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Istat: in calo la produzione industriale, spettro della recessione più vicino

- di: Barbara Bizzarri
 
Istat: in calo la produzione industriale, spettro della recessione più vicino
L’Istat stima che a novembre l'indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca dello 0,3% su mese; su base tendenziale l’indice grezzo cala del 3,7%, così come quello corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi di calendario sono stati 21 come nel novembre 2021). Le flessioni più ampie si registrano nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-17,1%), nell’industria del legno, della carta e della stampa (-10,8%) e nella fabbricazione di prodotti chimici (-8,6%), ovvero nelle industrie più energivore. Il calo (-0,3% rispetto a ottobre) anche se di entità minore rispetto alle variazioni congiunturali negative dei due mesi precedenti (-1,8% e -1,1% rispettivamente), è stato diffuso a tutti i settori con l’eccezione dei beni strumentali, settore che ha mostrato una marginale crescita (+0,1% la variazione rispetto a ottobre).

Istat: in calo la produzione industriale, spettro della recessione più vicino

La produzione dei beni di consumo invece, è diminuita (-0,4%) come risultato della contrazione dei beni di consumo non durevoli (-0,8%) e dell’aumento di quelli durevoli (+1,7%). Tra i settori di attività economica che, invece, registrano variazioni tendenziali positive, l’Istat segnala la fabbricazione di mezzi di trasporto, la fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (+7,3% per entrambi i settori), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+6,4%) e la fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (+2,4%). Tuttavia, si tratta di un percorso piuttosto diverso rispetto allo scatto di oltre 12 punti del 2021, per effetto di un trend che si è progressivamente orientato verso il basso con il passare dei mesi. A contribuire a raffreddare l’industria è anche il mercato interno: segnali di difficoltà nei consumi sono in effetti già rilevabili, con l’impennata dei costi di energia elettrica, gas e carburanti a sottrarre risorse nei budget familiari da destinare ad acquisti di altri beni. Nelle vendite al dettaglio di prodotti alimentari, ad esempio, non si ha memoria di una sequenza di undici mesi consecutivi di cali del dato in volume, mentre anche l’indice generale flette da cinque mesi.

Se i valori crescono per effetto della corsa dei prezzi (in realtà per gli elettrodomestici ad ottobre si riducono anche i valori), le quantità acquistate sono invece in decisa frenata, con un indice che si pone cinque punti al di sotto di quanto accadeva nel 2015. Se è vero che a dicembre, ultimo dato disponibile, l’indice di fiducia delle famiglie è in crescita, l’unico indicatore in calo, non a caso, riguarda proprio i giudizi sul bilancio familiare. Nel resto d’Europa la situazione è alquanto variegata, con dati negativi per il Regno Unito (-5,1% annuo), oltre le attese per la Francia (+2,4% mensile per la manifattura, +2,8 su base annua) mentre la Germania è quasi ferma: +0,2% nel mese, in calo di quatto decimali nel dato tendenziale. L’industria dell’auto, vero motore della manifattura di Berlino, pare aver superato la fase più acuta della crisi, chiudendo il 2022 con una produzione di veicoli a 3,43 milioni. La strada della ripresa però è ancora lunga, tenendo conto che si tratta di un progresso dell’11% rispetto all’anno precedente, con un gap di quasi 40 punti nel confronto con il 2019, prima del Covid.

“Si profila lo spettro della recessione. Prosegue inarrestabile il calo della produzione - afferma Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori, commentando i dati - Serve un cambio nella politica economica del Governo. L'esecutivo ha ragione nel sostenere che bisogna puntare sulla crescita, perché solo se si crea ricchezza si può poi ridistribuire, ma per far ripartire la crescita bisogna ridare capacità di spesa alle famiglie. Solo se decollano i consumi, infatti, le imprese possono tornare a produrre a pieno regime, altrimenti non avranno ordinativi. I consumi rappresentano il 60% del Pil. Il fatto che secondo i dati di oggi a crollare maggiormente rispetto a ottobre, dopo l'energia, siano i beni di consumo, deve essere un campanello d'allarme per il Governo. Se i consumatori non acquistano, le imprese non producono, è elementare”.
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