Con una mossa destinata a segnare gli equilibri futuri della sicurezza nazionale, Giorgia Meloni ha annunciato la nomina di Vittorio Rizzi alla guida del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), in sostituzione di Elisabetta Belloni. Il prefetto bolognese, classe 1959, ha costruito una carriera costellata di successi, unendo pragmatismo operativo e raffinatezza accademica. “Un funzionario di prim’ordine”, lo ha definito la premier nel corso della conferenza stampa di inizio anno, un attestato di stima che anticipa il compito delicato che lo attende: garantire la tenuta del sistema d’intelligence italiano in un contesto internazionale sempre più instabile.
Vittorio Rizzi al Dis: il nuovo volto della sicurezza nazionale
La nomina di Rizzi arriva in un momento delicato, con Elisabetta Belloni che lascia l’incarico quattro mesi prima della naturale scadenza. La diplomatica, che ha ricoperto con determinazione e competenza il ruolo di direttrice del Dis, esce di scena con parole che lasciano spazio a molteplici interpretazioni: “Sono finita in un tritacarne, ma non me ne vado sbattendo la porta”. Un messaggio forte, che non può essere liquidato come una semplice constatazione. Dietro quelle parole c’è il riflesso di dinamiche interne ai servizi segreti e di equilibri politici che inevitabilmente ne condizionano la guida.
Chi è Vittorio Rizzi? Nato a Bologna, con due lauree – in giurisprudenza presso la Federico II di Napoli e in scienze delle pubbliche amministrazioni a Catania – Rizzi vanta una carriera che spazia dalla criminologia, di cui è titolare presso il dipartimento di Psicologia della Sapienza, alla sociologia del crimine, insegnata all’Università degli studi internazionali di Roma. La sua esperienza operativa lo ha visto al centro di indagini di grande rilievo, come l’omicidio del giuslavorista Marco Biagi e l’arresto di Angelo Stazzi, l’infermiere responsabile di una serie di omicidi in una casa di riposo nella Capitale.
Fino a settembre scorso Rizzi ricopriva il ruolo di vice capo della Polizia di Stato, e più recentemente è stato nominato vicedirettore dell’Aisi, l’Agenzia per la sicurezza interna, in una fase cruciale per il Paese. Ora, a un passo dalla pensione, assume il timone del Dis con una missione complessa: affrontare le sfide globali che vanno dalla guerra in Medio Oriente al conflitto in Ucraina, dalla cyber-sicurezza alle tensioni legate al terrorismo internazionale.
La decisione di Meloni non è priva di rischi. Scegliere un profilo così istituzionale e legato al sistema può rassicurare sul piano della continuità, ma rischia di scontentare chi avrebbe preferito una figura meno coinvolta nelle dinamiche interne dei servizi. Elisabetta Belloni ha lasciato un’eredità importante, trasformando il Dis in un’istituzione più trasparente e aperta al dialogo con le altre agenzie internazionali. Il compito di Rizzi sarà quello di consolidare questi progressi, mantenendo al contempo la discrezione necessaria in un ruolo così delicato.
La premier, nel corso della conferenza stampa, ha sottolineato come la scelta di Rizzi sia stata dettata dalla necessità di “garantire la massima efficienza e sicurezza in un momento storico cruciale per il nostro Paese”. E in effetti, mai come oggi, l’Italia si trova a dover fronteggiare una molteplicità di minacce che richiedono una leadership forte e un sistema d’intelligence in grado di prevenire, più che reagire.
Ma la vera sfida per il nuovo direttore sarà quella di gestire non solo i dossier internazionali, ma anche le dinamiche interne. I servizi segreti rappresentano il cuore pulsante dello Stato, un apparato che deve rimanere impermeabile a pressioni esterne e giochi politici, ma che, inevitabilmente, ne viene influenzato. Rizzi dovrà dimostrare di essere non solo un abile stratega, ma anche un uomo capace di muoversi con equilibrio in un contesto fatto di silenzi, ombre e decisioni che spesso si prendono lontano dai riflettori.
Le dimissioni di Belloni, che pure erano nell’aria, aprono interrogativi non trascurabili. C’è chi parla di divergenze interne, chi di stanchezza accumulata in un ruolo che richiede una dedizione assoluta. Il Dis, sotto la sua guida, ha saputo mantenere un livello di efficienza e operatività che ha ottenuto il plauso internazionale, e non sarà facile per Rizzi raccoglierne l’eredità senza tradirne lo spirito.
Per ora, la scelta di Meloni appare un compromesso calcolato, un tentativo di bilanciare la necessità di cambiamento con la volontà di non stravolgere un sistema già messo a dura prova dalle recenti crisi globali. Vittorio Rizzi ha le carte in regola per affrontare questa sfida, ma sarà il tempo a decretare se questa nomina rappresenti davvero un nuovo capitolo per i servizi segreti italiani o l’inizio di un cammino segnato da vecchie ombre e nuove incognite.