La politica dei big money: donazioni da record per l’insediamento di Trump

- di: Jole Rosati
 
Le divisioni statunitensi di Hyundai Motor, Stellantis (casa madre di Chrysler) e Delta Air Lines hanno annunciato donazioni di un milione di dollari ciascuna per finanziare le cerimonie inaugurali del presidente eletto Donald Trump (nella foto con il vice presidente Vance). Questo fenomeno, che ha già attirato l’attenzione della stampa americana, si inserisce in una tendenza più ampia: un’insolita convergenza tra grandi multinazionali e politica, in un contesto che molti osservatori definiscono una nuova forma di plutocrazia populista.

Una lista sempre più lunga di donatori

Secondo i media statunitensi, la lista dei donatori include nomi di primo piano come Boeing, General Motors, Ford Motor, Toyota, Microsoft, Amazon, Alphabet (la holding di Google) e Meta, la società madre di Facebook. Per Hyundai, in particolare, si tratta della prima donazione in assoluto a un’inaugurazione presidenziale. Una mossa simbolica che sottolinea l’importanza strategica del mercato americano per il colosso sudcoreano.
Queste donazioni, per quanto legittime e perfettamente trasparenti, pongono domande sulla natura del rapporto tra le grandi imprese e l’amministrazione entrante. “È un chiaro segnale di fedeltà, un moderno ‘bacio della pantofola’ al leader”, ha dichiarato il politologo Michael Tanner in un’intervista alla CNN.

Populismo e plutocrazia: un binomio pericoloso
L’ascesa di Trump ha ricalcato molte delle dinamiche del populismo moderno: un leader al centro della scena, che promette di rappresentare direttamente la volontà del popolo, bypassando le istituzioni tradizionali. Tuttavia, questa narrativa coesiste con un sistema economico che resta dominato da giganti aziendali, i quali sembrano voler preservare i propri interessi attraverso relazioni privilegiate con il potere politico.
Quando le grandi corporazioni si schierano apertamente con un leader populista, il rischio è che la democrazia liberale venga sostituita da un governo delle connessioni”, ha spiegato il professor Daniel Ziblatt, coautore del libro How Democracies Die, in un’intervista a Politico. Questo sistema, ha aggiunto Ziblatt, potrebbe rallentare l’innovazione economica e frenare la produttività, ostacolando il progresso sociale.

Il precedente delle donazioni aziendali
Non è la prima volta che le aziende si mobilitano per sostenere un presidente eletto. Durante l’insediamento di Barack Obama, nel 2009, numerose aziende contribuirono generosamente, ma le cifre erano inferiori rispetto a quelle attuali. Con Trump, la relazione tra politica e business sembra aver raggiunto nuove vette. Nel 2017, per esempio, l’inaugurazione del suo primo mandato raccolse oltre 100 milioni di dollari, superando qualsiasi record precedente.

Prospettive future
Mentre l’economia globale si confronta con sfide come l’inflazione e il rallentamento della crescita, il ruolo delle multinazionali nell’influenzare la politica potrebbe diventare sempre più critico. In un’era dominata dai social media e dalla polarizzazione politica, la fusione tra potere economico e leadership populista potrebbe ridisegnare i confini della democrazia moderna.
Le implicazioni sono profonde: un sistema che privilegia pochi potrebbe ostacolare la concorrenza, soffocando le piccole imprese e limitando l’innovazione. Alla lunga, questo rischia di minare le fondamenta della crescita economica e di ampliare le disuguaglianze.

Conclusione
Le donazioni milionarie all’inaugurazione di Trump rappresentano più di un semplice gesto di buona volontà. Esse incarnano un sistema in cui il potere politico e quello economico si intrecciano in modo sempre più stretto, lasciando aperte molte domande sul futuro della democrazia e del capitalismo. Come osservato da molti esperti, l’esito di questo rapporto definirà non solo i prossimi quattro anni, ma forse anche il destino di una nazione intera, con effetti in tutto il mondo.

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