista delle elezioni presidenziali. La guerra commerciale con la Cina è stata uno dei pilastri della sua retorica politica, usata come arma per galvanizzare la base più protezionista e come strumento di pressione nei negoziati internazionali.

Ma le pressioni interne ed esterne si fanno sentire. I settori agricolo e manifatturiero americani, colonne portanti dell’economia statunitense, hanno sofferto pesantemente le conseguenze delle tariffe punitive imposte negli anni scorsi. L’industria tecnologica, che dipende in larga parte dalla catena di approvvigionamento cinese, teme ulteriori restrizioni che potrebbero danneggiare la competitività americana a livello globale.

E poi c’è la finanza, che spinge per una tregua commerciale e vede nella stabilità dei rapporti con la Cina una condizione indispensabile per la ripresa post-pandemica. Wall Street ha già reagito positivamente alle parole di Trump, con un rialzo moderato dei principali indici azionari, segnale che gli investitori sperano in una normalizzazione delle relazioni tra le due superpotenze.

La Cina in attesa, ma pronta a reagire

Da parte sua, Pechino gioca una partita altrettanto complessa. Il governo di Xi Jinping ha interesse a evitare una nuova escalation commerciale, ma al tempo stesso non intende cedere su questioni strategiche come la tecnologia e il controllo delle catene di approvvigionamento globali. Il messaggio di apertura al dialogo lanciato da Pechino potrebbe essere letto come un tentativo di prendere tempo, mentre la leadership cinese cerca di rafforzare la propria autonomia tecnologica e ridurre la dipendenza dalle esportazioni verso gli Stati Uniti.

Gli analisti avvertono: se Trump dovesse cambiare nuovamente linea e imporre nuove sanzioni, la Cina potrebbe rispondere con contromisure mirate, colpendo settori sensibili come l’agroalimentare e l’automotive, due ambiti in cui gli Stati Uniti hanno molto da perdere.

La California in fiamme: primo viaggio di Trump nei territori devastati

Mentre la diplomazia americana cerca di trovare un equilibrio con Pechino, un’altra crisi incombe sul presidente: gli incendi in California, che stanno devastando migliaia di ettari e costringendo migliaia di persone all’evacuazione. Trump ha annunciato il suo primo viaggio nelle aree colpite, una mossa che arriva dopo le critiche ricevute per la sua apparente indifferenza alla catastrofe.

Il governatore della California, Gavin Newsom, ha chiesto un intervento federale più incisivo, mentre le comunità locali lottano per contenere le fiamme in condizioni di caldo estremo e scarsità d'acqua. “Non possiamo fare tutto da soli,” ha dichiarato Newsom, lanciando un appello a Washington per un maggiore supporto finanziario e logistico.

Trump, nel suo stile inconfondibile, ha parlato di “disastro naturale” ma ha ribadito che lo Stato deve fare di più per prevenire questi incendi, puntando il dito contro la gestione forestale locale. “Abbiamo bisogno di una California più forte e meglio preparata,” ha detto, senza però specificare quali misure concrete intenda adottare per affrontare l’emergenza climatica, tema su cui l’amministrazione americana è sempre stata reticente.

Tra politica estera e crisi interna: il difficile equilibrio della Casa Bianca

Con le elezioni all’orizzonte, Trump si trova a dover bilanciare la politica estera con la gestione delle emergenze interne. La questione cinese rimane un dossier cruciale, ma la crisi ambientale in California potrebbe rivelarsi altrettanto decisiva nell’influenzare il voto, soprattutto tra gli elettori più giovani e sensibili ai temi ambientali.

Resta da vedere se la sua strategia di oscillazione tra apertura e rigidità pagherà, o se invece Pechino coglierà l’occasione per rafforzare la sua posizione nei negoziati futuri, lasciando Trump in una posizione ancora più complicata sullo scenario globale.

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