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Il tesoro tedesco: un credito da 130 miliardi con la BCE

- di: Bruno Legni
 
Il tesoro tedesco: un credito da 130 miliardi con la BCE
La Germania vanta un credito da 130 miliardi con la BCE
Come Berlino può contare su una riserva strategica che nessuno sembra davvero aspettarsi.
 
(Foto: la sede della Bce).

È un dato che sorprende e che, al tempo stesso, richiama l’attenzione su equilibri poco esplorati all’interno dell’area dell’euro. Banca Centrale Europea (BCE) ha ormai ridotto drasticamente i suoi acquisti di titoli di Stato – i programmi noti come Quantitative Easing (QE) e Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) – eppure la Bundesbank gode di un «credito» verso la BCE che si aggira attorno ai 130 miliardi di euro nei confronti dell’economia tedesca.

Il meccanismo è meno arcano di quanto sembri: Berlino ha ricevuto meno acquisti di titoli sovrani di quanto “spetterebbe” calcolando le quote teoriche nella ripartizione degli acquisti stessi. In altre parole, la parte della Germania nell’Eurozona risulta sotto-rappresentata nei portafogli della BCE e questo porta a dirsi: la Germania ha diritto a una sorta di riserva da spendere.

Le origini del credito tedesco

I programmi QE (inizio circa 2015) e PEPP (avviato a marzo 2020) sono stati strumenti chiave per sostenere l’eurozona: acquisti massicci di titoli pubblici (e privati) per immettere liquidità, abbassare i rendimenti e spingere crescita e inflazione verso l’obiettivo del 2%.

Quando gli acquisti netti sono cessati, la BCE ha anche annunciato che non reinvestirà più tutti i proventi dei titoli in scadenza. Questo significa che il portafoglio dell’Eurosistema sta lentamente diminuendo. Alcune fonti riportano che all’inizio dell’anno il totale degli acquisti era nell’ordine di circa 2.310 miliardi di euro, sceso a 2.083 miliardi a ottobre. (Fonte: elaborazione giornalistica)

Nel caso tedesco, i Bund detenuti dalla BCE pesavano solo per il 23,2 % nel QE e 22,6 % nel PEPP, mentre alla Germania spetterebbe una quota teorica del 26,6 %. Tradotto: Berlino è sotto-acquistata per circa 71 miliardi nel QE e 58,6 miliardi nel PEPP, arrivando così a quasi 130 miliardi di credito potenziale.

Italia, Francia e Spagna: situazioni a confronto

L’Italia, al contrario della Germania, appare in lieve debito verso la BCE: per il QE detiene titoli per 322,5 miliardi, per il PEPP 253,4 miliardi; rispettivamente il 15,5 % e il 17,3 % dei programmi. Con una quota teorica al 16 % (e nessun vincolo formale per il PEPP) la stima è che l’Italia possa reclamare ancora acquisti netti per 10,4 miliardi nel QE e vantare 19 miliardi nel PEPP, ma il saldo complessivo risulterebbe in debito di circa 8,6 miliardi.

La Francia, invece, con una quota effettiva del 19,9 % nel QE (rispetto a 20 % teorico) e 18,3 % nel PEPP (contro 20 % teorico), risulta a credito per circa 2 + 25 = 27 miliardi. Anche la Spagna si attesta su un attivo di circa 5 miliardi, grazie a una partecipazione dell’11,7 % e 11,6 % (contro quota teorica 11,8 %).

Questi numeri rivelano che il vero “detentore” della leva finanziaria è la Germania: non è solo un Paese forte, ma dispone di un margine invisibile che potrebbe avere impatti reali nei negoziati europei.

Perché il credito tedesco conta (e perché nessuno lo chiama così)

La Bundesbank – oltre ad essere la principale banca centrale nazionale dell’Eurozona – è creditrice nei confronti della BCE nella misura in cui ha ricevuto “meno” acquisti di titoli rispetto alla sua quota teorica.

Questa posizione può essere considerata un bene strategico: in uno scenario in cui i rendimenti dei Bund dovessero peggiorare – ad esempio a seguito di aumento del debito tedesco, riarmo o investimenti pubblici massicci – la BCE avrebbe margini per intervenire (meno acquisti = più flessibilità) e Berlino avrebbe un argomento negoziale concreto nei tavoli europei.

Non si parla solo di numeri: si parla di potere. E anche se oggi lo spread appare basso e la frammentazione dei rendimenti sovrani in Europa è ai minimi (Paesi come Spagna, Italia, Francia offrono solo pochi decimi di punto in più rispetto alla Germania), questi giochi contano. Il credito tedesco appare come un tesoretto silenzioso che può essere mobilitato.

In sintesi: lo spread ufficiale non è l’unica misura della forza. C’è un “spread nascosto”, che parla della capacità di intervento e di peso politico.

Le implicazioni per l’Italia e per l’Eurozona

Dal punto di vista italiano ed europeo, questi numeri generano riflessioni importanti. Per l’Italia non basta vantare un deficit di “solo” 8,6 miliardi (nel bilancio BCE) per considerarsi alla pari: la Germania resta davanti, con ampio margine.

Ne deriva che nei futuri negoziati sulla politica monetaria, sul TPI (strumento anti-spread della BCE) o su altre misure di intervento della Banca centrale, la Germania avrà un peso negoziale rafforzato rispetto a molti partner.

Al tempo stesso, questo scenario richiama un tema più ampio: la vera autonomia della politica monetaria europea. Se la Germania può vantare un credito interno a livello europeo, quanto sono simmetrici i vincoli tra i Paesi? È un’agenda che riguarda l’architettura dell’eurozona, non solo la mera teoria dei bilanci.

Conclusione: questa volta il debito non è ciò che sembra

Alla fine, quello che emerge è un dato apparentemente tecnico che nasconde un significato politico ed economico. La Germania non è solo il riferimento nei rendimenti dei titoli di Stato: è anche la banca silenziosa a cui l’Eurozona deve qualcosa. Quel “qualcosa” ammonta a circa 130 miliardi di euro.

Se vogliamo guardare al futuro dell’eurozona, è bene non ignorare questo margine: può diventare un asso nella manica di Berlino, una leva nei tavoli europei, un segnale delle diseguaglianze strutturali che restano nascosti dietro la cortina dei numeri ufficiali.

In un momento in cui le politiche monetarie stanno cambiando, e la BCE dichiara che gli acquisti massicci di obbligazioni saranno “solo per casi assolutamente eccezionali” (come ha affermato il presidente della Bundesbank Joachim Nagel nel giugno 2025), quel credito silenzioso della Germania assume un valore ancora maggiore.

Insomma: non è solo il debito che pesa, ma anche la capacità di vantare un credito che molti ignorano. E questa volta, la Germania potrebbe essere in una posizione più forte di quanto sembri.

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