La stima dell’associazione: impatto in quattro anni, margini in calo e incentivo a parcheggiare liquidità nei titoli pubblici. Tra richieste di correzione, affitti brevi nel mirino e la promessa di un confronto serrato in Parlamento.
(Foto: Antonio Patuelli, presidente Abi).
La fotografia è nitida e inquieta: con la nuova manovra il sistema bancario italiano è chiamato a versare 9,6 miliardi in un orizzonte pluriennale, mentre il quadro dei tassi in discesa erode il sostegno che aveva gonfiato i margini nel 2023-2024. L’Abi mette in fila gli effetti attesi: più imposte, deduzioni rinviate, sblocco delle riserve con prelievo straordinario e un costo-opportunità stimato in 800 milioni di minori proventi da liquidità allocabile in titoli di Stato fino al 2030. Tradotto: redditività sotto pressione e attenzione a non restringere l’offerta di credito all’economia reale. E il colpo, avverte Abi, arriva anche sui piccoli istituti.
Numeri e meccanica del prelievo
Il cuore del pacchetto è l’aumento dell’Irap per gli intermediari finanziari, che sale al 6,65% per un triennio. A questo si sommano interventi su deducibilità e riserve che spostano avanti nel tempo alcuni benefici fiscali e accelerano il gettito. Per le banche significa patrimonio più “sollecitato” e una gestione del capitale meno elastica proprio mentre i margini d’interesse iniziano a scendere con il raffreddamento dei tassi.
Stabilità, concorrenza e credito
Il nodo non è la stabilità del sistema – che resta solida – ma l’equilibrio competitivo: i gruppi più grandi hanno più leve per assorbire il colpo, mentre le banche minori vedono salire il costo relativo del funding e la sensibilità alle valutazioni di rischio. L’esito possibile è una maggior selettività nell’erogazione di prestiti, con effetti differenziati su territori e Pmi. Per evitare spirali pro-cicliche, le banche chiedono che l’eventuale contributo extra si muova lungo binari temporanei e prevedibili.
Che cosa chiede l’industria
Dal fronte delle imprese, la linea è pragmatica: orizzonte triennale chiaro e incentivi agli investimenti che non si esauriscano nel primo anno. Nella sostanza: capex e innovazione hanno bisogno di regole stabili che riducano la volatilità del costo del capitale. Il messaggio al Parlamento è semplice: correggere dove serve, ma senza trasformare la leva fiscale in un ostacolo alla crescita.
Affitti brevi, la contro-narrazione dei mediatori
Nel frattempo monta il fronte degli affitti brevi: l’aumento della cedolare secca dal 21% al 26% viene bollato come inefficace e potenzialmente controproducente dai mediatori immobiliari. L’argomento è netto: gli short-term sono una frazione minima dello stock abitativo, mentre il problema vero è l’offerta bloccata da case vuote, timori di morosità e burocrazia. Se l’obiettivo è spingere gli immobili verso i contratti lunghi, servono sgravi mirati, tutele rapide e modelli di garanzia pubblico-privati.
Chi paga davvero il conto
L’impostazione della manovra racconta una scelta chiara: anticipare gettito dal settore più profittevole degli ultimi anni, confidando che solidità patrimoniale e qualità degli attivi reggano l’urto. Il rischio collaterale è un effetto di rimbalzo su credito, commissioni e concorrenza nei servizi. Per evitare che il prelievo si trasformi in costo per famiglie e imprese, la partita si gioca su tempi, scope e clausole di salvaguardia.
Le prossime mosse
Nei corridoi del Senato corre una parola d’ordine: confronto. Il governo cercherà una quadra tra maggior gettito, neutralità competitiva e tutela degli investimenti. Le banche ribadiscono la disponibilità al dialogo; l’industria chiede una rotta triennale chiara; il fronte casa invoca misure strutturali sull’offerta. La finestra per i ritocchi c’è, ma è stretta: l’obiettivo è chiudere senza scosse, garantendo al tempo stesso una transizione ordinata verso un ciclo di tassi più bassi.
Voci dal campo
“Servono scelte che sostengano l’economia reale, senza penalizzare gli investimenti e senza generare effetti distorsivi”, afferma l’Associazione bancaria in audizione, ricordando la piena disponibilità a un esame tecnico puntuale dei provvedimenti.
“Non è un muro contro il governo, ma chiediamo un piano di politiche industriali su tre anni, con certezze per chi investe”, è il richiamo del fronte delle imprese, che sollecita stabilità su incentivi e ammortamenti.
“Alzare la cedolare sugli affitti brevi non risolve la carenza di abitazioni in locazione: servono strumenti che riportino le case sul mercato”, ribadiscono i rappresentanti dei mediatori, indicando in garanzie e flessibilità contrattuale la vera leva per sbloccare l’offerta.
La qualità del disegno