La nostra biblioteca - Seiichi Morimura - Dai gialli alla saggistica, per rivelare le atrocità nascoste della guerra

- di: Diego Minuti
 
Lo scrittore giapponese Seiichi Morimura, spentosi di recente all'età di 90 anni, è stato l'esempio di come la presa di coscienza, passando attraverso un lacerante dramma personale, possa essere un evento catartico per un intero Paese. Soprattutto quando questo Paese - il Giappone -, anche dopo la sconfitta, ha guardato alla seconda guerra mondiale come un'epopea epica, in cui tutto si ''doveva'' risolvere nella celebrazione del mito del guerriero. 
Invece Morimura, andando contro la narrazione corrente del Novecento giapponese, ha cercato di raccontarne le atrocità, anche quando si cercava di nasconderle, ma solo perché il conflitto aveva avuto un epilogo infausto.  Lo fece con ''La gola del diavolo'' (originariamente una serie di reportage poi trasfusi in una trilogia) che, frutto di una accurata quanto lacerante ricerca, mostrò al mondo, ma soprattutto ai suoi compatrioti, quello di cui la casta militare e ''scientifica'' del Paese si era resa colpevole per alimentare il sogno imperialista di Tokyo.

La nostra biblioteca - Seiichi Morimura - Dai gialli alla saggistica

''Akuma no Hoshoku'', nel titolo originale, ha alzato il velo di omertà intorno alle atrocità commesse in Cina dall'Unità 731 dell'esercito imperiale giapponese che,  per sviluppare quelli che oggi si potrebbero definire prove di guerra batteriologica, causò  la morte di migliaia di prigionieri soprattutto cinesi (ma anche coreani, russi e prigionieri di altre otto nazionalità), sottoponendoli ad esperimenti che di scientifico non avevano nulla, dalla vivisezione al congelamento per capire sino a che punto un organismo umano poteva resistere al dolore o a bassissime temperature. 
''La gola del diavolo'', pubblicato nel 1981, sotto forma di libri, fu un bestsellers, mettendo quasi in secondo piano il successo che Morimura aveva ottenuto come scrittore di romanzi gialli (oltre trecento) e per i quali aveva vinto nel 1969 il prestigioso Edogawa Rampo Prize nel 1969 e il Mystery Writers of Japan Award nel 1973. Morimura si era laureato alla Aoyama Gakuin University di Tokyo e aveva lavorato per un decennio in hotel, contribuendo anche a riviste, prima di diventare un romanziere a tempo pieno.
Nato nel 1933 a Saitama, appena a nord di Tokyo, era sopravvissuto agli intensi  bombardamenti con i quali gli Stati Uniti volevano fiaccare la resistenza giapponese. Da quell'esperienza uscì profondamente segnato, sviluppando sentimenti pacifisti. Un atteggiamento che ha coltivato negli anni, tanto che, nel 2015, si oppose pubblicamente alla dottrina dell'allora primo ministro Shinzo Abe che voleva modificare la Costituzione giapponese che, varata dopo la fine devastante della guerra, era ritenuta non più idonea a contrastare l'aggressività di altri Paesi della regione, a cominciare dalla Corea del Nord.  
Altri romanzi su successo furono, nel 1976, "Ningen no Shomei" ("Proof of the Man"), che, partendo dall'uccisione di un uomo di colore, gettava luce sul lato oscuro del Giappone del dopoguerra, seguito, l'anno dopo, da "Yasei no Shomei" ("Proof of the Wild"), che racconta le vicende in un villaggio remoto travolto da eventi inattesi. 
''La gola del diavolo'' apparve per la prima volta sul quotidiano giapponese Akahata, di ispirazione comunista, per poi essere pubblicato in forma di libro nel 1981. Sebbene non sia stato il primo resoconto sulla guerra batteriologica condotta dal Giappone durante il conflitto mondiale, ''La gola del diavolo'' è stato il primo reso ampiamente disponibile al pubblico giapponese. Tanto che di esso, diventato alla fine una trilogia, furono vendute milioni di copie. Un successo che si registra ancora oggi. 
In un momento in cui i libri di testo giapponesi spesso minimizzavano le atrocità commesse dal Giappone durante la guerra, Morimura aveva intervistato dozzine di veterani dell'Unità 731, documentando con dettagli strazianti l'operazione, che si svolse , a partire dal 1938, vicino alla città cinese di Harbin, sotto la guida dell'ufficiale medico Shiro Ishii.
Chiamato ufficialmente un Dipartimento di prevenzione delle epidemie e di depurazione delle acque, l'unità 731 proseguì' la sua attività sino alla fine della guerra, come laboratorio dove sperimentare agenti di guerra biologica.
Le vittime, denominate in giapponese "marutas", o tronchi di legno, venivano infettate da tifo, tifo, colera, antrace e peste con l'obiettivo di perfezionare le armi biologiche. Alcuni prigionieri sono stati poi vivisezionati senza anestesia in modo che i ricercatori potessero osservare gli effetti della malattia sul corpo umano.
Sulla scia della pubblicazione del libro di Morimura, il governo giapponese ha riconosciuto pubblicamente le attività dell'Unità 731
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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