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L’Italia sotto la pioggia, Milano conta i danni

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
L’Italia sotto la pioggia, Milano conta i danni

Milano si risveglia ferita. Nelle prime ore del mattino, una tempesta d’acqua si è abbattuta sul capoluogo lombardo e sulle aree limitrofe con una violenza che ha superato ogni previsione. In una zona boschiva di Robecchetto con Induno, nell’Alto Milanese, una donna è morta travolta da un albero abbattuto dal vento e dalla pioggia. Altre due persone sono rimaste ferite, ma non in modo grave. È il segnale che il tempo ha cambiato volto, e che ormai basta una notte per sovvertire la vita quotidiana di milioni di cittadini.

L’Italia sotto la pioggia, Milano conta i danni

Non è un episodio isolato. Un treno dell’Alta Velocità è rimasto bloccato a Melegnano dopo essere stato colpito da un fulmine: si tratta di un convoglio di Italo, fermatosi improvvisamente lungo la linea causando forti rallentamenti su tutta la dorsale nord. Nelle stazioni, passeggeri in attesa, controlli sospesi, ritardi a catena. Un Paese sempre più esposto all’imprevisto climatico, che diventa strutturale.

L’instabilità che si fa normalità

Il sistema di allerta della Protezione Civile ha emesso un codice arancione per tre regioni: Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. In Toscana, solo nella giornata di ieri, sono stati registrati 27.000 fulmini in 12 ore: un dato che avrebbe fatto scalpore un decennio fa, e che oggi rischia di passare sotto traccia. L’instabilità meteorologica è diventata la normalità, ma le infrastrutture restano ancorate a un tempo in cui i temporali si chiamavano “eccezionali”.

I comuni più colpiti hanno attivato le unità di crisi locali, ma il nodo resta nazionale. La frammentazione della risposta, la debolezza dei sistemi di drenaggio urbano, la mancanza di manutenzione sui territori boschivi sono parte di una stessa catena. E ogni evento estremo, ormai, agisce come un test. Che l’Italia fallisce regolarmente.

Afa al Sud, ma le temperature calano ovunque

Al Sud, intanto, l’afa non dà tregua. Ma i meteorologi annunciano un generale calo delle temperature nei prossimi giorni, soprattutto al Centro-Nord. Il Mediterraneo resta comunque sopra la media stagionale: il mare è più caldo di quanto dovrebbe essere, e questo alimenta la potenza dei temporali, che si formano più rapidamente e scaricano energia con maggiore intensità.

I tecnici lo sanno, ma la politica fatica a tenere il passo. I fondi per l’adattamento climatico sono pochi, distribuiti male, e gestiti senza visione sistemica. Non si tratta solo di riparare i danni, ma di ripensare la relazione tra uomo e ambiente. Milano, che ha fatto della sua narrazione verde un simbolo urbano, si scopre ancora fragile sotto i colpi della natura.

Quando il clima diventa questione sociale

Le vittime del maltempo non sono mai davvero “casuali”. In genere sono anziani soli, pendolari stanchi, lavoratori precari. Sono coloro che non possono permettersi di fermarsi. I disagi dei treni non colpiscono chi vola in aereo, ma chi si muove ogni giorno tra città e provincia. Il blackout che si è verificato a tratti in alcune aree industriali della cintura milanese ha fermato fabbriche e piccole aziende, mentre le famiglie hanno vissuto ore di apprensione nei centri abitati più esposti ai corsi d’acqua minori.

E così, anche un evento meteorologico diventa specchio delle disuguaglianze. Mentre i centri storici si proteggono con barriere e pompe idrauliche di ultima generazione, le periferie restano in balia del vento e dell’acqua. È in quei quartieri che la pioggia si fa fango, e l’albero caduto non è più solo un ostacolo, ma un segno.

Papa Leone e la grammatica della terra

Nel suo primo discorso ai delegati della Caritas internazionale, Papa Leone ha parlato della “grammatica della terra”, invitando a leggere i fenomeni naturali non come castighi ma come messaggi. “Il Creato non è neutro. Risponde al modo in cui viene trattato”, ha detto con sobrietà. E in molti, ascoltandolo, hanno pensato alle immagini di Milano allagata, alle corse dei soccorritori, al treno fermo nel buio.

Il Pontefice, fin dall’inizio del suo pontificato, ha dato segnali chiari: la crisi ambientale sarà al centro della missione spirituale e politica della Chiesa. Dopo l’epoca della misericordia di Francesco, arriva quella della responsabilità. E se la politica tace, il cielo continuerà a parlare. Anche a costo di gridare.

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