Opyn: "Come il fintech sta colmando il gender gap"

- di: Daniele Minuti
 
Il gender gap è uno dei problemi più evidenti del mondo del lavoro non solamente in Italia, ma in tutto il mondo. Eppure ci sono settori che stanno agendo in maniera concreta per colmare questa disparità: uno di questi è il fintech, argomento chiave di un'analisi di Greta Antonini, Marketing Manager di Opyn (nella foto).

Opyn: "Come il fintech sta colmando (e può ancora colmare) il gender gap"

Antonini innanzitutto va a individuare quali siano gli ostacoli che non permettono alle donne di esprimere il loro potenziale nel mondo del lavoro, citando la teoria della womenomics di Kathy Matsui, di Goldman Sachs, che riteneva un viatico per la crescita l'incentivazione per le donne a partecipare: "Si parlava in quel caso di mercato giapponese" - spiega l'analisi - "nel 2014 Matsui aggiorna il suo studio in chiave 4.0, e calcola che per il suo Paese il boost potenziale della piena partecipazione al mondo del lavoro sarebbe del 13%. Di più, si tratterebbe dell’unica misura possibile per compensare calo e invecchiamento della popolazione: le stime prevedono che nel 2060 i giapponesi saranno il 30% in meno di oggi e per il 40% over 65enni. Una fotografia demografica che è simile a quella italiana: e non è un caso che secondo l’agenzia europea Eurofund, la sottooccupazione femminile in Italia ha un costo pari al 5,7% del Pil e la rimozione di questo gap avrebbe un impatto positivo sullo stesso nella misura dell’11%".

A questi numeri vanno ad aggiungersi le problematiche amplificate dalla pandemia (per colmare la parità a livello mondiale saranno necessari 135,6 anni contro i 99,5 precedenti, solo per quello economico ne serviranno addirittura 267,6). 

Eppure l'Italia migliora (World Economic Forum segnala che a riguardo il nostro Paese ha guadagnato 13 posizioni salendo al 63esimo posto della classifica sul tema), grazie alla spinta della politica mentre a livello di salario e lavoro, la penisola è in fondo all'elenco a livello comunitario.

"Il gap"
- si legge nel report - "in termini di partecipazione al mondo del lavoro è al 25% (lavorano solo il 56,5%) e profondissimo per quanto attiene al potere politico, mentre è azzerato sul fronte dell’istruzione. Anzi se si guarda all’istruzione terziaria, si scopre che per ogni 100 maschi iscritti all’università ci sono 135 femmine. Un set di dati che suggerisce una conclusione: le donne hanno più difficoltà degli uomini ad accedere al mondo del lavoro e del potere, nonostante abbiano pari (o maggiori) competenze. C’è sicuramente un tema di quali competenze (tanto che il Wef rileva una certa carenza di skill adatte ai lavori di domani)".

È qui che entra in scena il fintech, dove si vede una crescita costante seppur lenta: secondo un'analisi Deloitte su 3.017 startup, le fintech fondate o co-fondate da donne sono cresciute a un ritmo leggermente superiore rispetto a quelle fondate dagli uomini, raggiungendo quota 369 nel 2019. "Una crescita moltiplicata per otto (sette per la controparte maschile), ma che – considerando che le fintech fondate da uomini sono 2.648 – permette loro di conquistare ancora solo il 12,2% della torta totale" spiega Antonini. Dal 2014 al 2019 i tassi per le startup fondate da donne sono saliti del 58,9% contro il 29,1% di quelle fondate da uomini, progresso dovuto alla maggiore attenzione sul tema e all'aumento delle donne che entrano nei settori di finanza e tecnologia.

È qui che Opyn presenta tre "suggerimenti" che dovrebbero diventare prioritari per colmare ancor di più questo gap:

- Rendere effettiva la normativa antidiscriminatoria sui luoghi di lavoro, in riferimento al consenso unanime raggiunto dal Senato il 26 ottobre sulla proposta di legge che punta a superare le disparità di genere in ufficio con incentivi e sanzioni.

- Incentivare percorsi di studio che vadano nella direzione dei settori a più alta occupabilità.

- Investire con forza sulle infrastrutture sociali (il 60,5% dei Neet italiani è donna e la disoccupazione femminile è al 12,8% contro il 10,9% di quella maschile). Per questo serve aiutare le donne nella gestione della famiglia con misure ad hoc che coinvolgano i padri nei congedi parentali, in modo da non andare a influenzare la sfera lavorativa, magari puntando su lavoro flessibile e potenziando i congedi di maternità.
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