La nostra biblioteca - Qiu - La pandemia vista con gli occhi della Cina

- di: Diego Minuti
 
Proprio in questi giorni, le polemiche sulla genesi del Covid-19, sulla sua reale origine, tornano a prendere vigore con il riapparire del virus a gettare nuovamente nella paura molti Paesi che pensavano di avere ormai definitivamente chiuso questo devastante capitolo della storia recente del Pianeta,
E, ancora, proprio in questi giorni accade che, oltre alle polemiche, ora arrivino pure le accuse, come quella che si è abbattuta sulla Cia, sospettata di avere saputo, sin dall'inizio da dove era partito il virus e che, per ragioni di geopolitica, ha ritenuto di dovere insabbiare tutto.

La nostra biblioteca - Qiu - La pandemia vista con gli occhi della Cina

Ma se, come tutto ormai lascia intendere, quel maledetto infinitesimale granello che ha fatto inceppare la quotidianità di questo mondo è partito da una stanza di un laboratorio di Wuhan abbiamo forse il dovere di chiederci il perché e, anche, come mai i contagi sono esplosi senza che la terribilmente macchina di morte potesse essere fermata subito. Ma, sino ad oggi, di quel che è accaduto all'alba della pandemia abbiamo immagini sfocate, soprattutto perché, nel rispetto dei suoi dettami, la Cina ha fatto trapelare pochissimo, e quel pochissimo doveva essere di non nocumento per la sua immagine. Ora ''Il dossier Wuhan'' (Marsilio - pag. 256 - 18,00 euro) di Qiu Xiaolong cerca di colmare questo vuoto, raccontando il versante cinese della pandemia, almeno nel suo aspetto più formale. Non, quindi, quello dei morti e degli infetti, ma una dimensione diversa, in cui Chen Cao - personaggio di cui Qiu ha fatto il protagonista di molti libri -, investigatore della polizia cinese, messo in un cantuccio per il suo essere d'ostacolo alla placida gestione del potere da parte del Partito comunista, viene rimandato in pista per capire chi c'è dietro alle morte di tre persone, legate ad un ospedale di Wuhan.

Se Qiu da cinese scrive di Cina che problema c'é? Il problema, solo apparente, è che Qiu, a Shanghai, dove è nato nel 1953, è rimasto sino al 1988, per poi trasferirsi come studente negli Stati Uniti, dove ha deciso di restare e dove oggi si divide tra la scrittura e l'insegnamento universitario.
Ma, chi conosce le storie del commissario Chen, sa benissimo che le pagine che le descrivono sono capaci di fare capire la società cinese di oggi in tutte le sue pieghe, nell'eterno confronto tra un partito che incombe, che come Argo Panoptes, ha i suoi cento occhi sempre aperti per capire se qualcuno si allontana dalle sue direttive, non per ribellarsi, ma solo per avere una prospettiva diversa. E' una Cina diversa che, dovendo seguire la sfaccettata personalità del protagonista, spazia dalla poesia al didascalico racconto dei luoghi, alla bellezza dei dialoghi che sono affascinanti anche quando sono semplici scambi di vedute su fatti reali.

Chen Cao, affrontando la sua indagine con il disincanto di chi sa d'essere stato richiamato a investigare per il fatto d'essere considerato l'ultima carta che la polizia può giocare per venire a capo delle morti, si muove sempre con leggerezza, ben sapendo di potere essere sacrificato nel momento in cui, oltre alla verità si dovesse mettere a cercare altro. Qualcosa che possa nuocere ad un partito e ad un regime che non accettano di uscire dai paletti che loro hanno imposto. Ma l'ispettore, tra poesie, riflessione e ottimi pasti all'insegna della tradizione, questa volta è davanti ad un bivio che vede una delle due strade per potenzialmente esiziale. Quale sarà, quindi, la sua scelta?
Tags: arte, libri
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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