La rete ASvis, fatta di oltre 300 soggetti impegnati per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite e dei suoi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), è il ‘motore’ per promuovere lo sviluppo sostenibile in Italia, che registra progressi “decisamente insufficienti” con il rischio di compromettere la qualità della vita e lo sviluppo economico sociale. Parla il Presidente ASviS Pierluigi Stefanini.
Pierluigi Stefanini: "ASviS, l’Alleanza per attuare i 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu"
Quali sono le sfide, i traguardi raggiunti e le resistenze che ASviS ha incontrato dalla sua fondazione ad oggi?
ASviS è stata fondata nel 2016 per promuovere in Italia il raggiungimento dei 17 Obiettivi dello sviluppo sostenibile indicati dall’Agenda 2030 dell’Onu: una sfida enorme che richiede un grande cambio di passo, da attuare con politiche coerenti, investimenti lungimiranti e un impegno persistente. Nel percorso verso un futuro sostenibile, l’Italia ha superato alcuni traguardi importanti, come l’adozione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS), varata per la prima volta nel 2017 e rinnovata nel 2022, la trasformazione del CIPE in Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile (CIPESS) e l’istituzione del Coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica (CITE). Riforme alla cui attuazione l’ASviS ha giocato un ruolo determinante. Un cambiamento ancora più significativo, anche questo proposto dall’ASviS fin dalla fondazione, è stato quello che ha portato alla modifica della Costituzione Italiana, avvenuta nel 2022, che ha inserito tra i principi fondamentali della Carta (all’articolo 9) la tutela di ambiente, biodiversità ed ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni.
Questo cambiamento rappresenta un impegno giuridico e morale forte nei confronti delle generazioni che verranno e riflette una consapevolezza crescente sull’importanza fondamentale della dimensione ambientale per garantire lo sviluppo sostenibile. Grazie all’impegno dell’ASviS sono state inoltre consolidate diversi programmi per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, e si è diffusa una maggiore sensibilità sui temi della resilienza delle comunità e delle infrastrutture, tanto a livello nazionale quanto sui territori.
Più in generale, a che punto è in Italia l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e dei suoi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs)? Nel Rapporto ASviS 2023 si afferma che progressi nel nostro Paese sono “decisamente insufficienti” come “dimostrano i dati provenienti dagli indicatori compositi elaborati dall’Alleanza. Sei dei 17 SDGs nel nostro Paese sono peggiorati rispetto al 2010”.
Il nostro Paese non è su un percorso di sviluppo sostenibile. All’Italia manca una prospettiva integrata delle diverse politiche ambientali, sociali, economiche e istituzionali per la sostenibilità. Come abbiamo visto, dal 2015 a oggi ci sono stati progressi e decisioni positive, ma l’assenza di un impegno unanime e coordinato da parte delle istituzioni, delle imprese e delle forze politiche e sociali impedisce all’Italia di accelerare la transizione e contenere l’aumento delle disuguaglianze. Per fare qualche esempio: tra il 2015 e il 2019 la quota di famiglie in condizione di povertà assoluta è salita dal 6,1% al 7,5%; 1,7 milioni di giovani non studiano e non lavorano. Sul piano ambientale si registra il 42% di perdite dai sistemi idrici, mentre il degrado del suolo interessa il 17% del territorio nazionale. Per quanto riguarda la dimensione economica passi avanti sono stati compiuti per l’economia circolare ed è cresciuto il tasso di innovazione (+21% tra il 2010 e il 2018), ma molte imprese mostrano ancora forti resistenze a investire nella trasformazione digitale ed ecologica. Nell’ultimo decennio sono infine cresciuti alcuni reati contro la persona, come le violenze sessuali (+12,5%) e le estorsioni (+55,2%), ed è forte anche l’aumento di tutti i reati informatici, quali truffe e frodi (+152,3% rispetto al 2012).
Nel 2023 l’ASviS ha presentato un’analisi, realizzata in collaborazione con Ipsos, sull’atteggiamento dell’opinione pubblica italiana rispetto alle diverse dimensioni dell’Agenda 2030. Cosa emerge da questo sondaggio?
