Crisi climatica, allarme di Greenpeace: calano l’attenzione dei media e l’impegno contro le aziende inquinanti

- di: Barbara Leone
 
L’attenzione dei principali quotidiani e telegiornali italiani alla crisi climatica continua a diminuire, mentre cresce la dipendenza economica della stampa dalle pubblicità delle aziende più inquinanti. Questo è il quadro delineato dal rapporto commissionato da Greenpeace Italia all’Osservatorio di Pavia, pubblicato ieri. Lo studio ha analizzato come la crisi climatica è stata trattata dai cinque quotidiani più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa) e dai telegiornali serali di Rai, Mediaset e La7 nel periodo maggio-agosto 2024.

Crisi climatica, allarme di Greenpeace: calano l’attenzione dei media e l’impegno contro le aziende inquinanti

I risultati del rapporto evidenziano una scarsa presenza della crisi climatica nei telegiornali, dove si è parlato di clima e transizione energetica in media una volta ogni due giorni. Tuttavia, le notizie interamente dedicate alla crisi climatica sono state appena una ogni dieci giorni. Ancora più raro è stato il riferimento ai combustibili fossili come causa del riscaldamento globale: in quattro mesi, i TG hanno affrontato questo tema solo quattro volte. Tra i telegiornali esaminati, il TG5 si distingue come quello che ha dato più spazio al riscaldamento globale, mentre il TG La7, diretto da Enrico Mentana, ha toccato l’argomento appena una volta al mese. La situazione non migliora nei quotidiani. I principali giornali italiani hanno pubblicato in media 4,5 articoli al giorno che menzionano la crisi climatica o la transizione energetica, ma quelli interamente dedicati al tema sono stati uno ogni due giorni.

Un dato significativo è l’aumento delle pubblicità di aziende inquinanti, come compagnie del gas, petrolio, automotive, aeree e crocieristiche, nei quotidiani analizzati. Con l’unica eccezione di Avvenire, tutti i giornali hanno pubblicato in media oltre cinque inserzioni pubblicitarie settimanali di queste aziende, superando il numero degli articoli sulla crisi climatica. La Repubblica è il caso più emblematico, con una media di oltre una pubblicità al giorno. Il rapporto rivela anche che circa il 40% dei soggetti che trovano spazio nel racconto giornalistico della crisi climatica provengono dal mondo economico e finanziario, con oltre un terzo rappresentato da aziende inquinanti. Politici, scienziati ed esperti occupano invece una posizione marginale. Greenpeace ha aggiornato la classifica dei quotidiani in base alla qualità dell’informazione sulla crisi climatica, considerando cinque parametri: frequenza degli articoli, citazioni delle cause, spazio alle aziende inquinanti, incidenza delle loro pubblicità e trasparenza sui finanziamenti ricevuti. Solo Avvenire si avvicina alla sufficienza con un punteggio di 5,4 su 10. Seguono la Repubblica (3,0), Corriere della Sera (2,8), La Stampa (2,8) e Il Sole 24 Ore (2,6).

«Tra maggio e agosto i media italiani si sono interessati della crisi climatica solo in occasione delle elezioni europee o durante le ondate di calore e la siccità, quando gli eventi estremi hanno ricordato che il nostro Paese non è immune», dichiara Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia sottolineando un problema di fondo: «Sui giornali ci sono più pubblicità di aziende inquinanti che articoli sul riscaldamento globale. Per non dispiacere agli sponsor, si evita di parlare di cause e responsabili, a partire dalle aziende fossili come ENI, campione di pubblicità e greenwashing», dice. «È necessario che l’informazione italiana smetta di essere subordinata agli interessi degli inquinatori e inizi a trattare la crisi climatica come un’urgenza globale», conclude Sturloni.

Lo studio esamina anche il peso della crisi climatica nel discorso politico, analizzando le dichiarazioni di vari leader italiani su Facebook, nei quotidiani e nei TG. Nonostante le elezioni europee, la crisi climatica è rimasta marginale nel dibattito politico. Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, è risultato il politico che ha parlato di clima più frequentemente, seguito da Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra. Matteo Salvini, ministro dei Trasporti, si conferma invece il principale oppositore delle azioni per il clima. Tra gli altri politici esaminati figurano Giuseppe Conte, Giorgia Meloni, Elly Schlein, Matteo Renzi e Antonio Tajani. Tuttavia, la maggior parte di loro ha dedicato scarsa attenzione al tema, confermando un disinteresse generale. Uno scenario allarmante, quello evidenziato da Greenpeace, caratterizzato da un generale disinteresse dei media e della politica per un problema che, oggi ma ancor più domani, rappresenta la più grave minaccia per l’umanità.
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