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Gaza, la Flotilla a 135 miglia. Il mare come campo di battaglia geopolitico

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Gaza, la Flotilla a 135 miglia. Il mare come campo di battaglia geopolitico

Alle 2 di questa mattina, la fregata italiana Alpino, che fino a quel momento aveva garantito la scorta e il monitoraggio della Global Sumud Flotilla, ha lasciato il convoglio per rispettare il limite delle 150 miglia nautiche imposto da Roma. Da quel momento la Flotilla ha proseguito da sola verso nord-est, entrando nello spazio considerato “ad alto rischio” dalla Marina israeliana.

Gaza, la Flotilla a 135 miglia. Il mare come campo di battaglia geopolitico

Ora le imbarcazioni umanitarie si trovano a 135 miglia da Gaza, in un tratto di mare che da settimane è sorvegliato da droni e pattugliatori. A bordo, la tensione è palpabile. Il deputato del Partito democratico Arturo Scotto, che partecipa alla missione, ha riferito che l’equipaggio è “in allerta permanente”, consapevole che in qualsiasi momento la Marina israeliana potrebbe avvicinarsi per un abbordaggio. Nella notte sono stati avvistati droni in ricognizione e alcune imbarcazioni non identificate, con luci spente, che si sono accostate e poi allontanate senza comunicazioni.

Flotilla, simbolo e frattura geopolitica

La Global Sumud Flotilla non è soltanto un convoglio umanitario. È un gesto politico che contesta il blocco navale imposto da Israele dal 2007 e cerca di richiamare l’attenzione internazionale sulle condizioni di Gaza. Ogni miglio percorso oltre la linea rossa delle 150 miglia rappresenta un atto di sfida al controllo israeliano del mare e al suo apparato di sicurezza.

Per Tel Aviv, invece, la Flotilla rappresenta un rischio: un precedente pericoloso che potrebbe essere sfruttato per inviare rifornimenti o armi a Hamas. L’ombra del caso della Mavi Marmara del 2010 pesa ancora sulla memoria israeliana come monito a non permettere che il mare diventi un corridoio per forzare l’assedio.

Israele chiude l’accesso a Gaza City
Mentre la Flotilla avanza verso la costa, sulla terraferma l’IDF ha annunciato la chiusura della strada costiera Rashid in direzione nord verso Gaza City, consentendo solo gli spostamenti verso sud. Una mossa che, secondo il portavoce militare, serve a mettere in sicurezza i civili in vista di una probabile intensificazione delle operazioni nelle aree settentrionali dell’enclave.

Secondo le stime israeliane, oltre 800.000 persone hanno già lasciato Gaza City, rispondendo ai numerosi avvisi di evacuazione diffusi negli ultimi mesi. Tel Aviv considera questi giorni cruciali: un’ultima pressione militare su Hamas prima di valutare l’accettazione del piano di tregua e transizione proposto da Donald Trump.

Un conflitto che intreccia mare e terra
La coincidenza temporale tra la marcia lenta della Flotilla e la stretta militare su Gaza City mette in evidenza come la crisi si sviluppi contemporaneamente su più fronti. Il Mediterraneo orientale diventa un prolungamento della guerra di terra, con il mare trasformato in spazio di interdizione, propaganda e scontro diplomatico.

Israele non intende dare alcun segnale di allentamento del blocco finché non ci sarà un accordo politico chiaro, mentre gli attivisti e i parlamentari a bordo della Flotilla cercano di richiamare l’attenzione internazionale sulle condizioni umanitarie, facendo del mare il teatro di una sfida simbolica.

Il ruolo dell’Europa e dell’Italia
Il ritiro dell’Alpino evidenzia il delicato equilibrio che Roma e l’Europa devono mantenere: proteggere i propri cittadini impegnati in missioni civili e allo stesso tempo non oltrepassare la linea che potrebbe essere interpretata come un atto ostile da Israele. L’Europa si trova così di fronte a un dilemma: garantire il sostegno al diritto umanitario senza compromettere la fragile mediazione politica e militare in corso.

Geopolitica di un mare conteso
La vicenda della Flotilla dimostra come il Mediterraneo orientale stia diventando un mare conteso, dove le potenze regionali e globali usano il controllo delle rotte come leva politica. Droni, fregate e interpretazioni del diritto del mare sostituiscono le tradizionali frontiere fisiche, trasformando le acque internazionali in zone di influenza.

Conclusione: il mare come misura della crisi

Che la Flotilla riesca o meno a raggiungere Gaza, il suo viaggio mostra come il conflitto israelo-palestinese sia tornato a essere questione regionale e mediterranea, con implicazioni che superano il solo fronte di Gaza.

Il ritiro dell’Alpino alle 2 di stanotte ha segnato simbolicamente il passaggio di consegne: da missione sorvegliata a sfida solitaria. Ora ogni miglio che separa la Flotilla dalla costa di Gaza non è solo distanza fisica, ma rappresenta il divario tra le ambizioni di chi invoca un corridoio umanitario e la volontà di Israele di mantenere un assedio che considera vitale per la propria sicurezza.

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