In Italia quasi 4 persone su 10 ritengono di conoscere bene gli elementi essenziali di uno sviluppo sostenibile. Questa conoscenza è stata favorita anche dall’impegno del mondo dell’istruzione su questi temi: presso gli studenti la conoscenza dell’Agenda 2030 raggiunge il 58%, con una forte crescita rispetto al 2019, quando era al 43%. Per il 19% della popolazione tutti gli SDGs dovrebbero avere pari dignità ed essere quindi considerati con un approccio complessivo. Il restante 81% identifica delle priorità, in parte legate ad alcune questioni rilevanti nel periodo della rilevazione. Nel 2023, al primo posto si è confermata prioritaria la ‘lotta al cambiamento climatico”’ e sono risultate importanti per l’attenzione generale il ‘lavoro dignitoso e crescita economica’ e ‘salute e benessere’, a scapito di ‘energia pulita e accessibile’ e ‘vita sulla terra’. In coda alla classifica troviamo i temi dei ‘sistemi idrici e dell’acqua’, del ‘consumo e produzione responsabili’, delle ‘imprese, innovazione e infrastrutture’, argomenti meno familiari al grande pubblico. Da rilevare, purtroppo, l’emergere di un crescente scetticismo riguardo agli sforzi e all’effettiva capacità e volontà di costruire un mondo più sostenibile. In Italia, ma il fenomeno non riguarda solo il nostro Paese, gli scettici sono cresciuti di 9 punti in cinque anni, passando dal 13% al 22%.
Di recente l’ASviS ha aperto il Festival dello Sviluppo Sostenibile, a Ivrea, presentando un Rapporto ASviS sugli scenari dell’Italia al 2050, centrato sugli impatti della transizione energetica su indicatori economici come PIL, debito pubblico e disoccupazione al 2050. Quali sono gli elementi essenziali di queste proiezioni?
Lo studio analizza i progressi e le incertezze del quadro legislativo e degli investimenti sullo sviluppo sostenibile e contiene un’inedita analisi sviluppata con Oxford Economics sulla relazione tra transizione energetica e variabili macroeconomiche. L’indicazione chiave emerso è quella che l’Italia può raggiungere la neutralità climatica, attuando politiche trasformative, in grado di rendere la transizione energetica una leva per la massimizzazione del benessere collettivo. È una strada da prendere subito, se vogliamo evitare gli impatti drammatici sull’ambiente, la società e l’economia derivanti dalla ‘policrisi’ globale e cogliere i benefici della transizione. Seguendo questa strada il Pil italiano aumenterebbe del 2,2% al 2050 rispetto alla proiezione di base, il tasso di disoccupazione si ridurrebbe dello 0,4%, e il debito pubblico potrebbe ridursi in maniera significativa. Di contro, se l’Italia non dovesse intervenire, il Pil si ridurrebbe di almeno il 30% rispetto alle previsioni di base, con conseguenze enormi sull’occupazione e il welfare. Per l’ASviS è dunque incomprensibile l’approccio di chi, per motivi economici, propone di rallentare la transizione energetica ed ecologica.
Pochi giorni prima delle elezioni avete presentato il “Manifesto ASviS per un’Europa sostenibile”, indicando sette proposte per integrare sempre di più l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile nelle politiche della nuova legislatura europea. Quali sono le azioni da cui partire?
Le politiche dall’Unione europea ci hanno permesso di compiere importanti avanzamenti sulla strada dello sviluppo sostenibile, sia in termini di strategie sia di normative adottate. Tuttavia c’è ancora molto da fare, come ammesso anche dal Consiglio europeo che, lo scorso anno, ha evidenziato la necessità di intensificare gli sforzi verso la piena attuazione dell’Agenda 2030, mentre il Parlamento ha sottolineato la necessità di mantenere la leadership Ue in questo ambito. Le proposte del ‘Manifesto’ presentato alla Camera dei deputati durante la giornata conclusiva del Festival dello Sviluppo Sostenibile, il 23 maggio, illustrano in sintesi che per realizzare una transizione ecologica ‘giusta’ e sostenibile la dimensione nazionale non basta e bisogna quindi rafforzare l’azione comune dell’Ue. Al centro degli sforzi devono esserci la realizzazione di una politica industriale europea e il consolidamento del pilastro europeo dei diritti sociali, con l’obiettivo di contrastare le disuguaglianze e rafforzare la coesione territoriale. Inoltre, l’ASviS propone di attuare riforme istituzionali volte a una maggiore integrazione politica, a rafforzare la democrazia e la partecipazione, ad ampliare la capacità d’investimento pubblico e privato, a rafforzare l’impegno per dare nuovo slancio al multilateralismo, prevenendo conflitti e promuovendo la pace.