Gabriella Alemanno: "Risultati migliori se almeno due donne siedono nei CDA"

- di: Redazione
 

Più donne siedono nei Consigli di amministrazione, migliori sono i risultati aziendali: lo afferma, citando evidenze empiriche, Gabriella Alemanno, commissaria Consob dal 2023. C’è anche una soglia minima: almeno due donne nei CdA. Inoltre, la presenza delle donne nei processi decisionali facilita il raggiungimento di obiettivi e politiche ESG. Alemanno è di recente intervenuta ad un convegno organizzato dalla stessa Consob, dedicato alla leadership femminile; l’appuntamento era significativamente intitolato “Soffitti di cristallo e muri di gomma”, proprio per sottolineare quanto ancora ci sia da lavorare, nel nostro Paese, per superare pregiudizi e ostacoli nei confronti di un’effettiva parità di genere.

Gabriella Alemanno: "Risultati migliori se almeno due donne siedono nei CDA"

Dottoressa Alemanno, qual è il prezzo che si paga per la mancata valorizzazione delle donne nel mondo del lavoro?

Come è ampiamente dimostrato da evidenze empiriche, la presenza di donne nelle realtà imprenditoriali si riflette positivamente sui risultati dell’azienda, in termini di maggiore prudenza, minor indebitamento, solidità e soprattutto attenzione ai criteri di sostenibilità.

In un Quaderno di Finanza, la Consob ha analizzato come l’ingresso delle donne nei Consigli di amministrazione incida positivamente sui risultati aziendali, riducendo l’età media, innalzando il livello medio di istruzione dei consiglieri, aumentando la diversità in termini di retroterra professionale, a condizione però che la quota di presenza femminile superi una soglia, oscillante tra il 17% e il 20% dei componenti dell’organo di amministrazione.

In buona sostanza, gli effetti positivi sulla governance aziendale si esprimono solo quando ci sono almeno due donne che siedono nei Consigli di amministrazione, creando la cosiddetta  massa critica.

Quali sono le caratteristiche della leadership al femminile che possono – e devono – essere ancora valorizzate al meglio?

È dimostrato da studi economici e sociologici che la leadership al femminile è caratterizzata da requisiti quali empatia, collaborazione, comunicazione inclusiva e capacità di prendere decisioni basate sull’ascolto e sulla consapevolezza delle diverse prospettive.

Tali modalità di approccio al comando generano normalmente circoli virtuosi all’interno delle organizzazioni in termini di equità di genere, diversità, inclusione e benessere organizzativo.

Potrebbe essere una modalità di leadership esercitata anche dagli uomini, ma, per orientamento e sensibilità, viene espressa più al femminile.

Purtroppo, è uno stile manageriale che, nel momento in cui si esprime, trova ancora barriere e ostacoli nella sua affermazione, non solo per i soffitti di cristallo, ma anche per i cosiddetti muri di gomma che si nascondono nei contesti lavorativi e sociali.

Questi “muri di gomma” dove si nascondono?

Si tratta di un’espressione che metaforicamente descrive quelle barriere informali che si consolidano nelle organizzazioni e che, di fatto, impediscono la comunicazione efficace, la collaborazione allo scambio di informazioni tra dipartimenti o divisioni, tra livelli gerarchici o team all’interno di una qualsiasi realtà lavorativa.

Proprio questi muri impongono forti spinte e resistenze alla crescita delle carriere femminili nelle varie strutture, ma non solo. Queste barriere possono essere causa di scarsa  trasparenza, competizione interna, mancanza di fiducia, rigide politiche o culture aziendali ostili alla condivisione delle informazioni.

La legge Golfo-Mosca è stata, ed è, uno strumento importante, ma sufficiente? Ha bisogno di un qualche aggiornamento?

Dal 2011 la legge Golfo-Mosca, come è noto, ha reso più equilibrata la rappresentanza dei generi all’interno degli organi collegiali delle società quotate. Al momento dell’entrata in vigore della legge la componente femminile nei Consigli di amministrazione delle società quotate era pari a un modesto 7%. Oggi, anche grazie al successivo intervento legislativo che nel 2019 ha allungato i tempi di applicazione della disciplina sulle quote di genere, elevando la percentuale dal 33% al 40% dei posti in Cda, la componente femminile ha raggiunto il 43% degli incarichi di amministrazione nelle  circa  210 società quotate alla Borsa di Milano. Tuttavia, solo il 2% circa delle donne assume il ruolo di amministratore delegato. (“Rapporto 2022 sulla corporate governance delle società quotate italiane”, Consob).

La stessa Lella Golfo ha definito la norma come un “antibiotico” utile, ma che deve essere “necessariamente temporaneo”. Infatti, per superare veramente le differenze di genere, occorre anzitutto una rivoluzione culturale: oltre alla famiglia, alla scuola e alle istituzioni, anche le aziende devono coltivare una cultura del merito basata sull’inclusività e sul rispetto della diversità di genere.

Tale aspetto è rilevante in quanto, quando si analizzano i dati delle società non quotate in Borsa, i risultati sono molto sconfortanti.

È vero che la presenza delle donne nei processi decisionali delle aziende si traduce in obiettivi e politiche sostenibili più ambiziosi?

Sì, numerose evidenze empiriche mostrano una correlazione tra la presenza delle donne nei processi decisionali delle aziende e il raggiungimento di obiettivi e politiche sostenibili. Questo è un dato da non trascurare in quanto la sostenibilità rappresenta per le aziende un importante fattore di crescita e innovazione. Vi è, infatti, una crescente consapevolezza da parte degli investitori che i fattori ESG sono correlati al valore aziendale nel lungo termine. Infatti, l’investitore istituzionale è più propenso ad allocare capitali in società che hanno avviato politiche di transizione verso un›economia sostenibile, spinti dall’obiettivo di proteggere i loro portafogli da rischi ambientali, sociali e di governance.

È ovvio che gli strumenti legislativi sono talvolta indispensabili, ma spesso non sufficienti. Nel caso, in particolare, del gender gap (in qualsiasi campo), è necessario un approccio culturale diverso?

Le donne, oltre ad essere poco presenti nelle posizioni di vertice, sono sovra-rappresentate in settori che pagano salari più bassi e vengono spesso assunte con contratti part-time.

Le differenze e i divari che caratterizzano la vita professionale di una donna si riflettono, ovviamente, anche sotto il profilo previdenziale: gap retributivi e carriere intermittenti, intervallate da esigenze legate alla maternità e cura della famiglia, determinano assegni pensionistici sensibilmente più bassi: una recente indagine dell’Inps ha mostrato che le donne ricevono 40 miliardi in meno di pensioni rispetto agli uomini.

Questo scenario evidenzia la necessità di rafforzare e rendere strutturali misure di politica sociale idonee a far conciliare i carichi familiari con la vita lavorativa delle donne.

Possiamo dire che la Consob, da questo punto di vista, pare essere un’”isola felice”?

Sì, la Consob è un’istituzione all’avanguardia sotto questo punto di vista. Le donne ricoprono circa il 40% delle posizioni organizzative complessive (21 su 52) e, in particolare, il 58% degli incarichi apicali è ricoperto da dirigenti donne (11 su 19 complessivi).

E questo è un dato che rappresento con grande soddisfazione!

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