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Garante privacy nel mirino: audio, accuse e crisi istituzionale

- di: Vittorio Massi
 
Garante privacy nel mirino: audio, accuse e crisi istituzionale

Quando l’Autorità che tutela i dati sembra chiedere di violarli: la vicenda esplode fra accuse, smentite e richieste di scioglimento.

(Foto: Agostino Ghiglia, membro del collegio del Garante per la protezione dei dati personali, che è nella bufera).

Una bufera travolge il Garante per la protezione dei dati personali (GPDP), l’Autorità italiana incaricata di vigilare sulla privacy, dopo la diffusione di un audio attribuito all’ex segretario generale Angelo Fanizza, e le successive dimissioni dello stesso. Nel registrato, Fanizza sostiene di aver agito «non come battitore libero» ma su incarico del Collegio interno, mettendo in dubbio la versione ufficiale diffusa dall’Authority. Il componente del Collegio Agostino Ghiglia smentisce ogni iniziativa illecita e respinge le accuse. La sfera della credibilità dell’istituzione è a rischio, i dipendenti reclamano trasparenza, la politica invoca interventi immediati.

Come è scoppiata la crisi

La vicenda nasce nei primi giorni di novembre 2025, in seguito all’inchiesta del programma televisivo Report (Rai 3) sulle fughe di notizie interne al Garante e sui presunti conflitti di interesse del suo Collegio. Secondo quanto riportato, Fanizza – pochi giorni prima delle sue dimissioni formali del 20 novembre – avrebbe chiesto al dirigente informatico di acquisire la posta elettronica, gli accessi VPN, le cartelle condivise e gli spazi di rete dei dipendenti dell’Autorità, ipotizzando la presenza di una “talpa” interna.

Il 22 novembre un audio pubblicato da Report e ripreso da più testate mostra Fanizza affermare: “Io non mi muovo come battitore libero – il Collegio mi ha giustamente responsabilizzato di avviare delle responsabilità di discovery”. Nello stesso pezzo dell’audio, si sente che nel corso della riunione si sarebbe discusso “non si è deciso” se rivolgersi alla magistratura o incaricare una società privata esterna.

La versione del Collegio e la sua difesa

Il Collegio dell’Authority (composto da Stanzione, Cerrina Feroni, Ghiglia, Scorza) ha pubblicato un comunicato il 21 novembre precisando di non essere stato informato della richiesta di accesso alle e-mail dei dipendenti. Il testo precisa che la comunicazione del 4 novembre e la risposta del 5 novembre erano state trasmesse tramite protocolli riservati e non erano state rese note ai componenti del Collegio.

Ghiglia, intervistato dall’ANSA, ha dichiarato: “Il Collegio ha dato mandato a Fanizza di fare una ricerca interna … ma ovviamente attraverso attività lecite e legali, non c’è quindi nessuna contraddizione”. Quanto alle dimissioni di Fanizza, Ghiglia afferma che sono state causate da “una lettera con richieste di cui il Collegio era all’oscuro, e che erano illecite perché violavano proprio quella privacy che l’autorità protegge”.

Le reazioni dei dipendenti e della politica

I dipendenti dell’Autorità hanno reagito con una richiesta dell’assemblea: chiedono le dimissioni dell’intero Collegio. L’ipotesi è che Fanizza non abbia agito da solo, come lui stesso afferma, ma con l’avallo del vertice dell’Authority.

Dal versante politico, il partito Alleanza Verdi e Sinistra (AVS) chiede con forza un intervento legislativo: “Una Autorità indipendente vive di credibilità. Oggi quella credibilità è inevitabilmente compromessa. Per questo l’intero Collegio del Garante deve dimettersi”.

Le implicazioni sul piano istituzionale

Il caso pone un paradosso significativo: l’Autorità che ha il compito di tutelare la riservatezza dei dati personali sembra essere stata coinvolta in una procedura interna che rischia di violare proprio quei principi. Se confermate le ipotesi di Fanizza, l’istituzione verrebbe colpita nella sua ragion d’essere.

Inoltre, lo spettro del conflitto di interessi aleggia sul Collegio: l’inchiesta di Report accende i riflettori sui rapporti tra membri del Garante e partiti o studi legali, ponendo la domanda sull’effettiva indipendenza dell’Authority.

Cosa succede ora

In queste ore è atteso un emendamento parlamentare che potrebbe riguardare la struttura del Garante e la soglia di voti per la sua composizione, come risposta dell’assemblea nazionale. Il Collegio al momento fa sapere che non intende dimettersi: “Io non ho nessun motivo per dimettermi … Non possiamo dimetterci sotto la pressione di Report, perché una trasmissione ci ha preso di mira”, ha detto Ghiglia.

Rimane forte la richiesta interna di trasparenza, il rischio reputazionale è elevato e la questione non riguarda solo un episodio isolato ma la credibilità stessa dell’istituzione che dovrebbe garantire la protezione dei dati personali di tutti i cittadini.

In conclusione, l’episodio non è solo uno scandalo amministrativo: è un banco di prova per il sistema di tutela della privacy in Italia. Resta da vedere se il Garante riuscirà a ricostruire una credibilità compromessa e a chiarire fino in fondo le responsabilità.

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