Il premier israeliano torna sulla scena pubblica con una dichiarazione forte, pochi giorni dopo un intervento alla prostata che lo aveva tenuto lontano dai riflettori. “L’operazione in Siria dimostra che possiamo agire ovunque sia necessario”, ha dichiarato ieri sera Benjamin Netanyahu, commentando l’attacco mirato che ha colpito presunti obiettivi legati all’Iran nei pressi di Damasco.
Mentre il governo israeliano celebra il successo dell’operazione, Gaza vive un nuovo capitolo di violenza. Nella notte, un raid dell’aviazione israeliana ha colpito una struttura strategica di Hamas, uccidendo il capo della polizia del gruppo e il suo vice. Secondo fonti militari, l’obiettivo era parte di una rete operativa che, a detta di Israele, pianificava nuovi attacchi contro il territorio israeliano.
Netanyahu: "L'operazione in Siria mostra che possiamo agire ovunque"
Netanyahu, visibilmente provato ma determinato, ha scelto un linguaggio incisivo nel suo primo discorso pubblico dopo l’operazione chirurgica. “Israele non tollererà minacce alla sua sicurezza, sia a nord che a sud”, ha affermato, collegando l’operazione in Siria ai raid condotti su Gaza.
L’obiettivo del messaggio appare duplice: rassicurare l’opinione pubblica interna sulla capacità di difesa dello Stato e inviare un segnale chiaro ai nemici regionali. “Non ci sono confini per la nostra determinazione a proteggere i cittadini israeliani”, ha aggiunto il premier, che ha anche elogiato il lavoro coordinato tra esercito, intelligence e governo.
La situazione a Gaza: Hamas colpita al cuore
Il raid che ha ucciso il capo della polizia di Hamas, identificato come Mahmoud Salameh, e il suo vice, Khaled Abulayn, ha segnato uno dei colpi più significativi inflitti al gruppo da mesi. L’attacco, avvenuto poco dopo la mezzanotte, ha devastato una struttura ritenuta cruciale per le operazioni interne di Hamas.
Il portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) ha dichiarato che “il raid è stato una risposta a recenti lanci di razzi”, aggiungendo che l’obiettivo principale è stato neutralizzare figure chiave dell’organizzazione. Tuttavia, da Gaza arrivano accuse di attacchi indiscriminati e di un crescente numero di vittime civili.
Hamas e i colloqui di tregua: ottimismo cauto
Nonostante l’escalation di violenza, Hamas ha fatto sapere di essere ottimista sui colloqui mediati dall’Egitto per una tregua. Una fonte interna al gruppo ha rivelato che ci sarebbero segnali di apertura da entrambe le parti, ma “Israele deve fermare immediatamente i bombardamenti se vuole un accordo duraturo”.
Il clima, tuttavia, resta tesissimo. Gli analisti regionali sottolineano come ogni raid rischi di far naufragare i negoziati, soprattutto considerando il peso simbolico delle figure uccise.
Una regione in tensione: il nodo siriano
Parallelamente agli sviluppi a Gaza, l’operazione in Siria rappresenta un tassello fondamentale nella strategia israeliana. Gli attacchi contro obiettivi legati all’Iran vicino a Damasco dimostrano la volontà di Israele di contenere l’influenza di Teheran nella regione.
Netanyahu non ha menzionato dettagli specifici dell’operazione, ma fonti di intelligence confermano che l’obiettivo principale era una struttura utilizzata per il trasferimento di armi sofisticate alle milizie filo-iraniane.
“Questo attacco non è solo una questione militare, ma anche un messaggio politico”, spiega un esperto di geopolitica mediorientale.
Uno scenario senza tregua
Mentre Netanyahu prova a proiettare un’immagine di forza e controllo, la realtà sul terreno rimane complessa e fragile. La capacità di Israele di agire su più fronti è indubbia, ma la questione è se queste operazioni possano davvero garantire sicurezza a lungo termine.
Il futuro della tregua con Hamas resta incerto, così come la stabilità della regione, dove ogni azione può facilmente innescare reazioni imprevedibili.