Contratti brevi, crescita veloce e formazione continua: dai report internazionali emerge una generazione che cambia azienda per imparare di più, entusiasma per l’AI ma teme l’effetto sui mestieri.
La fotografia che emerge è netta: la Generazione Z non cerca un porto sicuro, ma un trampolino. Non è il “mollo tutto” capriccioso: è la ricerca metodica di avanzamento. Gli ultimi studi indicano una permanenza media poco sopra l’anno nei primi impieghi, con una motivazione chiara: “progredire più in fretta”, allineando esperienza, retribuzione e competenze alle ambizioni.
Perché restano poco: non è fuga, è accelerazione
La tesi più solida è che il turnover precoce sia un mezzo per crescere. Gen Z è orientata al lungo periodo ma impaziente sul breve: se l’ascensore interno si blocca, cambia piano. In molti casi, l’uscita avviene non per scontento verso il brand, ma per percorsi di carriera più chiari altrove.
La metrica che conta: progressione e apprendimento
Nel nuovo patto psicologico con il lavoro, la promessa di crescita pesa quanto (e talvolta più) della busta paga. Mentorship, job rotation, incarichi progettuali e percorsi di avanzamento trasparenti sono i dispositivi che trattengono i profili più giovani. Dove questi mancano, la mobilità è una scelta razionale.
L’intelligenza artificiale come motore di upskilling
La Gen Z impara con l’AI e sull’AI. Tre direttrici spiccano: apprendimento rapido on-the-job (ricerche, bozze, sintesi), sviluppo di nuove skill tramite strumenti generativi, e sperimentazione laterale (side project, micro-imprese, portfolio digitale). Le organizzazioni più efficaci investono in programmi strutturati di AI-training e in opportunità “gig” interne per tradurre subito la teoria in pratica.
Entusiasmo sì, ma con timori reali
Cresce l’ottimismo operativo tra chi usa l’AI ogni giorno, ma restano preoccupazioni sull’impatto occupazionale e sul mismatch di competenze. Molti giovani adottano strumenti generativi, mentre una quota simile teme che alcune mansioni possano ridursi o trasformarsi rapidamente. “Più esperienza con l’AI aumenta fiducia e cautela insieme”.
Cosa devono fare le aziende
- Progettare carriere visibili: mappe di avanzamento con tempi, competenze e retribuzioni attese.
- Rendere il learning una leva: budget dedicato, micro-credential, progetti interfunzionali.
- Misurare la crescita (skill e impatto), non solo la permanenza.
- Integrare l’AI in modo responsabile: policy, tutoring e sandbox sicure.
- Rivedere la retention: onboarding denso, feedback frequenti, progressioni in 6-12 mesi per junior ad alte performance.
Italia ed Europa: un cantiere aperto
Nel mercato europeo, il raffreddamento di alcune posizioni junior e la digitalizzazione spinta spiegano parte della corsa al cambiamento. Si afferma l’approccio skills-first: più attenzione a portfolio e micro-skill, meno ai soli titoli. Per i datori di lavoro, la priorità è accelerare la crescita interna prima che lo faccia il mercato.