Dagli Etruschi alla fotografia di Dorothea Lange, quattro mostre per il weekend

- di: Samantha De Martin
 

FOTO: Dorothea Lange, Casa di un lavoratore migrante messicano, Imperial Valley, California, 1937 | Courtesy CAMERA

C’è la civiltà etrusca che si svela attraverso gli aspetti della vita quotidiana, dai rituali funerari all’osservazione del cielo con i suoi fenomeni atmosferici. E c’è il paesaggio di Tiziano che si mostra al pubblico in tutto il suo fascino, a confronto con l’artista fiammingo del Seicento, Valentin Lefèvre. Da Pieve di Cadore a Reggio Calabria ecco gli appuntamenti da non perdere a tu per tu con la bellezza.

A Torino gli scatti di Dorothea Lange

“Osservatrice sociale per scelta e artista per istinto”, come scrisse di lei John Szarkowski, Dorothea Lange è al centro della mostra Dorothea Lange. Racconti di vita e lavoro, un viaggio attraverso oltre 200 immagini a cura del direttore artistico di CAMERA Walter Guadagnini e dalla curatrice Monica Poggi.

Il percorso, visitabile fino all’8 ottobre a Torino, si concentra sugli anni Trenta e Quaranta, periodo nel quale la fotografa documenta gli eventi che hanno cambiato l’assetto economico e sociale degli Stati Uniti. Quando, tra il 1931 e il 1939, il Sud degli Stati Uniti viene colpito da una grave siccità e da continue tempeste di sabbia che piegano l’agricoltura dell’area, costringendo migliaia di persone a migrare, Dorothea Lange, assieme ai fotografi chiamati dalla Farm Security Administration, documenta l’esodo dei lavoratori agricoli in cerca di un’occupazione nelle grandi piantagioni della Central Valley. È in questo contesto che realizza il ritratto, divenuto celebre, della Migrant Mother, una giovane madre stremata dalla povertà, che vive insieme ai sette figli in un accampamento di tende e auto dismesse.

A Pieve di Cadore Tiziano, Valentin Lefèvre e il paesaggio

Tra gli appuntamenti più attesi dell'Estate Tizianesca - ospitata nella casa natale di Tiziano fino al 10 settembre - la mostra Tiziano, Valentin Lefèvre e il paesaggio pone sotto la lente la grafica e la raffigurazione del paesaggio, due aspetti spesso trascurati dell’arte del maestro cadorino. Il percorso affianca al maestro il talentuoso artista fiammingo del Seicento, Valentin Lefèvre, pittore e incisore fiammingo nato a Bruxelles e attivo a Venezia dalla metà del Seicento fino alla sua scomparsa, nel 1677.

Se i dipinti di Lefèvre mostrano una chiara affinità con Paolo Veronese è nelle incisioni - come appare nelle venti stampe esposte - che emerge un profondo rapporto con le opere di Tiziano. Nelle 51 stampe di riproduzione di Lefèvre sono evidenti alcune delle opere di Vecellio attraverso le quali l’artista manifesta la predilezione per lo scenario naturale.

A testimoniare come lo stesso Tiziano avesse assunto un ruolo di primo piano nella raffigurazione del paesaggio, tema da sempre caro ai fiamminghi, è l’esistenza di una bottega grafica del Vecellio considerata recentemente dalla critica come in gran parte autonoma da quella pittorica, ma non meno articolata. Lo stesso pittore avrebbe infatti assunto un ruolo di primo piano nella raffigurazione di questo tema da sempre caro ai fiamminghi.

A Sansepolcro l’arte di Simon Berger

Fino al 30 settembre Cris Contini Contemporary e Lo Studiolo d’Arte, al Museo Civico di Sansepolcro presentano Le porte della percezione, la mostra personale dello scultore svizzero Simon Berger, a cura di Sandrine Welte e di Pasquale Lettieri.

L’artista svizzero abbraccia l'eredità della città come punto di partenza per un commento a partire dal saggio di Aldous Huxley del 1925 nel quale l’autore descrive la Resurrezione di Piero della Francesca come "il più grande quadro del mondo", salvandolo dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Con Le porte della percezione Berger indaga i meccanismi della mente che osserva l'universo solitario in cui si fondono l'infinita vaghezza dell'immaginazione e del concepimento.

Un’installazione immersiva di tele di vetro a forma di scatola replica le strutture labirintiche dell'intelletto umano, giocando con l'illusione della vista e la seduzione dei sensi.

Per Simon Berger l’atto stesso della distruzione assurge a possibilità, mentre il nuovo paradigma di anti-creazione risuona attraverso le fessure e le pieghe che incide con il martello, strumento che diventa pertanto un amplificatore di effetti. I suoi ritratti lacerati trasportano lo sguardo nel groviglio di ferite trasparenti che lui chiama “morfogenesi” permettendo alla bellezza di emergere attraverso la distruzione.

Gli Etruschi arrivano in Magna Grecia

Un centinaio di opere, arrivate a Reggio Calabria dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze, arricchiscono la mostra Le nuvole e il fumine. Gli Etruschi interpreti del volere divino, nata dalla collaborazione con la Direzione Regionale Musei della Toscana e il Museo Archeologico Nazionale di Firenze.

La cultura etrusca sbarca in Magna Grecia portando nel museo dei Bronzi di Riace statue, oggetti in oro, argento e bronzo, ceramiche figurate e le caratteristiche urne cinerarie decorate con i più distintivi motivi etruschi, databili dal IX al II secolo a.C.

Da non perdere i due canopi, complesse urne cinerarie a testa umana che avevano l’obiettivo di mantenere vivo il ricordo dell'immagine del defunto.

La mostra, curata dal direttore del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, Carmelo Malacrino, dal direttore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Mario Iozzo e dalla curatrice della sezione etrusca dello stesso Museo, Barbara Arbeid, vuole condividere con i visitatori il fascino della civiltà etrusca, focalizzandosi sugli aspetti della vita quotidiana, dei culti e dei rituali funerari religiosi come la divinazione, l'osservazione del cielo e dei suoi fenomeni atmosferici.

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