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Peter Dutton e la strategia anti-woke: l’Australia è pronta per un Trump locale?

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Peter Dutton e la strategia anti-woke: l’Australia è pronta per un Trump locale?

Con l’avvicinarsi delle elezioni in Australia, il leader dell’opposizione Peter Dutton ha intensificato la sua retorica contro il cosiddetto “wokeismo”, un termine nato negli Stati Uniti per indicare un’attenzione alle questioni sociali come l’uguaglianza di genere, i diritti delle minoranze e la giustizia sociale. Se in origine “woke” significava essere consapevoli delle ingiustizie, nel tempo la destra conservatrice lo ha trasformato in un’etichetta dispregiativa per criticare movimenti progressisti ritenuti eccessivi o ideologici.

Peter Dutton e la strategia anti-woke: l’Australia è pronta per un Trump locale?

Dutton sta cercando di cavalcare questa ondata, evocando un linguaggio che ricorda quello di Donald Trump e puntando su temi come l’identità di genere, l’immigrazione e la cosiddetta “cultura della cancellazione”. La sua strategia è chiara: presentarsi come l’unico leader capace di difendere i “veri valori” australiani, opponendosi alle politiche progressiste del governo laburista guidato da Anthony Albanese. Ma funzionerà?

Un’elezione in stile americano?
Negli ultimi anni, il panorama politico australiano ha subito cambiamenti significativi, con un elettorato sempre più frammentato e con un crescente scetticismo nei confronti dei partiti tradizionali. Questo ha portato a una maggiore attenzione verso strategie elettorali più polarizzanti, simili a quelle adottate negli Stati Uniti.

Dutton sembra voler sperimentare questa strada, adottando una retorica fortemente divisiva e cercando di mobilitare la sua base con messaggi che richiamano il trumpismo. Critiche ai media, attacchi alla sinistra “radicale” e l’uso di slogan semplici e diretti sono elementi centrali della sua comunicazione politica.

Tuttavia, sebbene ci siano somiglianze tra il discorso politico di Dutton e quello di Trump, ci sono anche differenze fondamentali. L’elettorato australiano, storicamente più pragmatico, ha mostrato una minore tolleranza per posizioni estremamente polarizzate. Mentre negli Stati Uniti le divisioni culturali ed economiche hanno alimentato la crescita del trumpismo, in Australia il pubblico tende a valutare i leader anche sulla base delle loro competenze di governo e delle proposte concrete.

Dutton e i rischi della radicalizzazione
Un punto cruciale della strategia di Dutton è il modo in cui affronta il dibattito sull’immigrazione. In passato, il leader conservatore si è distinto per una linea dura, in particolare quando era ministro dell’Interno, sostenendo politiche restrittive e criticando gli arrivi via mare. Ora, sta cercando di rilanciare il tema, collegandolo alla sicurezza e alla difesa dell’identità australiana, un approccio che riecheggia la retorica trumpiana sul “Make America Great Again”.

Ma questa posizione potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. Se da un lato può consolidare il sostegno di una parte della destra, dall’altro rischia di alienare gli elettori moderati e quelli delle aree urbane, sempre più sensibili a temi come la diversità e l’inclusione.

Dutton sta anche attaccando duramente le politiche ambientali del governo, opponendosi agli obiettivi climatici di Albanese e accusando il Partito Laburista di voler sacrificare posti di lavoro in nome dell’ecologismo. Anche su questo fronte, la sua retorica ricalca quella di molti leader conservatori a livello globale, ma l’Australia ha vissuto direttamente gli effetti del cambiamento climatico con incendi devastanti e ondate di caldo record. Questo rende difficile per un politico negare l’urgenza dell’azione climatica senza perdere consenso.

Un elettorato diverso da quello americano
Uno dei motivi per cui la strategia di Dutton potrebbe non funzionare in Australia è la diversa composizione dell’elettorato. Mentre negli Stati Uniti il trumpismo ha trovato terreno fertile in ampie fasce della classe media bianca, in Australia la popolazione è più urbanizzata e il multiculturalismo è un elemento centrale dell’identità nazionale.

Inoltre, il sistema elettorale australiano, basato sul voto di preferenza, rende più difficile la vittoria per un candidato che punta solo sulla mobilitazione della base, senza cercare di conquistare il centro politico. Negli USA, Trump è riuscito a vincere grazie al sistema del Collegio Elettorale, ma in Australia il leader dell’opposizione deve conquistare una larga fetta dell’elettorato moderato per avere speranze di successo.

La sfida a Albanese: chi vincerà?
Il primo ministro Anthony Albanese gode ancora di un discreto sostegno, nonostante alcune difficoltà nella gestione economica e nell’attuazione delle sue politiche progressiste. La sua leadership si basa su un approccio più conciliatore, che mira a unire il paese piuttosto che dividerlo.

Dutton, invece, sta cercando di presentarsi come l’alternativa netta, il difensore dei valori conservatori in un’epoca di cambiamenti sociali rapidi. La grande domanda è se questa strategia pagherà o se l’Australia dimostrerà, ancora una volta, di non essere terreno fertile per il populismo estremo.

Le prossime settimane saranno decisive per capire se la strategia di Dutton avrà successo o se, al contrario, il tentativo di importare il modello trumpiano in Australia si rivelerà un boomerang.

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