In un mondo dove milioni di persone soffrono la fame, lo spreco alimentare rappresenta uno dei grandi paradossi della nostra epoca. Ogni anno, tonnellate di cibo finiscono nei rifiuti, aggravando le disuguaglianze globali e causando un impatto ambientale enorme. Ma ciò che sorprende di più è che gran parte di questo spreco nasce non da condizioni economiche o sociali, ma dalle nostre abitudini quotidiane e da una scarsa comprensione delle informazioni riportate sulle etichette alimentari. Secondo i dati Eurostat, oltre il 54% dello spreco alimentare avviene nelle case degli europei, e una fetta significativa – il 10% – è dovuta a un fraintendimento delle diciture presenti sulle confezioni dei prodotti. Questo comportamento, apparentemente banale, contribuisce a generare uno spreco che si potrebbe facilmente evitare con un po’ di attenzione e conoscenza in più.
Spreco alimentare, il 10% del cibo buttato via per colpa delle etichette
Per sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema, la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (SERR), che si celebra ogni anno fino al 24 novembre, ha scelto di focalizzarsi proprio sullo spreco alimentare. Tra le iniziative di spicco, un’indagine condotta da Too Good To Go, piattaforma leader mondiale nella lotta contro gli sprechi, ha cercato di indagare il rapporto degli italiani con le etichette alimentari e il loro approccio al consumo consapevole. Ne emerge un quadro contraddittorio: sebbene molti italiani si dichiarino consapevoli dell’impatto dello spreco alimentare e delle informazioni riportate sulle etichette, nella pratica non sempre applicano azioni coerenti per ridurlo. Un punto centrale della riflessione riguarda la distinzione tra le diciture “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro”, che spesso generano confusione. La prima indica la data di scadenza, ovvero il limite oltre il quale il prodotto potrebbe non essere più sicuro per la salute. Mentre la seconda dicitura si riferisce al termine minimo di conservazione, che garantisce la qualità ottimale del prodotto. Tuttavia, se gli alimenti sono stati conservati correttamente, possono essere consumati anche dopo questa data, affidandosi ai propri sensi (vista, olfatto e gusto) per valutarne lo stato. Poiché il 10% dello spreco domestico è attribuito a un fraintendimento delle etichette, chiarire questi concetti è essenziale per promuovere comportamenti più sostenibili.
Secondo l’indagine di Too Good To Go, l’81% degli italiani dichiara di conoscere il significato di “da consumarsi preferibilmente entro”, ma quasi un terzo (30%) ammette di buttare cibo una volta superata questa data, indipendentemente dalle condizioni del prodotto. Tra i più spreconi spiccano i giovani della Generazione Z (42%), mentre i Millennials risultano più attenti, con solo il 21% che ammette di sprecare regolarmente cibo per lo stesso motivo. I Millennials, inoltre, si distinguono per l’utilizzo dei sensi come principale criterio di valutazione: 67% contro il 35% della popolazione generale. Un altro dato interessante riguarda la fiducia nel proprio buon senso: oltre il 52% degli italiani preferisce affidarsi esclusivamente alle etichette, dimostrando una certa insicurezza nel giudicare autonomamente la qualità del cibo.
“Ogni anno, tonnellate di cibo perfettamente commestibile continuano a essere sprecate nelle nostre case, spesso a causa di fraintendimenti sulle etichette alimentari. Occorre quindi rivedere i nostri comportamenti”, ha sottolineato Mirco Cerisola, Country Director di Too Good To Go Italia. Per affrontare il problema, Too Good To Go ha lanciato nel 2021 l’iniziativa “Etichetta consapevole”, in collaborazione con importanti aziende come Unilever, Danone, Carrefour, Nestlé e Bel Group. Il progetto invita i consumatori a utilizzare i sensi per valutare cibi che abbiano superato la data “da consumarsi preferibilmente entro”. Il messaggio chiave è semplice ma rivoluzionario: “Osserva, annusa, assaggia”. L’etichetta, che conta oggi 47 brand aderenti in Italia, è presente su oltre 300 referenze e stampata ogni anno su 390 milioni di confezioni. “Oggi l’Etichetta consapevole di Too Good To Go è presente in 15 Paesi, vanta 532 partner attivi in tutto il mondo, ed è stampata su 6 miliardi di prodotti ogni anno. Siamo orgogliosi di lavorare con così tante aziende e di riuscire a generare un così grande impatto in modo allargato, guidando i consumatori verso comportamenti più consapevoli, attenti e sostenibili per il Pianeta”, ha concluso Cerisola.
Promuovere la conoscenza delle etichette e incoraggiare l’uso dei sensi rappresentano solo una parte della soluzione. La Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti e iniziative come quelle di Too Good To Go dimostrano che cambiare è possibile, ma richiede un impegno collettivo. Ogni azione quotidiana conta: interpretare correttamente le etichette, pianificare gli acquisti, conservare adeguatamente il cibo e, soprattutto, fidarsi del proprio giudizio possono fare la differenza. Ridurre lo spreco alimentare non è solo un gesto responsabile verso l’ambiente, ma anche un modo per valorizzare le risorse e rispettare il lavoro dietro ogni prodotto.